APPUNTI VARI SULLE SOPRAVVIVENZE GERMANICHE IN ALTO RENO E NEL PISTOIESE

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Longobardismi e Germanismi in Alto Reno e nel Pistoiese: CLICCA QUI



MATERIALI PER UNA RICERCA INFINITA...


La nostra ricerca sui longobardismi e i germanismi nel pistoiese e nell'Alto Reno si è conclusa il 31 dicembre 2004 eppure tutt'oggi continuano a venire fuori indicazioni, note , chiarimenti. Si tratta di un patrimonio di informazioni davvero consistente e che meriterebbe un aggiornamento coastante e protratto per lungo tempo. Abbiamo così pensato di aggiungere questa pagina di integrazioni al materiale già pubblicato in rete con citazioni le più possibili varie sull'argomento.


Naturalmente, trattandosi di integrazioni, il materiale sarà un po' alla rinfusa e lasceremo ad altri il compito di ordinarlo per una eventuale pubblicazione di questo piccolo "Monumento Germanico". S'inzia da una lunga citazione tratta dal primo volume della Storia di Castel di Casio pubblicato nel 1990 dal Centro Studi Culturali Castel di Casio:

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"A un'altitudine molto diversa, a pochi passi dalla sommità della dorsale Reno "Limentra, l'artistico complesso edilizio di Malpasso domina la sottostante Pieve di Casio, e più da lontano, Castello. Il nome che porta, a prima vista, sembrerebbe alludere a circostanze ambientali sfavorevoli all'uomo. Questo genere di interpretazioni è da prendere piuttosto con cautela...

Lo storico toscano Luigi Chiappelli, al termine di un breve saggio, si occupa di un argomento il cui interesse attraversa il confine appenninico: "A sud del ponte di Bonelle, e per ciò nel bel mezzo della pianura pistoiese, una località è chiamata anche oggi Malpasso... La storia della regione compresa tra il ponte di Bonelle ed i monti Albani a sud di Pistoia mi ha fatto pensare, che il nome di Malpasso non sia altro che la deformazione del nome longobardo 'marphais', ricordato negli antichissimi documenti longobardici, anche come 'marpassus' e 'marepasso'. Come è noto il 'marphais' o 'marepasso' era un grande scudiero dei re longobardi, e ad esso spettava anche la sorveglianza delle razze dei cavalli destinati all'esercito longobardo... Si comprende facilmente, che col decorso di secoli si perdette il ricordo del marepasso ed il significato del nome del luogo, onde collo scambio così comune della r nella l, la voce marepasso assunse col tempo la forma schiettamente volgare di malpasso".

In assoluto, una tesi varrebbe l'altra: come sempre, occorre esaminare in profondità la situazione specifica. La posizione in cui Malpasso si trova ... rientra senza sforzo alcuno nella categoria dei possessi regi.

Allargando lo sguardo alle realtà circostanti Malpasso, è possibile constatare che numerosi indizi convergono ad alevare il credito dell'ipotesi longobarda: nello spazio di pochi chilometri si incontrano infatti diversi luoghi di apparente (e talora evidente) derivazione germanica.

... Mi sembra che la località ora nota come La mappiana rappresenti una evoluzione del vocabolo latino e longobardo 'lama' (lama piana), utilizzato spesso dagli invasori nordici per designare superfici dalla analoghe caratteristiche...

Per quanto riguarda Gaggiola, più a valle, si possono ripetere le osservazioni svolte in precedenza sull'intensità ed il significato di questi vocaboli nelle aree di insediamento germanico...

E' inoltre decisamente indicativa l'etimologia di Scajalbengo, casolare che rispetto a Gaggiola è in rapporto di vicinanza molto stretto. Le uscite dei nomi di luogo germanici in -ungen ed -ingen possono intendersi come 'desinenze patronimiche che ci riportano ad antiche fare o genealogie'... Adriano Cavanna, che elenca una quantità notevole di casi in -engo nell'Italia Settentrionale, osserva che alcuni di essi si trovano in stretta coincidenza con l'insediamento di arimanni nel territorio rispettivo. Secondo l'autore, i vocaboli di questa natura "generalmente depongono per l'esistenza nel luogo di possessori longobardi".

Tornando sul versante del Limentra, l'indagine prosegue al Faldo, borgo medioevale al centro di alcune vicende legate al brigantaggio del periodo comunale. Secondo una autorevole opinoe, termin simili risalgono alla 'faida' longobarda, la quale "col significato di inimicizia, odio,diritto privato di vendetta, è uno dei nomi comuni longobardici romanizzati che intercalano il testo latino nel famoso editto di Rhotari...".

Molto vicino a malpasso, il casolare di Pianaldo possiede ugualmente una desinenza interessante, per la quale rimando a quanto si è già detto nel paragrafo precedente riguardo a Campaldaio...

Nella stessa area, a breve distanza l'una dall'altra, rientrano l'Ospedale di San Giovanni Battista, primo patrono dei Longobardi, e la Chiesa di San Giorgio in Collina, che non è difficile localizzare in prossimità di Malpasso, intanto perché se ne intravedono le rovine, poi perchè la sua demolizione risale alla prima età dell'ottocento, ed è di conseguenza documentata...

Infine, un'ipotesi da approfondire potrebbe associare ai Longobardi il casolare di Cesino, della cui antichità raccontano le stesse mirabili strutture del complesso colonico. Cesino può agevolmente risultare da nuna modificazione di gesino, nome di una località riportata nelle carte toscane del periodo germanico. E' in particolare la posizione in cui si trova che lascia pensare, a pochi minuti dall'ospedale di San Giovanni Battista e a pochi di più dal Malpaso,. Se qust'ultimo luogo era la sede del comando, nella sottostante Cesino poteva alloggiare il personale alle dipendenze del potere militare, o forse al servizio dell'ospedale stesso (nell'odierno tedesco, gesinde = servitù)".

(G. BOLDRI, "Storia di Casio", vol I, Centro Studi Editoriali Castel di Casio, Bologna, 1990, pp. 109 - 123)

Da osservare come nella nostra zona di interesse esistano altre località o toponimi del tipo MALPASSO (come Malpasso nella zona di Monachino - Pian del Toro nella porzione più meridionale del Comune di Sambuca Pistoiese).  In questi casi sarà tuttavia opportuno mantenere un atteggiamento dubitativo poiché la soluzione più semplice ci pare anche la più ragionevole: Ad eccezione del  Malpasso riscontrato dal Chiappelli (che per ragioni altimetriche pare piuttosto insolito), infatti, l'etimologia di Malpasso da Male Passo (cioè "cattivo passo") ci pare la più corretta.

Il criterio di accorta valutazione dei toponimi vale anche per altre ipotesi di toponomia e lessico germanico (non escluse anche quelle proposte per il nostro lavoro). Ad esempio nessuno in linea di principio potrebbe escludere che i vari toponimi del tipo Faldo  provengano tutti da Wald (bosco), infatti:

Faldo > Abbiamo visto diversi Faldo e Falda nella nostra area di interesse (ricordiamo Faldo e Ruina di Faldo a Castel di Casio e Faldo di Frassignoni) è possibile che il termine Faldo possa essere legato a Wald (bosco) con passaggio V > B (vedi bacillare per vacillare) e successivo passaggio B > F entrambi non ignoti alla nostra area di interesse (vedi Frana > Brana, Bruciata > Frugiata)

Tuttavia il sussegguirsi di due passaggi del tipo V > B e B > F è da considerarsi evento del tutto eccezionale. Probabilmente l'origine di Faldo va ricercato in un etimo diverso da wald, forse germanico (come noi abbiamo proposto  col franco falda (piega) o gotico  falda di simile significato) ma comunque diverso da wald


Chiassetto: gruppo di campi coltivati ad oliveto posti lungo la vecchia strada che da Villa di Baggio portava ad Iano presso le abitazioni settentrionali di Villa di Baggio. Il termine Chiasso dovrebbe derivare da un vocabolo alto germanico (longobardo o franco); si riscontra infatti che nell'attuale lingua tedesca 'gasse' ha significato di vicolo (vedi p. 11 del libro sulla toponomastica urbana di Pistoia pubblicato nel 2001 dalla Società Pistoiese di Storia Patria).



Fosso del Bercio: toponimo in Comune di Sambuca Pistoiese, è possibile che il termine derivi da Berciare o da Guercio (entrambi i termini sono di origine germanica come abbiamo già avuto modo di provare in precedenza)


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ALTRI VOCABOLI GERMANICI RINTRACCIATI NELLE SESSANTA NOVELLE MONTALESI DEL NERUCCI

Fonte: G. NERUCCI, "sessanta novelle popolari montalesi", Rizzoli, Milano, 1977
Dialetto di riferimento: Montale Pistoiese. Ove non specificamente dichiarato il riferimento è al piccolo vocabolario posto alle pagine 509 - 526

abbiaccare = agguantare qualcosa per romperla. Vedi alla voce abbiaccare alla seconda parte del dizionario
abbriccate = arrampicate (p. 485). Forse da tardo latino burricus (cavallo) + longobardo bikk (capra)
arrangolarsi = affannarsi (vedi gotico wranks)
ascheroso = invidioso / pieno di rancore. Nel Dizionario del dialetto pavanese di Guccini è scritto (p.30): "... gotico aiskon passato al longobardo eiskon ... che ha generato l'inglese attaule ask: e tutti valgono per chiedere, domandare"
astiare = invidiare. Da confrontare col gotico haifsts (contesa, lotta)
bindolare (p. 278) = abbindolare. Da binda
cantambanco = ciarlatano. Da cantare + bank / pank
chiassata = burla, ciarla. Vedi alla voce chiassetolo
chiassetolo = vicolo. Da una voce altogermanica affine all'odierno 'gasse' (vicolo)
franco = certo (p. 495)
garbo = buono ('nun cognoscendo se il padrone fuss'un genio di garbo, oppuramente un genio maligno' (p. 50)

garbo = bella
gomero = vomere. nel passaggio v > g  "c'è influsso germanico" (F. D'OVIDIO - W. MEYER LUBKE, "Grammatica storica della lingua e dei dialetti italiani", Hoepli, Milano, 2000, p. 110)
granfiata (p. 160) = zampata. Incrocio tra longobardo krampf (crampo) e long. grifan (prendere) assimilabile al tedesco greifen

griccia = debito. Forse da contaminazione con gruccia (longobardo krukkja = gruccia) nel senso di stampella
griccia = paletto, maniglia. Vedi alla voce precedente
gufato = acquattato. Vedi alla voce gufo nella prima parte del dizionario. Tuttavia è possibile l'origine del termine anche su un prestito dal greco kyphos (curvo) oppure dal latino cubare (covare)
mastangone = omaccione. Forse da contaminazione con stanga; voce germanica di origine gotica o longobarda (cfr. tedesco stange)
rappa = frangia. Forse da confrontare col gotico rappa forse incrociato col longobardo nappa (naso) assai affine al nordico 'nef' di identico significato
riffa = "a tutti i costi". Da lgb. hraffon (arraffare) incrociato con lgb. riffi (robusto)
"sana come una lasca" (p 136) = "sana come un pesce". Vedi alla voce lasca nella
seconda parte del dizionario
sbrecare = sverginare. Dal longobardo brehhan (rompere). La ragazza violata sessualmente e, comunque, non vergine è detta "sbreccata"
scatricchiare = pettinarsi i capelli avvittichiati, sbrogliare una massa arruffata. Vedi alla voce scatricchio nella
seconda parte del dizionario
sfranchire = rendersi libero. Da confrontare col francone frank (libero)
sfranchirsi = rendersi esperto. Vedi alal voce sfranchire
taccolo = debito, impedimento. Dal gotico taikn = segno (cfr. tedesco zeichen)
tangheraccia = grossolana, rustica. Parola di origine longobarda, derivata da una radice germanica "tanh" (tener saldo, tener fermo". zingone = pezzo di legno / mozicone di ramo tagliato che sporge dal tronco. Da longobardo zinka (punta)

Nelle sessanta novelle popolari montalesi di Nerucci troviamo, ancora, altri elementi linguistici relativi all'espansione del soggetto ed al soggetto fittizio che sono propri della "Area Carlo Magno" già vista nel paragrafo dedicato alla fonetica, alla morfologia e alla sintassi della pagina principale di questo lavoro. Esempi di espansione del soggetto sono: "Gua'! Che vol'ella?" (p. 151), "Ma che vi par'egli?" (p. 115), "Domani alla listess'ora i' sarò giù di qui per la piazza" (p. 258). Un esempio di soggetto fittizio è "Che si fa egli qui?" nonché "è egli ma' possibile che uno insenza cognoscenza della mi' persona voglia darmi subito la pecora più grossa del su' branco?" (p. 275), "ma dunque la corata c'era egli o no?" (p. 276) "che ci si fa egli a veglia?" (p. 298).


ORSI PISTOIESI E ORSI GERMANICI

Sappiamo che l'orso (chiamato micco dai pistoiesi) è il simbolo della città toscana e sappiamo anche che l'orso è il simbolo della città toscana perché deve ricordare gli antichi possedimenti pistoiesi sul monte Orsigna. Tuttavia più in generale l'orso appare come un animale fondamentale nelal cultura pistoiese (si pensi ad esempio alla simbolica offerta della spalla di orso che la Comunità di Sambuca doveva al Vescovo di Pistoia). Anche in una delle sessanta novelle popolari montalesi compare un orso (precisamente un'orsa). Questo animale tuttavia appare con alcune caratteristiche peculiari: in primo luogo combatte (e fin qui nulla di strano), in secondo luogo combatte per difendere una principessa e i suoi figli (e qui la cosa si fa più incerta), in terzo luogo parla con voce umana (per saperne di più s'invita a leggere il racconto 'La bella giuditta e la su' figliola maria' (pp. 134-165 del già citato lavoro del Nerucci*). Ovviamente gli orsi sono animali molto riveriti ovunque essi esistessero, tuttavia ci sono nel nostro caso alcune analogie dirette con il mondo germanico (ricordiamo che si tratta di un'orsa che parla con voce umana e che combatte per difendere una principessa e si suoi figli): "I nordici ritenevano l'orso un essere razionale, ed era il re degli animali per loro. Non solo l'orso era riverito, ma si riteneva che gli uomini potessero assumere le sembianze di un orso... Bodvar Biarki... era un seguace del Re danese Hrolf Kraki. Si riteneva che egli avesse combattuto... sotto le sembianze di un enorme orso, contro il quale i nemici erano impotenti. Mentre il suo spirito ursino combatteva, il guerriero se ne stava a casa sua, apparentamente addormentato. I guerrieri - orsi più feroci erano i ferocissimi Bersek scandinavi, il cui nome sembra significhi 'pelle d'orso'. Essi indossavano pelli d'orso e di lupo e urlavano come belve. Formavano la guardia del corpo dei Re pagani di Norvegia e si consideravano guerrieri di Odino" (R. S. NOEL, "La mitologia di Tolkien", Rusconi, Milano, 1984, pp. 99-100). Anche nel Beowulf compare la figura di un bambino - orso (e non dimentichiamo che beowulf vuol dire "lupo delle api" e, cioè, orso).
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* Si riporta, in ogni caso, il brano in cui l'orsa parla: "Qui successe un gran miracolo, perché tutt'a un tratto l'orsa arrizzatasi, com'è su' costume, in su'pie' drieto principiò con voce umana a parlare e disse:-'O Alessandro, rinvieni in te e discaccia la nebbia che tu ha' negli occhi. Questa è davvero la tu' moglie, che te chiami Felicina, ma felice insino a qui nun è stata, e questi 'enno i tu' figlioli legittimi, nati a un parto e punto mostri orrendi...." (G. NERUCCI, "Sessanta novelle popolari pistoiesi", Rusconi, Milano, 1977, pp.163-164).



SERPENTI E CAVALIERI
Abbiamo visto che il serpente è animale totemico dei longobardi, logico quindi aspettarsi che i cavalieri siano associati ai serpenti. Ciò avviene nella sessantesima ed ultima delle Novelle Popolari Pistoiesi di Gherardo Nerucci, dove la figlia della fata Mata dice al cavalier Petronio:

""I' sono una Fata e nun mi si pole ammazzare. In ugni mo' la tu'bona 'ntenzione m'è garbata, e sappi che no' siemo parenti, perché te vierni come me da una stirpe di serpi" (Op. cit, p. 500). Restando in tema di "Sessanta novelle popolari montalesi" del Nerucci andrà menzionato che in una di queste sessanta novelle compare un bambino salvato dalle acque. Questa storia da un lato ci pare rimandare a Esodo 2, 1 ss. ma, dall'altro, anche al mito di Lamissione salvato anch'esso dalle acque di un acquitrinio (vedi la Storia dei Longobardi di Paolo Diacono)



TRE INTERESSANTI RELITTI LESSICOGRAFICI LONGOBARDO - GERMANICI

Dall'opuscolo "il branco" di Rolando Nesti edito da Armonia - Piteglio - Dicembre 2004

TROGHE ( p. 16) > fila di selle di legno sovrapposte posizionate sul colmo del tetto delle capanne utilizzate nell'Alta Montagna Pistoiese (zona di San Marcello, Piteglio, Cutigliano) ad uso di ovili - fienili. Le troghe erano ricavate dal tronco di castagni secolari marciti all'interno e chiamati localmente "ciocche" Il termine troghe proviene dal longobardo trog (mangiatoia). Nella presente accezione, tuttavia, il termine 'troghe' sembra presentare delle affinità con l'etimo originario  del termine trog, così come illustrato nel Dizionario Etimologico della Zanichelli: "vc longob. trog di area germ. (ed in essa ancora vitale), dalla radice indeuropea *dereuo , dru- 'legno, albero', perché il trogolo germanico era costituito  da un tronco d'albero incavato"

STECCO (pp. 37 - 38) > strumento utilizzato per la misura del latte in un recipiente. Lo stecco era provvisto di tacca (vedi alla voce).  L'etimo di stecco è il germanico stika (bacchetta)

TACCA (p. 38) > vedi alla voce precedente. Tacca sarà da collegare al gotico taikna (segno)

ALTRI RELITTI LESSICOGRAFICI E TOPONIMI GERMANICI

Dall'opuscolo "La 'rasiccia' nella coltivazione del segale" di Rolando Nesti edito da Armonia - Piteglio - Dicembre 2004

BALLETTA (p. 12) > sacco di juta che costituisce uno degli elementi della cosiddetta "bastina" (strumento utilizzato per caricare e trasportare sulla schiena carichi pesanti). Dal longobardo palla / balla

BROCCHI (p. 16) > biancospini, ma anche pruni. Da sproch (germoglio) attraverso un procedimento paraetimologico già spiegato per la voce brocco

GROPPI (p. 16) > varietà di erica. Forse da kruppa con possibile contaminazione con greppe (di origine anaria)

GORELLI (p. 23) > solchi scavati dai contadini sul terreno per deviare fuori dai campi l'acqua piovana. Da wora

SALAIOLO  (p. 27) > località. Forse da Sal (voce longobarda e germanica per intendere un edificio di una sola stanza)

A pagina 17 dell'opuscolo sono indicati vari toponimi del tipo "Lama" (parola longobarda per Paolo Diacono) alcuni  dei quali comprendono altri termini di origine germanica (Lama del Brocco, Lama del Guazzino, Lama del Salaiolo). Ancora a pagina 17 si trova Il Nappo (da Napp(j)a) e Poggio di San Martino (agiotoponimo di possibile origine longobarda anche in relazione al culto particolare del Santo coltivato da questo popolo)
L'Opuscolo di Rolando Nesti ci consente, peraltro, di ricordare che la coltivazione della segale è il risulto del contatto con popolazioni germaniche: "Dai popoli germanici: la segale" (www.calabriameteo.com/ricerca_ambiente.htm). Nel IV sec. a.C. questo cereale veniva coltivato in maniera diffusa nell'Europa centro-settentrionale specialmente per la preparazione del pane. Celti, Slavi e Germani si nutrivano di frittelle di segale mentre i Romani non ne facevano molto uso. In realtà il pane di segale è di mediocre digeribilità, anche se migliora un poco quando è secco (http://www.cortedeibambini.it/alimentaz01.htm ).
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UN GERMANICO "TROPPO"

"TROPPO:  In Italia il latino NIMIS non sopravvive: in suo luogo è subentrato nella lingua TROPPO. Il vocabolo di origine germanica (francone throp "moltitudine, gregge") è probabilmente prestito dal  francese. Difatti a sud di Roma è sconosciuto o, almeno, poco popolare: in luogo di 'ho mangiato troppo' la Sicilia dice  'mangiai assai', e in quai tutto il Mezzogiorno 'costa assai'" (G. ROHLFS, "Grammatica storica delal lingua italiana e dei suoi dialetti - sintassi", Torino, Einaudi, 1986, p. 289).
L'argomentazione del Rohlfs ci pare ampiamente esaustiva anche se necessitante di una puntualizzazione: la voce 'troppo' non è prestito dal francese (altrimenti dovrebbe essere presente anche nel meridione angioino), ma elemento lessicale acquisito nel Nord e Centro Italia per la comune appartenenza di queste regioni all'Area linguistica "Carlo Magno".

Da osservare come anche l'italiano truppa derivi dal franco throp, ovvero da un'altro vocabolo germanico (longobardo?) affine

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ALTRI DUE VOCABOLI GERMANICI NEL DIZIONARIO PAVANESE DI GUCCINI

Ghiggna = faccia. Dal francone winkan (far cenno)
ghignoso = noioso, antipatico, schifiltoso. Vedi alla voce precedente

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TRACCE GERMANICHE NEL MONTALBANO PISTOIESE RINTRACCIATE IN UN LIBRO

Fonte: S. TAMBORRINO - M. DI COLBONI, "Il Montalbano", Diple Edizioni, Firenze, 2004

LAMPORECCHIO

"San Baronto è quasi adagiata sul crinale che divide la Valdinievole dalla piana di Pistoia. Secondo una tradizione, in questi luoghi si fermò un monaco franco di nome Baronto che tornava da Roma. Insieme con altri cinque compagni condusse una vita da eremita fino alla morte nel 681. Nei primi anni del Mille, in quest stesso posto, i Pistoiesi fecero erigere una Chiesa dove furono conservate le spoglie del monaco e dei suoi compagni, quando fu consacrata la chiesa da Rastaldo, vescovo di Pistoia, nel1018" (pp. 103 - 104)

"Da alcune testimonianze sappiamo dell'esistenza della chiesa [di Santa Maria del Pruno] già nel Mille, ma qualcuno la ritiene ben più antica, risalente ad epoca barbarica" (p. 108)

Da tenere presente che in località Porciano sorge una Chieda di San Giorgio che, come è noto, fu uno dei Santi più venerato dai Langobardi (pp. 106 - 107)

QUARRATA

"La chiesa di San Giovanni Evangelista [di Montemagno] è menzionata fra le pievi nella bolla di Innocenzo III del 1133 ... In origine il titolo era San Giovanni Battista, l'attuale compare nel 1535" (p. 155)
Come è noto an Giovanni Battista era uno dei santi più popolari fra i Longobardi. Altre Chiese testimoniano titoli di derivazione longobarda (San Bartolomeo (p. 157), San Michele Arcangelo di Buriano (p. 158), San Michele Arcangelo di Vignole (p. 158). Nel comune di Quarrata sono testimoniate consorterie di 'Lambardi' (p. 157). [tenere presente che 'lambardo' non indica né il lombardo di oggi, né il nord italiano, ma i discendenti delle antiche consorterie arimanniche longobarde]

SERRAVALLE PISTOIESE

"[Chiesetta di San Michele]. Il prete Aivald la donò, insieme con tutte le sue dipendenze, al monastero di San Bartolomeo di Pistoia" (p. 165)
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Da: G. ROHLFS, "Grammatica storica delal lingua italiana e dei suoi dialetti - sintassi", Torino, Einaudi, 1986, p. 421 (§ 1100)
"Raramente -engo ed -ingo servono a formare nome di abitanti, per esempio fiammingo... casalenghi 'di Casale' (Prov. di Pistoia)" __________________________________________________________________________________________________________

LA LEGGENDA DEL MALCONSIGLIO: Nei pressi della località L'Acqua (tra i Comuni di Sambuca Pistoiese e Cantagallo) vi è un luogo chiamato "Il Consiglio" o anche "Il Malconsiglio". In questo luogo, caratterizzato da un sasso con incisioni rupestri con croci e vari simboli arcaici (alcuni dei quali simili a rune), la tradizione locale vuole che un condottiero romano tenne una assemblea prima di una battaglia che ebbe esito sfortunato. Questo condottiero, da alcuni, è stato individuato nel senatore Catilina che proprio nell'agro pistoiese combattè la sua ultima battaglia (cfr. "La congiura di Catilina" di Sallustio). Questa interpretazione popolare, tuttavia, non è suffragata da alcuna seria valutazione storica e, quindi, trova il tempo che trova (secondo alcuni abitanti del luogo la piccola zona tra Lentula e l'Acqua avrebbe conosciuto la battaglia di Spartaco e Lentulo, l'arrivo di Annibale e l'ultima battaglia di Catilina (1)). A nostro più modesto avviso è ragionevole ipotizzare che in questo luogo a valenza magica (vedi il lavoro di Leonardo de Marchi sui sassi scritti della Limentra) possono esserci state delle assemblee di uomini appartenenti a consorterie di lambardi (longobardi). Il termine Malconsiglio, infatti, ricorda altri analoghi toponimi (ad esempio il 'Malconseil' della Val d'Aosta (2)) sicuramente derivati da 'Malli Consilium', luogo di riunione del Mallum (che nelle popolazioni franche e germaniche indicava una sorta di tribunale).

NOTE:
(1) Vedi in particolare il libro di L. Battistini, "Lentula", pubblicato dall'autrice a Rastignano nel 2000, questa pubblicazione presenta delle interpretazioni storiche che risultano, a una seria analisi,a dir poco azzardate. Anche la celebre Società Pistoiese di Storia Patria ha pochi anni addietro indicato (in un articolo a firma dello storico Zagnoni presidente, peraltro, del vicino Gruppo di Studi Alta Val del Reno) nel lavoro della Laura Battistini niente più che il frutto di vane fantasie (vedi Bullettino Storico Pistoiese anno CVI - terza serie XXXIX, p. 101)
(2) cfr. AA.VV. "Torino e Valle d'Aosta", Touring Club Italiano - La Biblioteca di Repubblica, Milano - Roma, 2005, p. 560) __________________________________________________________________________________________________________

ELEMENTI GERMANICI RINTRACCIATI NEL LIBRO DI ARIANNA CECCONI "L'ACQUA DELLA PAURA: IL SISTEMA DI PROTEZIONE MAGICO DI PITEGLIO E DELLA MONTAGNA PISTOIESE", BRUNO MONDADORI, MILANO 2003

APPALLA = l'acqua che "si solidifica" durante rituali apotropaici (p. 75). Longobardo "palla"
GARBI = rumori (p. 76). Gotico "garws" ornamento

"Per migliaia di anni i guaritori hanno fatto uso dell'Hypericum perforatum. In Germania, l'iperico viene usato soprattutto per curare la depressione nella forma lieve e in quella moderata, l'ansia e i disturbi dei sonno. Sempre in Germania, ogni anno, le ricette mediche che prescrivono l'iperico ammontano a tre milioni, per un totale di circa 66 milioni di dosi giornaliere di iperico vendute." (http://web.ticino.com/oasiblu/iperico/hyp19.htm)... Di questa pianta leggiamo nel libro di Arianna Cecconi: "all'alba di San Giovanni s'incontra ancora qualcuno che va a raccoglierte l'iperico... l'iperico è chiamato anche l'erba di San Giovanni" (p. 19)L'iperico viene usato nella montagna pistoiese per curare "la paura" (pp. 72 ss.)

Nel pistoiese (come peraltro in molte località d'Italia) è diffusa la tradizione dei guaritori "settimini" (cioè i settimi figli maschi o femmina). Tale tradizione secondo la Cecconi è propria dell'Europa Centrale ed Occidentale e in Germania avrebbe caratteristiche assai simili a quelle dei guaritori locali (p. 85)
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IL CANTO DELLA BEFANA E IL SOLSTIZIO D'INVERNO

Tra le tradizioni pistoiese forse da collegare a una antica radice germanica c'è anche quella del Canto della Befana ancora viva a Pian degli Ontani: qui un gruppo di persone mascherate (Befana, Re Magi, Giuseppe e Maria) si reca di casa in casa cantando e ballando, chiedendo infine la questua. Questa tradizione ricorda un'analoga tradizione anch'essa viva nella Val Sarentino (Bolzano): "Nelle serate di giovedi 2, 9 e 16 dicembre tutta la vallata rivive l'incontro con i "Klöcker", letteralmente "coloro che bussano alla porta", rimembranza dell'antica festa pagana del solstizio d'inverno, tipica usanza del mondo germanico. Gruppi di maschere passano di maso in maso esibendosi in danza e canti per raccogliere l'offerta da parte dei contadini e augurando salute e benessere" (http://www.bolzano-bozen.it/mercatino/nostalgie-i.htm)

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DUE TOPONIMI GERMANICI SEGNALATI NEL PERIODICO "LA BAZZA" / "GAZZETTA DELL'APPENNINO" DI GIUGNO 2005 E RELATIVI AL COMUNE DI SAN MARCELLO PISTOIESE

MARESCA: Secondo l'articolista proviene da una voce affine all'alto tedesco antico "marahscal" > mar - ar (cavallo) + scat (colui che cura)

CAMPOTIZZORO: Secondo l'articolista il termine sarebbe da ricondursi a Champf (campo di battaglia) + latino titio

Nel primo caso riteniamo possibile l'attribuzione di un antico marahscal (da evidenziare comunque nell'uso quotidiano dell'italiano, in specie fino all'inizio del XX secolo, della parola mariscalco con scalco di origine longobarda secondo la lezione del Devoto nel suo lavoro sul "Linguaggio d'Italia"). Tuttavia per Maresca proponiamo una ipotesi ancora più semplice: Potrebbe trattarsi di toponimo derivato da un termine affine al milanese marisk (giuncheto) e al francese "marais" (palude) entrambi di formazione germanica (cfr Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti - Sintassi", Torino, Einaudi, 1986, p. 439 § 1120).

Per Campotizzore abbiamo invece MOLTE perplessità



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esempi di toponomastica germanica presenti nel lizzanese e pubblicate su E... viandare n. 5 (anno III) Aprile 2005, pp. 7 ss.


L'Ara del Trogo = luogo dove si batteva la segale (iin lizzanese il termine trogo indica anche una persona non proprio pulita). Da trog

Pizzetto (vedi spitz = punta)

Pianlin del tasso. Come è noto tasso è parola di origine germanica (questo, naturalmente, se il toponimo è riferito all'aniamle e non alla pianta)

Canala di Scaffarotti. Probabilmente da Staffal con passaggio ST > SK piuttosto tipico per parole germaniche


SAN ZENO GERMANICO
Come è noto la cattedrale di Pistoia è dedicata a San Zeno. Lo storico Rauty a tal proposito informa che "la dedicazione a San Zeno potrebbe risalire proprio a questo periodo (VIII secolo), nel quale il culto del santo vescovo di Verona si diffuse in Italia, particolarmente nel mondo longobardo" (N. RAUTY, "Storia di Pistoia", vol I, Firenze, 1988, p.112).
Rauty si dilunga sull'argomento citando peraltro una interessante bibliografia e molti riferimenti al mondo longobardo che dimostrano l'origine germanico - longobardo dell'intestazione a San Zeno della Cattedrale (vedi anche p 114 e altre pagine dello stesso libro).

E' interessante segnalare come il termine longobardo "zaina" (da cui l'idronomo bolognese "Torrente Zena") ha il significato di "conca, rio di scarico, valle bassa" (Il Carrobbio, anno V, 1979, p. 25)



DA UNA ANTICA SCHERNIA IN USO TRA CASTAGNO E PITECCIO DA ALCUNI ANCORA RICORDATA

"Di Casale brodoloni". Dove la parola brodoloni è chiaramente di origine germanica



UN GERMANISMO PIU' RECENTE: "CASA TEDESCHI"

Nel sito internet della pro loco del Vizzero è possibile leggere:

"Borgata con esposizione a mezzogiorno ad una quota di 725 metri slm. Situata a sud ovest della Chiesa del Vizzero, su un crinale tra i fossi della Chiesa e della Polla. Ritenuta la borgata più antica del paese, trarrebbe il nome da un'antico soldato mercenario tedesco. Egli si sarebbe fermato in questo luogo al ritorno dal sacco di Roma del 1527 ed al quale avrebbe partecipato agli ordini del Capitano di ventura Frondsperg"

Almeno per quanto riguarda l'Alto Reno siamo a conoscenza di altri toponimi che si richiamano lalla presenza di soldatesche tedesche (i famosi lanzichenecchi)
La frazione del Vizzero conta tra le sue borgate anche una Casa Franceschetto, chiaramente derivata dal nome francesco di etimologia germanica.


DUE VOCABOLI GERMANICI PRESENTI IN ALTO RENO E RIPORTATI NEL N. 5 DI "E... VIANDARE" (ANNO III, APRILE 2005)

Ióiola / Lóiola (p. 39)= nome usato nell'Alta Vallde del Silla per indicare una varietà di castagna dalla buccia lucente detta anche 'marrone biondo' ottimo per fare le caldarroste. Secondo la rivista del Rugletto dei Belvederiani il termine è da conforntare on il medio tedesco "lohe" (fiamam, scintilla) e con il medio tedesco "lohen" (bruciare)
Raggiàro= roveto. Da raggia a sua volta derivato dal longobardo "razziam" (graffiare)


ALTRI POSSIBILI TOPONIMI GERMANICI RINTRACCIATI NEL NUMERO 31 (GIUGNO 2005) DI "GENTE DI GAGGIO"

Cà di Checco (p. 88) = Dall'antroponimo di origine germanica Francesco diventato particolarmente popolare grazie alla figura di San Francesco d'Assisi

Monte Bianchese (p. 90) = da Blank

Torre della Guanella (p. 139) = il toponimo sembra presentare il tipico passaggio W > GU, ma è tutt'altro da escludere un latino "Guanus" ("..filius Guani hic jacit." che significa : "qui giace il figlio di Guano"). Riteniamo assai più difficile un'origine dal peruviano (queciua) "Huano" da cui proviene l'italiano "guano"

Passo Brasa (p. 143) = forse dal longobardo "bras" (brace). Il cognome "Brasa" è tipico della zona di Gaggio Montano.


Da un articolo di Mario Bruschi dal titolo "Romani e Longobardi fra Pistoia e Bologna" pubblicato sul n. 61 (giugno 2005) di Nueter

"Le testimonianze toponomastiche e la viabilità, ad esempio, portano a far ritenere che fra gli abitanti delle valli delle Bure, ancora secoli e secoli dopo il Mille, risultavano abbastanza distinti e separati i due ceppi di discendenza romano - latina e quello di origine longobardo - germanica.

Di recente, l'acquisizione archivistica che la chiesa dell'antico villaggio longobardo di Chiappore, nella valle della Bure di Santomoro, era dedicata a S. martino ha permesso congetture di strette relazioni, anche viarie, con altri luoghi abitati di origine longobarda, come S. Martino a Spannarecchio, nella valle della Bure di Baggio.

Ed infine, sempre nella zona appenninica, è stata segnaalta una situazione, data come ipotetica ma piuttosto chiaramente delineata, di rapporti familiari e patrimoniali longobardi, in connessione con la viabilità, fra S. Martino a Chiappore e S. Martino a Spannerecchio nelle valli della Bure e San Martino a Monticelli sotto Torri [di Sambuca Pistoiese]" (p. 129)


"TOPONOMASTICA LONGOBARDA - ORNITOLOGICA"

Nel numero 28 (giugno 2005) della rivista "Savena Setta Sambro" è uscito un articolo sull'origine longobarda del toponimo Sparvo in Comune di Castiglion dei Pepoli. Questo articolo non solo è interessante perché riguarda un territorio che fece parte della antica Iudicaria Pistoriensis, ma anche perché cita un toponimo della nostra zona: Randaragna in comune di Granaglione.

Iniziamo col nostro toponimo Randaragna. Per l'autore dell'articolo (Paolo Bacchi), sulla scorta di uno studio della Nicoletta Francovich Onesti, deve essere collegato ad un prefisso "Randa" con significato di "corvo" (p. 19).

E ora passiamo agli altri:

Sparvo (p. 16)= Da collegare a un germanico sparwari (sparviero) oppure a sparwo (passero). L'articolista precisa che tra i popoli germanici antichi il passero è una animale di un certo rilevo. In passato si erano già espressi a favore dell'ipotesi sparwari sia Amedeo Benati (Il Carrobbio n. 3, 1977) che Michelangelo Abatantuomo (Savena Setta Sambro, n. 10, 1996, p. 18)

Rabatta, Rabatla (p. 17) = Da rabna un termine germanico per denominare il corvo e passato anche all'onomastica italiana. In Toscana sono presenti vari toponimi Rabatta come "Podere Rabatta" a Montespertoli (FI), "Rabatta" a Impruneta (FI), Rabatta (SI). Il termine "rabacchio" è usato in varie zone della Toscana per indicare un ragazzo piccolo, tuttavia dovrà essere posta la massima prudenza nell'attribuire il significato etimologico di questo vocabolo (e dei toponimi indicati dal Bacchi) al germanico rabna, infatti esiste una possibile alternativa nel latino rapax (rapace)

Monteacuto Ragazza = L'autore, sulla scorta degli studi del Benati, lo fa ricondurre a un germanico "agazza" per gazza

Nello stesso articolo si fa perfino riferimento alla presenza in passato di una "Fara di Setta" (sicuramente da collegare al longobardo "fara") e di un farabusino (a nostro avviso da collegare non a "fara" come immagina l'autore, ma a "furha").

Nello stesso articolo troviamo un riferimento all'uso longobardo di sepellire insieme ai morti le spoglie di un gallo o di una gallina, uso che anche noi avevamo ricordato nella nota (X) della nostra pagina dei longobardismi.

Vale la pena ricordare, in conclusione, che Paolo Bacchi ha scritto diversi articoli sui relitti longobardi nella zona compresa tra l'Alta Valle del Setta e del Sambro (territori, lo ribadiamo, in gran parte sottoposti alla Iudicaria Pistoiese (1)) e in uno di questi articoli ha scoperto la sopravvivenza (almeno a livello di meomoria) di una ricorrenza sacra germainca: il Signor Ruggeri Armenti Mario di Confienti (Comune di Castiglion dei Pepoli) ricorda come in passato in questi luoghi la festa di San Michele Arcangelo non fosse festeggiata alla fine di Settembre, come vuole l'attuale calendario ecclesiastico, ma all'inizio del mese di maggio ricollegando, in tal modo, la ricorrenza "alla tradizione longobarda del Santurario di San Michele del Gargano" (Savena Setta Sambro, n. 14 (1998), p. 14).

NOTE:

E' Paolo Bacchi ad esempio a scrivere: "[Nell'Alto Medioevo] il comitato pistoiese (iudicaria pistoriensis) estendeva i suoi poteri nella Diocesi di Bologna, tra l'alto corso del fiume Reno e la valle del Sambro, senza soluzione di continuità con le terre situate oltre il displuvio. Queta intrusione della marca toscana in terra emiliana perdurò fino all'inizio del XIII secolo e, come è noto, ebbe origine dallo stanziamento longobaro all'interno del sistema difensivo romano - bizantino avvenuto tra la fine del VI secolo e l'inizio del successivo" (Savena Setta sambro, n. 21 (2001 - anno XI), p. 3). Lo stesso Bacchi individua, per gli antichi territori pistoiesi dell'attuale Valle del Sambro e del Setta, altri possibili toponimi di origine longobarda quali: Rio Bacchio nei pressi di gardelletta di vado (lgb bakiz > torrente), Stanco e Monte Stanco nei pressi di Monteacuto Ragazza (lgb staina > pietra), Monte Roda nei pressi di Castiglion dei Pepoli (germanico roda > terreno strappato all'incolto), Lagaro (lgb aggar > campo con evidente concrezione dell'articolo). Per saperne di più si rimanda a Savena Setta Sambro n. 19 (2000) pp. 17 - 18.


REPERTI LONGOBARDI NEL GAGGESE

"Citazione da AMEDEO BENATI, "Toponimi barbarici nell amontagna bolognese - parte II" (il Carrobbio, anno II, n. 2, 1976, pp. 44 - 45)

"Le tracce di insediamentoi longobardi nel territorio di Gaggio Montano non sono numerose ma significative. In località Rovine di Masonte, poco lontano dal capoluogo, furono trovati oggetti di età barbarica: 'una lancia di ferro ed un puntale di lancia, pure di ferro, nonché una scure similmente di ferro. Quest'ultima ha la forma di un'arma barbarica detta francisca .... Un'altra scure di forma identitca, esiste... nel Museo Civicodi Bologna ... per comune consenso degli archeologi giudicata Longobarda' (E. Brizio, in "Notizie degli scavi antichità comunicate alla Regia Accademia dei Lincei, Ottobre 1987, pp. 390, ss.). A questa sicura testimonianza archeologica si affianca quella non atrettanto sicura ma attendibile, del Calindri, il quale a proposito di Rocca Pitigliana (ora frazione di Gaggio Montano), scrisse: "Osservate le scavazioni fatte nel masso arenario, nel quale (la rocca) eisteva allorché era in essere, e la loro maniera e grandezza, forza è di concludere, essere un lavoro delle età Longobardiche, o circa, ma in quale di esse, da chi e perché fatta fosse da noi sin qui perfettamente s'ignora' (S. Calindri, "Dizionario geografico storico della montagna bolognese, vol. IV, p. 372). Non è omprobabile che il Calindri... abbia visto nel giusto"


IL "SEDILE SCRITTO" DI LAGACCI

Questa estate abbiamo rintracciato a Lagacci (lungo la strada per andare al cimitero del paesino in comune di Sambuca Pistoiese) un piccolo sedile di pietra con alcune iscrizioni a valore magico sacrale (ad esempio due segni a "§" che sormontano una croce e che nascono da un quadrato che pare indicare delle sorgenti d'acqua), nonché alcuni simboli tipici dei sassi scritti tra cui segni "runici" del tipo ad "asterisco" e ad "I". Questo sedile (usato da un pastore di Lagacci all'inizio del XX secolo) testimonia del perdurare nella nostra area di interesse di tradizioni incisorie sacre fino a tempi recenti a noi


IL GORO DELLA MACCHIA DEGLI ANTONINI In un piccolo libriccino di Giorgio Ducceschi e Luca Ducceschi dal titolo "Fatti e gente della Macchia degli Antonini" (ISRPt Editore, Pistoia, 2005) possiamo leggere il contenuto di un testamento redatto nel XIX secolo: "ordino e voglio, che dopo l'associazione alla parrocchia, il mio cadavere sia portato dalla compagnia della Misericordia fino alla Porta al Borgo per essere condotto nel mio locale dei morti in Calamecca; Perciò ivi sia dalla Misericordia consegnato successivamente alle compagnie di Santa Maria Assuinta in Goro, di Burgianico, di Gello, di Sarripoli, di Campiglio, di Momigno e da questa a quella di Calamecca, facendo chiascheduno cammino per il suo popolo; e mancando una o più compagnie l'antecedente a quella che manchi trapassi fino ad incontrare la compagnia susseguente, godendo il diritto della mercede infrascritta dalle compagnie o compagnia che hanno supplito avendo ciascheduna alla testa il loro rispettivo parroco o suo rappresentante" (p. 13)

Di questo documento ci ha colpito un toponimo: Goro. Infatti Goro ci pare da ricondurre alla voce germanica wora.


PAPERINO, PINOCCHIO, SIGFRIDO E I LONGOBARDI

Nell'articolo principale dedicato ai longobardismi e ai germanismi in Alto Reno e nel Pistoiese abbiamo accennato all'episodio in cui Pinocchio uccide un serpente, dalle caratteristiche draghesche, facendogli scoppiare una vena dal gran ridere. Come abbiamo cercato di dimostrare questo episodio sembra quasi il relitto in area pistoiese, sia pure in chiave comica, di antiche tradizioni germaniche in cui l'eroe era uccisore di draghi. Vale ora la pena ricordare, sia pure a titolo di colore, che nella storia "Paperino e l'oro di Reno ovvero l'anello dei nani lunghi" (classici di Walt Disney n. 19 (1978)) lo "eroe" Paperin Sigfritto uccide il drago Fafner proprio facendolo scoppiare dal ridere... Come si suol dire il cerchio si è chiuso...


VIGO DI CAMUGNANO: UN NOME LATINO PER UN INSEDIAMENTO LONGOBARDO

"La matrice germanica dell'insediamento di Vigo si rileva dagli stessi nomi che appaiono nel primo documento del 1057 riferentesi ad esso quali Guglielmo, Gerardo, Guinizia, Rodolfo, Sigifredo, Guilizone..." (P. GUIDOTTI, "Il Camugnanese", CLUEB, Bologna, 1985, p. 90)


IL CIBO DEI MORTI TRA TRAZIONE LATINA E TRADIZIONE GERMANICA?

Ancora una volta è Pinocchio ad offrirci uno spunto:

Il burattino è inghiottito dal pescecane e una volta inghiottito vide...

"Ve lo do a indovinare in mille: trovò una piccola tavola apparecchiata, con sopra una candela accesa infilata in una bottiglia di cristallo verde, e seduto a tavola un vecchiettino tutto bianco, come se fosse di neve o di panna montata, il quale se ne stava lì biascicando alcuni pesciolini vivi, ma tanto vivi, che alle volte mentre li mangiava, gli scappavano perfino di bocca."

Se il pescecane che inghiotte il burattino è una delle tante parafrasi della morte presenti nel romanzo colladiano, allora scopriamo che anche i morti mangiano... Questo spunto ci offre una ulteriore riflessione... A Gaggio Montano era vietato spazzare nelle ore notturne perché ciò avrebbe portato alla più grande povertà (cfr. M. CECCHELLI, "Una castagna sotto il guanciale", Gente di Gaggio, Gaggio Montano 2001, p. 146 ss. La stessa tradizione era diffusa anche in altre zone delle'Alto Reno e del pistoiese come Casale nei pressi di Fabbiana). Il lettore potrebbe a questo punto domandarsi cosa c'entra Pinocchio con questa tradizione? La risposta è in realtà piuttosto semplice: gli spirti dei morti possono nutrirsi delle briciole sparse per terra durante il consumo della mensa serale. Comune alle due tradizioni è dunque il fatto che i morti mangiano... Chiarito questo aspetto può sorgere spontaneamente un'altra domanda, domanda che potremmo esprimere in questi termini: "E le popolazioni germaniche cosa hanno a che fare con Pinocchio, Casale e Gaggio Montano?". Anche qui la risposta è piuttosto semplice: diverse popolazioni germanofone (ad esempio i Walser) offrono durante la notte del 2 novembre, ai morti che giungono in visita, calde tazze di vin brulé o di cibo. Questo rituale è chiamato dai Walser "Totenfest". Dagli elementi finora offerti si direbbe che la tradizione sia chiaramente germanica, tuttavia la distribuzione geografica del fenomeno (il lasciare la tavola apparecchiata durante la notte dei morti affinché gli stessi possano rifocillarsi è presente dalla Lombardia al Piemonte, dalla Sicilia, alla Basilicata) pongono il problema se in effetti si tratti di una tradizione esclusivamente germanica assunta nella penisola a seguito delle invasioni germaniche di Goti, Longobardi, Franchi e Normanni oppure se non sia il relitto di una antichissima tradizione indeuropea sopravissuta sia tra i popoli germanici che tra i popoli italici (nell'antica Roma ogni abitazione era posta sotto la protezione dei Lari domestici a cui il padrone di casa era tenuto a sacrificare ogni giorno)... Alla fine potremmo anche scoprire che sono i Germani ad avere acquisito questa tradizione dai Romani!...

P.S. A Piteccio, durante la festività dei morti, "si accendeva il fuoco per 'scaldare' i defunti che sarebbero venuti a visitare le case e i parenti (guai a farlo spegnere) e si rifacevano i letti per far trovare la casa in ordine" (P. NESTI, ".... Villa c'era", Pro Loco Piteccio, Pistoia, 2004, p. 125).


CASA BANDITELLI

Si tratta di una borgata nella frazione Biagioni di Granaglione ormai in stato di abbandono. Secondo la tradizione la borgata fu fondata da alcuni fuggiaschi del Granducato di Toscana qui giunti in un'epoca imprecisata. Il toponimo, in ogni caso relativamente recente, potrebbe significare "quelli mandati in esilio", oppure appartenere alla stessa serie di altri toponimi presenti in Alto Reno e nell'Alto Appennino Pistoiese come Case Lazzaroni, Cà dei ladri, etc. L'occasione comunque è utile per spiegare l'origine etimologica del termine bandito: "dal gotico bandwjan 'fare un segnale' attraverso il latino medioevale 'bandire''" (G. DEVOTO, "Avviamento alla etimologia italiana", Le Monnier, Firenze, 1999, p. 42). Per quanto attiene il significato di bandito come sinonimo di ladro invece occorre tenere presente il seguente passo di Elena Vannucchi: "il vocabolo [bandito] corrisponde ad un significato proprio, specifico, le cui origini risalgono alla lex salica e con il quale nel Medioevo si indicava un tipo umano dalla fisionomia ben definita: exbannitus, bannitus, cioè bandito dalle città, eliminato, scaccito" (A. CIPRIANI - E. VANNUCCHI, "I politicamente scorretti del medioevo", EDUP. Roma, 2005, p.55).


PUNTATA DI SUPERQUARK DEL 14 DICEMBRE 2005 SU CARLO MAGNO

In questa puntata di Superquark si è parlato della tradizione longobarda di usare dei talismani custoditi all'interno di piccoli sacchetti. Una tradizione identica è presente anche nella nostra area d'interesse (si tratta dei cosiddetti 'brevini' o 'cuoricini'(*))e quindi potrebbe esserci qualche influenza diretta o indiretta della tradizione longobarda

(*) "Il breve o brevicino o cuoricino ... consisteva in due pezzetti di tela bianca o grezza sovrapposti e cuciti a larghi punti. Di forma allungata, ovale o romboidale, portava all'interno foglietti con preghiere, santini, fogli d'ulivo benedetto, frammenti di strane e misteriose reliquie e chissà cos'altro.. Era tassativamente proibito aprirlo per verificvarne il contenuto, pena una serie di gravi sfortune e interminabili disgrazie! Il brevicino veniva appeso alla catenina o appuntato con uno spillo da balia alla camiciola all'atto del battesimo, dopo essere stato benedetto" (E. CECCHINI CATANI, "L'eredità dei templari a Piteglio", Diple, Firenze, 2003, p. 39).


(01 gennaio 2006) LA CHIESA DI SANTA MARIA DI LIZZANO PISTOIESE

Nella pagina http://freeweb.supereva.com/parrocchializzano.freeweb/ECOMUSEO.htm?p abbiamo potuto leggere:

"Tra le Chiese dell’alta montagna pistoiese quella di Santa Maria a Lizzano ricopre una particolare importanza; la Chiesa era situata sull’antico itinerario, alto-medioevale, che congiungeva la città di Pistoia con Modena e quindi si collegava ai centri del Nord-Italia. Stazione di tappa, ma anche momento di riferimento religioso, Lizzano è la Chiesa madre di tutte le altre Chiese parrocchiali della montagna pistoiese comprese nel territorio a nord dell’attuale abitato di La Lima. San Lorenzo a Spignana benché d'origine medioevale, era da essa dipendente; inoltre, dalla divisione del suo antico territorio, hanno avuto origine le attuali parrocchie dei Comuni di Cutigliano e Abetone.

Doveva essere molto difficile il rapporto religioso con gli abitanti di un territorio parrocchiale così vasto, anche se erano stati eretti alcuni Oratori nei vari punti di questo territorio. Il primo di essi, che avrà vita autonoma, sarà proprio quello di Cutigliano.

La Chiesa di Lizzano fu dedicata a Santa Maria col titolo di Santa Maria Assunta. E’ la Pieve più antica di tutta la montagna ricordata nel diploma d'Ottone III del 25 Febbraio del 997 come una delle venti pievi dislocate nel territorio della Diocesi, a servizio del vasto comprensorio appenninico. L’organizzazione del Clero era di tipo canonicale, in altre parole, un collegio di presbiteri (canonici) riuniti in comunità, sotto la guida di un "plebanus" (dal popolo tradotto in piovano) e che, al tempo stesso, era capo della comunità canonicale e il responsabile della parrocchia. La nomina del "plebanus" era d'elezione popolare. Il culto di Santa Maria Assunta nasce dalla riflessione popolare e si sviluppa a partire dal VI secolo (attorno al ‘500) prima in ambiente orientale-bizantino con la festa della "Dormitio B. Virginis", poi, piano piano, passa all’occidente. Potremmo supporre che questa festa sia frutto della presenza, nella zona, del Bizantini, prima dell’invasione longobarda e poi dei contatti con le popolazioni (specie in Romagna) che più a lungo erano rimaste sotto l’influsso di Bisanzio. E’ con il papa Pio XII, nel 1950, che arriviamo alla definizione del dogma dell’Assunzione di Maria."

Come nel caso della Chiesa di Lizzano in Belvedere anche per la Chiesa di Lizzano Pistoiese la tradizione vuole che la fondazione della Chiesa sia Bizantina. Ma come nel caso di Lizzano in Belvedere le cose stanno ben diversamente in quanto lo chiesa non è di fondazione Bizantina ma di fondazione Longobarda. Ecco gli elementi che ne provano, sia pure in maniera indiziaria, l'origine longobarda:

a) l'antico itinerario sul quale sorge la chiesa non è altro che la cosiddetta antica "Via Longobarda" che da Modena e Nonantola arrivava alla Pieve di Samoggia ed oltrepassata la Pieve di Samoggia consentiva ai viandanti di raggiungere S.Lucia di Roffeno, Bombiana, Rocca Corneta, Fanano, Ospitale, Lizzano Pistoiese e scendere poi verso Lucca o Pistoia. (di questa strada di sicura origine longobarda un interessante riferimento nella seguente pagina web: http://www.pianadeicastagni.it/ViaLongobarda.htm)*; b) anche l'istituto dell'elezione popolare del "plebanus" è di origine longobarda come abbiamo dimostrato nella seguente pagina web (longobardismi14.htm);

Per quanto riguarda l'origine orientale-bizantina del culto della Maria Assunta varrà infine la pena ricordare che lungo tutti i territori longobardi erano diffusissimi le missioni orientali. La presenza di Chiese e di culti cari alla liturgia orientale è anzi uno dei segnali di norma più considerati nel ritenere longobardizzato un territorio. Anche nel nostro lavoro abbiamo più di una volta dato dimostrazione di questo asserto (numerose dediche di Santi Orientali come Santa Gerusalemme, San Giorgio, Sant'Andrea, San Salvatore, San Mamate di Cesarea proprio nei territori più germanizzati)

(*) vedi anche http://web.tiscali.it/zappolino/longobarda.htm


APPUNTO (15 GENNAIO 2006) Lo stemma del Comune di Castel di Casio riporta un maiale: "Stemma: campo di cielo, al maiale rivolto, passante, sopra una campagna erbosa, alle falde di un monte, cimato da un castello, il tutto al naturale". Non sappiamo origine del simbolo comunale. Possibile ipotizzare ricordo di allevamenti di maiali molto presenti nel territorio (i Longobardi erano forti allevatori di maiali).


IL CONTRIBUTO LONGOBARDO AL CULTO MARIANO NELLA PENISOLA ITALIANA (15.01.06)

L'argomento merita un approfondimento: abbiamo già visto,nella pagina principale della nostra ricerca, come molte tradizioni religiose hanno subito l'influenza germanica o longobarda (dal "bacio dei Cristi" al culto degli alberi, alle rogazioni, alle processioni). Potrebbe essere che anche il radicamento del culto mariano presenti tracce della cultura germanica. A tale scopo occorre tenere presente che:

- Il culto mariano come lo conosciamo ha subito l'influsso del culto di Iside (tanto che la rappresentazione della Madonna col bambino non è altro che la copia di Iside madre di Horus su cui ironizzò pesantemente Sant'Agostino d'Ipponia);

- che nell'ambito dell'Interpretatio Romana la dea Freya fu paragonata ad Iside;

- che Freya è divinità fondamentale nel culto longobardo (1);

- che molti santurari mariani sono legati ad alberi o fonti e corsi d'acqua (cioè a luoghi e manifestazioni sacre per la religiosità pagana dei Longobardi);

- che esistono casi precisi (ad esempio Montovolo con il serpente custode di tesori, il caprone diabolico) in cui Santuari Mariani custodiscono tracce di una tradizione anche religiosa pagano longobarda ,(vedi il paragrafo dedicato a Montovolo nella pagina principale della nostra ricerca)

- che determinati culti mariani, come quello di Santa Maria Assunta, sono pervenuti in territorio longobardo per influsso dei missionari orientali (vedi sopra gli appunti relativi alla Chiesa di Lizzano Pistoiese) e pertanto si può ritenere che il culto mariano fosse più forte e più radicato proprio nei territori longobardi della penisola dove più intensa era presenza dei suddetti missionari.

Alla luce di questi elementi è tutt'altro da escludere il contributo 'longobardo' alla diffusione del culto mariano sia nella nostra area di interesse che, più in generale, lungo la penisola italiana (la stessa madonna di San Luca sembra legata a una religiosità germanica come dimostrano i rari toponimi, per il bolognese, germanici di Valdarola (da Wald > bosco) e Colle della Guardia (da warnen))

E' possibile dunque che nel culto mariano si ritrovi lo stesso spirito che abbiamo già menzionato per le processioni religiose:

" Nelle processioni cristiane, quindi, il popolo romano e il popolo longobardo si ritrovavano uniti nel nome delle loro diverse ancestrali ritualità"

____

NOTA

(1) "Dal canto suo Tacito, nella sua 'interpretatiio Romana', formulò un'equivalenza fra le divinità che con variazioni minime (Giove al posto di Ercole) sopravvive ancora oggi nel nome di quattro giorni della settimana, anche se raramente siamo consapevoli della loro origine: martedì - tuesday, mercoled' - wedsney, giovedì - thursday, venerdì- friday: Queste coppie di nomi confermano l'equuiparazione fra Marte e Tiu, il dio originariamente supremo e in seguito dio della guerra; fra Mercurio, la guida delle anime, e Wotan, che ha rimosso Tiu dalla sua posizione precedente; fra Giovee Donnar / Thor; e fra Veneree Freya. Non è impossibile che vi sia quest'ultima dietro il culto di Iside che Tacito attribuisce a una parte dei Seubi (Germania 9:1); si spiegherebbe così la sua importanza presso i longobardi, che provengono anch'essi dalla stirpe Seuba". (H. Wolfram, "I Germani", Il Mulino, Bologna, 2005, pp. 64 - 65). Per l'importanza del culto di Freya per i longobardi si pensi a solo titolo di esempio a Paolo Diacono (Storia dei Longobardi: I,8)


QUESTIONI DI GRAMMATICA (26 gennaio 2006)

L'AVVERBIO "VIA"
"Come il tedesco weg (ich schicke ihn weg) deriva da un più antico enwec 'nella via'. così anche per l'italiano 'lo mando via' (vado via, buttar via, portar via) si può presumere un precedente in viam; a meno di supporre che si tratti di un calco sul tedesco o germanico un'importazione romanza dal germanico. Quest'utlima ipotesi sarebbe avvalorata dal fatto che l'avverbio 'via' è usato soltanto nell'Italia Centro Settentrionale, mentre è ignoto nel meridione" (G. Rohlfs, "Grammatica Storica delle lingua italiana e dei suoi dialetti - Sintassi, § 916, Einaudi, Torino, 1986, p. 262)

AVVRBI FUNZIONALI DI COMPONENTI VERBALI
"L'uso di avverbi a completamento del verbo non è raro nel toscano: per esempio tirar su (questo capriolo l'abbiamo tirato su noi), dar fuori (un libro), lasciar fuori, venir su, andar giù, dare indietro, mandare indietro, correre appresso, cacciar fuori, girare intorno. Nei dialetti settentrionali è ancor più usato che in Toscano... Tale modo di esprimersi rilieva chiaramente influssi germanici" (Ibid. p. 263 § 918)

UN AVVERBIO FRANCESE E L'AREA CARLO MAGNO
Circa l'Area Carlo Magno già trattata è da evidenziare anche i numerosi calchi e prestiti sintattici dal francese che si estendono non oltre la Toscana od aree limitrofe. E' questo il caso dell'avverbio "volentieri" che è importato dal francese e a sud dell'Umbria è sconosciuto o non popolare (Ibid. p. 286 § 950). Da osservare come nel Mezzogiorno d'Italia siano presenti numerosi calchi e prestiti sintattici di tipo greco (vedi gli studi del Rohlfs) segno che nel Meridione stesso si è creata una area linguistica di influenza bizantina analoga alla germanica del Nord e Centro Nord Italia.

UN GUARI CHE NECESSITA DI APPROFONDIMENTO
Da verificare se ancora non possa essere in uso da qualcuno il tipo "guari": "L'italiano antico [per molto] usava guari, guaire, gueri, guero (germanico waigaro)" ( Ibid. § 950, p.  289)

IERE, IERO: UN SUFFISSO GERMANICO?
"-iere, -iero. Sull'origine di questo suffisso ha regnato a lungo una grande incertezza. Ancora di recente si è tentato di metterlo in relazione col suffisso germanico -ari (-hari), che sarebbe poi divenuto -eri per metafonia; cfr. Betoni, cfr. anche Gamillscheg... Mayer Lubke suppose l'origine francese di -iere" (Ibid. p. 431 §1113)

SUFFISSAZIONE -ETTO, -ATTO, -OTTO
Per questa discussa suffissazione il Gamillscheg ha proposto l'origine germanica (cfr Ibid. p. 452 §  1141)

L'INFINITO STORICO (DESCRITTIVO) SENZA PREPOSIZIONI
Non è chiaro quale sia la sua reale diffusone nella penisola italiana. Pare comunque poco popolare.
L'argomento necessita di un approfondimento per Rohlfs non trattasi di continuazione del latino classico (Caesar aeduos saepe admonere), ma sviluppo indipendente. E' tuttavia lo stesso Rohlfs ad evidenziare la "presenza d'un siffatto infinito nelle lingue germaniche (cfr. nel tedesco popolare 'er da hoeren und auf und davon laufen')" che mostra come "tale espressione può dunque benissimo essere nata indipendentemente da modelli latini" (Ibid. p. 90 § 709). E' possibile allora anche ipotizzare, facendo un passo in più rispetto al Rohlfs, che questa forma di infinito (poco popolare) sia non uno sviluppo autonomo avvenuto nella penisola italiana, ma un vero e proprio prestito dalle lingue germaniche.




I MITI DELLA CHIOCCIA (26 marzo 2006)

Nella pagina principale dedicata ai longobardismi abbiamo già visto la leggenda sambucana (ricordata anche da Guccini) del tesoro della Regina Selvaggia composto da una chioccia e da pulcini d'oro, abbiamo anche visto che questa tradizione deve essere collegata al tesoro della regina logobarda Teodolinda. Non troppo lontano dall'Alto Reno abbiamo ritrovato un'altra leggenda con diversi punti di contatto...

Nel territorio di Montese si narra che in una località chiamata Chiesaccia di Salto, nelle notti di pleniluna, compare una chioccia d'oro con i suoi pulcini.

Sarebbe utile sapere l'esatta diffusione della leggenda nel territorio nazionale; argomento da approfondire.


ISCRIZIONI RUNICHE IN ITALIA (30 maggio 2006)

Nel nostro articolo principale abbiamo affrontato il tema delle rune in Italia e, affrontando questo tema, abbiamo constatato che i casi di rune nel territorio italiano sono pressoché inesistenti con la sola eccezione di due brevi iscrizioni nelle catacombe romane e di alcune iscrizioni nel Santurio di San Michele sul Gargano. A tal proposito una recente e mail ci segnalava in Italia la presenza di altre iscrizioni runiche in alcuni musei. Relativamente a questa segnalazione ringraziamo il gentile interlocutore ricordando noi stessi, a titolo di esempio, la presenza nel Museo del Bargello di Firenze di alcuni oggetti contenenti iscrizioni runiche. Queste iscrizioni runiche tuttavia non hanno nulla a che vedere con l'Italia e la sua storia; si tratta semplicemente di acquisti da paesi lontani (ad esempio, rimanendo al Museo del Bargello, l'iscrizione runica su uno splendido olifante in corno di tricheco (sec. XIII) proveniente dalla Norvegia non è utile per la storia della germanistica in Italia, ma solo per la storia della runologia norvegese. Allo stesso modo l'iscrizione runica anglosassone su un pregevole manufatto in osso (cofanetto 'Franks' dalla Northumbria), sempre al Bargello, risalente al VI - VII secolo d.c. sarà utile ai soli studiosi di runologia, ma nulla c'entra con l'Italia).


UNA MUMMIA ANCHE A GAGGIO (25 giugno 2006) Nella pagina principale dedicata a questa ricerca sui longobardismi e i germanismi nell'Alto Reno e nel Pistoiese abbiamo affrontato il tema delle mummie (ovvero i mascheroni di pietra). Scorrendo il numero 52 di Nueter (dicembre 2000) ci siamo imbattuti a pagina 301 in una fotografia di una "mummia" anche a Gaggio Montano. Si tratat di una interessante scoperta (sarebbe necessaria uno studio approfondito sul tutto il territorio di nostro interesse e, in particolare, in Alto Reno e nell'Appennino pistoiese)


(22/07/2006)LA TALPA DI POSOLA (FRAZIONE DI SAMBUCA PISTOIESE)

Nell'ambito delle nostre ricerche sui dialetti dell'Alta Val del Reno abbiamo in data odierna provveduto a una ricognizione sul dialetto di Posola e abbiamo scoperto che la talpa a Posola è detta "ruffola". Il termine è piuttosto interessante perché può riportarci alla nostra ricerca sul lessico "germanico" nella nostra area di interesse. Infatti avevamo già incontrato termini simili:

"ruffolare = mescolare. Da grufolare a sua volta derivato dal composto latino grunnire + longobardo grifan (prendere). E' da osservare come già il Pianigiani avesse collegato il termine "grufolare" alla radice di grifan che in provenzale (come peraltro in longobardo) significa afferrare, prendere E' possibile anche l'intrusione dei vocaboli grifo (muso del maiale) e arruffare (vedi alla voce)

rufolare = frugare, rovistare. Vedi alla voce ruffolare" p>


ANCORA SUL COLLEGAMENTO TRA ISIDE, FREYA E LA MADONNA (06/08/2006)

Il 16 gennaio 2006 abbiamo scritto delle osservazioni sul contributo longobardo (e germanico) al culto mariano nella penisola italiana indicando un collegamento diretto tra Freya (divinità germanica), Iside e la Vergine Maria (vedi sopra). Girando in rete abbiamo trovato le basi per un ulteriore collegamento tra queste tre divinità (e quindi un collegamento ulteriore con il contributo longobardo o germanico al culto mariano in Italia). L'elemento che unisce queste tre divinità è rappresentato dal gatto:

E' notorio che il gatto sia animale sacro alla dea Egizia Bastet, ma sembra che questo felino fosse sacro anche a Iside:

Il gatto era associato, tra l'altro, al culto di Iside, la dea che aveva il
proprio regno nella notte
http://www.idag.it/Cultura/Miti.php

Inoltre il gatto era sacro al Sole e a Osiride mentre la sua controparte
femminile era sacra alla Luna e a Iside.
http://www.concertodisogni.com/mp/tc.asp?TOPIC_ID=9708&FORUM_ID=26&CaT_ID=4&Forum_Title=13+MetaMagica&Topic_Title=Il+gatto+nero+%3A+femminilit%E0+per+eccellenza%2E

E' peraltro del tutto noto che, secondo la mitologia nordica, la dea Freya viaggiasse su un carro trainato da
gatti volanti
http://www.idag.it/Cultura/Miti.php

E ancora:

"Frey e la sorella Freya dei della fertilità. La seconda è la principale
divinità femminile, signora della magia e dea dell'amore, della fecondità e
della lussuria.
Sicuramente Freya è il retaggio di culti ben più antichi legati appunto alla
terra e ai boschi. Ad essa sono associati animali come la capra e il
cinghiale, animali dominatori delle foreste e dunque simbolo delle divinità
arboree e naturali come, successivamente, Osiride e Dioniso.
Freya è associata anche al gatto, animale già sacro in Egitto;"
http://spazioinwind.libero.it/shanna/fantasy3.htm

Ma anche alla Madonna la tradizione popolare e la tradizione colta hanno associato il gatto:

PITTURA:

Leonardo da Vinci predispose degli studi preparatori per la realizzazione di
una "Madonna del Gatto" che raffigura la Vergine che abbraccia Gesù bambino
che abbraccia sua volta un gatto (un quadro dal titolo "La Madonna del
Gatto" è anche a Vigevano, a Petralia Soprana (Sicilia) una tavola dal
titolo "La Madonna del Gatto" è opera dell'artista rinascimentale piemontese
Giovanni Martino Spanzotti e poi ancora Federico Barocci)

TRADIZIONE POPOLARE

"Uccidere un gatto soriano, specie se grigio e tigrato, è un atto sacrilego e di cattivo auspicio, dato che la tradizione narra che di questa razza fosse il gatto della Madonna a Nazareth. La prova, si dice, è la "M" scura che portano sulla fronte."
http://www.regione.emilia-romagna.it/agricoltura/pubblicazioni/bestiario/gatto.htm



(01 giugno 2007) ANTROTOPONIMI GERMANICI NEL PISTOIESE

Catolfi e Bracchi menzionati in una cartina pubblicata a pagina 21 del Dullettino Storico Pistoiese Anno CVIII - terza serie XLI (2006)

Per Catolfi è possibile ipotizzare la presenza di "wulfaz" (lupo) visti i nomi Adolfo o i longobardi Aolfo, Astolfo, ecc. (cfr. pp. 199 e 200 di N. FRANCOVICH ONESTI, "Vestigia longobarde in Italia", Artemide Edizioni, Roma, 200)

Per Bracchi si può pensare, stando alla lezione del Devoto (Avviamento alla etimologia italiana) al franco brak (cane da caccia).