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ALTO RENO TOSCANO (http://groups.msn.com/ALTORENOTOSCANO)

IL DIALETTO DELLA VALLE DEL RANDARAGNA

(Comune di Granaglione)

"St'anno l'è anada bóna da castagne e ... s' pól tor móje" (AA.VV, "Il mondo di Granaglione, Bologna, 1977)

La Valle, posta fra le frazioni di Granaglione e Biagioni e dirimpettaia delle frazione sambucana di Campeda, è composta dagli abitati di Molino del Pallone, Casa Boni, Boschi, Sambucedro, Casa Forlai, Casa Calistri, Casa Roversi, Poggio, Nibbio, Randaragna, Casa Nasci, Case Evangelisti, Case Lazzeroni. Secondo le statistiche raccolte da Augusto Bragalli per conto del Gruppo di Studi Alta Val del Reno - Nueter, il numero complessivo di residenti nella località è, al 10 agosto 2000, pari a 300 persone di cui 123 a Molino del Pallone.

Allo stato attuale non esiste nessuno studio dedicato al dialetto parlato localmente, l'unica ricognizione a carattere sommariamente linguistico risulta essere il "Dizionario Toponomastico del Comune di Granaglione" pubblicato dal Gruppo di Studi Alta Val del Reno - Nueter (Porretta Terme, 2001). Altre, sia pur sommarie e dispersive, informazioni sulla parlata locale possono essere reperite nel poderoso libro di Don Fumagalli e Pier Angelo Ciucci sulla Valle del Randaragna (P.A. CIUCCI - D. FUMAGALLI, "Una valle da scoprire. Valle del Randaragna dell'Alta Val del Reno", Scuola Grafica Salesiana, Bologna 1981).

In ogni caso riteniamo che le informazioni contenute nel Dizionario Toponomastico del Comune di Granaglione siano sufficienti a indicarci alcune, sia pur sommarie, indicazioni sul dialetto locale:

1) Lenizione:

La prima, più evidente, caratteristica della parlata della Valle del Randaragna è la presenza della cosiddetta "lenzione", ovvero la sonorizzazione di - s - intervocalica e delle consonanti intervocaliche occlusive con esito p > v, t > d, k > g (es: dido anziché dito, figo, anziché figo, etc.).

2) Degeminazione (o degimazione) consonantica

Questo accadimento linguistico, detto anche "scempiamento consonantico", può considerarsi un episodio della lenizione, trattandosi di quel ben noto fenomeno per cui tutti i dialetti settentrionali tendono a ridurre a consonanti brevi (o semplici) le consonanti occlusive che nei dialetti toscani sono rafforzate (es: becco, cappa) o allungate (es: bello). Per cui a fronte dell'italiano gallina avremo il locale "galina". La degeminazione consonantica, per influsso della confinante Toscana, tuttavia viene applicata solo in parte per cui, diversamente da quanto avviene dal settentrione, le consonanti doppie cadono solo nel caso in cui la parola abbia più di due sillabe con la doppia consonante che precede la vocale accentata (per cui, ad esempio, avremo "pignatini" anziché un più toscano "pignattini", ma anche "gallo" al posto di un più emiliano "galo").

3) Degeminazione vocalica

In perfetta opposizione alla degimazione consonantica il dialetto della Valle del Randaragna, come tutti i dialetti dell'Alto Reno (porrettano incluso), non presenta il fenomeno delle vocali lunghe che in bolognese, al contrario, assurge all'importante ruolo di carattere distintivo delle parole (cfr. in bolognese "ragn" (regno) e "raagn" (ragno)). Queste caratteristica del dialetto del dialetto locale è propriamente dei dialetti centromeridionali della penisola italiana (toscano compreso).

4) Vocali a fine parola

Un'altra caratteristica addebitabile al sistema linguistico della Toscana è la presenza del vocalismo a fine parola di "e" e di "o" che, al contrario, i dialetti settentrionali tendono sistematicamente ad eliminare. Nel caso, tuttavia, delle parlate della Valle del Randaragna questo fenomeno viene a cadere quando la "e" e la "o" finali sono precedute da -n.

5) Sviluppo dei nessi latini cl e gl

Nella parlata locale, come nei vernacoli toscani ed in italiano, i nessi latini cl e gl vengono sviluppati attraverso il meccanismo di palatizzazione di "l", dando così al nesso la caratteristica forma "chi" o "ghi". Nei dialetti settentrionali, al contrario, i nessi si conservano inalterati (ad esempio nel friulano) oppure spingono la palatizzazione ben oltre le condizioni toscane, estendendosi anche alla prima consonante: al posto del ponteventurinese "occhio" avremo, così, il bolognese "oc'". In conclusione precisiamo, altresì, che la risoluzione gh del nesso latino gl prevede alcuni casi estremi di un grado J (ovvero una "i semiconsonantica" assimilabile al siciliano "jardinu") che risulta peculiare, oltre che ai dialetti altorenani (vedi anche l'antico lizzanese e badese Jesa per ghiesa (e cioè chiesa) oltre che al locale Jotta per ghiotta)), anche ai dialetti corsi e ad alcuni dialetti centromeridionali italiani (Lazio settentrionale, Umbria meridionale, Abruzzo settentrionale).

6) Fricativa prepalatale sonora

Si tratta di un suono molto particolare, ed affine alla "j" del francese "jardin", che compare quando ce, ci, ge, gi non iniziali vengono mutati in sibilanti. Avremo così "paje" anziché pace e "bajio" anziché "bacio".

Molto probabilmente la fricativa prepalatale sonora presente nella Valle del Randaragna, e in buona parte dell'Alto Reno, è da interpretarsi come una evoluzione, in chiave settentrionale, di due esiti fonetici toscani: la particolare pronuncia di "g" in parole come il toscano "stagione" (quasi "stasgione") e la presenza del gruppo "sc" (fricativa prepalatale sorda) in parole come il toscano "fascioli" (cfr. G. ROHLFS, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti - Fonetica", Einaudi, Torino, 1999, pp. 283 - 284 e G. BERTONI, "Italia dialettale", Cisalpino Goliardica, Milano, 1986, p. 127).

7) Fricativa prepalatale sorda

Si tratta del gruppo consonantico sc proprio dell'italiano scena. La fricativa prepalatale sorda, che rintracciamo ad esempio nei toponimi "Fracascio" e "Pisciarona", è del tutto sconosciuta in terra emiliana e, anzi, lo stesso Rohlfs la riconosce come fenomeno tipico della lingua toscana.

8) Assenza di metafonia

Come tutti i dialetti altorenani anche le parlate della Valle del Randaragna non presentano la metafonia. Anche questa caratteristica linguistica accumuna le parlate locale al toscano dato che solo i dialetti di tipo toscano non presentano la metafonesi.

9) Uso del plurale maschile -i

Nella parlata locale i plurali maschili vengono resi con -i a fine parola (es:occhi, ceji). Tale caratteristica che lo accumuna ai dialetti toscani è discordante dai dialetti settentrionali (che usano a tale scopo la forma -s a fine parola, ovvero la metafonia) ed perfettamente concordante con il sistema linguistico della cosiddetta Romània Orientale (toscano, dialetti centro-meridionali, rumeno, dalmata, parlate istro - rumene, megleno - rumene, arumene).

10) Presenza di metaplasmi

Normalmente i dialetti di frizione tra nord e centro Italia presentano casi di metaplasmo. Anche la parlata locale non risulta fare eccezione come dimostra il caso di "grando" per "grande".

11) Troncamento di -ato, - eto, -ito

Come i dialetti di tipo emiliano le parlate locali possono presentare l'apocope delle forme in -ato, -eto, ito (es: Brujà che convive con Brujada).

12) Uso degli articoli emiliani

Come tutti i dialetti locali (es: ponteventurinese, pavanese) anche le parlate della Valle del Randaragna fanno uso dei tipici articoli emiliani (el, al).

Altre informazioni possono, invece, essere apprese indirettamente controllando la situazione dei dialetti vicini:

A titolo di esempio:

Negazione: la negazione è presumibilmente del tipo semplice dato che la stessa la ritroviamo sia a Ponte della Venturina (la frazione più settentrionale del Comune di Granaglione) e nelle vicine Campeda e Lagacci.

E' da ricordare che il fenomeno della negazione semplice è un caso tipico del sistema italo - romanzo contrapposto alla negazione ridondante di tipo gallo - italico tipico dei dialetti emiliani.

Uso della prima persona singolare: si tratterà sicuramente di "i" (es: "i giogo" per "io gioco") dato che la stessa forma la rintracciamo in tutte le località vicine (Campeda, Lagacci, Biagioni, Ponte della Venturina, Pavana). E' da ricordare che la forma "i" è propria dell'antico toscano.

Lambdacismo: poiché tutti i dialetti limitrofi presentano il fenomeno del lambdacismo (ramallo) è del tutto logico aspettarselo anche nella Valle del Randaragna. Anche il lambdacismo è un fenomeno dei dialetti pistoiesi sconosciuto in altre località dell'Emilia.

Raddoppio di m intevocalica: trattandosi di un fenomeno comune a tutti i dialetti locali nonché allo stesso pistoiese e al bolognese è del tutto logico aspettarselo anche nelle parlate della Valle del Randaragna (es: fiumme, lumme ovunque diffusi).

Tendenza alla non dittongazione: trattandosi di un fenomeno comune a tutti i dialetti locali ed esteso, perfino, all'antico pracchiese (Comune di Pistoia) è del tutto logico aspettarselo anche nella Valle del Randaragna. Pertanto la parola "miele" verrà pronunciata alla settentrionale ovvero "méle" con e chiusa.

Si riportano di seguito una piccolo canto carnevalesco e una serie di toponimi locali:

Canto

"Carnoval

Carnoval era un bon omo

e sa moiie era 'na Jotta.

Carnoval al beve un ove

e la moiie an beve due

Carnoval non te n'e andare,

che ti compro una pelliccia

con tre sacchi di salsiccia.

Ti potresti accontentare!

Carnoval non te n'andare"

(in P.A. Ciucci - D. Fumagalli, Op. cit., p. 94)

Toponimi

1) Bocagnolo (italiano Boccagnolo)

2) Aia d mezzo (italiano Aia di mezzo)

3) Fracascio - dove il gruppo sc va letto come nell'italiano scimmia

4) Acqua dla Fontanina (italiano Acqua della Fontanina)

5) In tla Bora

6) Botaio (italiano Bottaio)

7) Bublotto (italiano Bubbolotto)

8) La Buga (italiano La Buca)

9) El Bughe (italiano Le Buche)

10) Cà d Gora (italiano Casa di Gora)

11) al Campo di Occhi (il Campo degli Occhi)

12) Campo Grando (Campo Grande)

13) Cà di Burchio (Casa di Burchio)

14) Cà di Gabujo - dove "j" va letta come in francese

15) Cà di Nasci

16) Cason dla Castlina

17) Cason Figo

18) Cason Fiore

19) I Boschi

20) Majredo - dove "j" va letta come in francese (Macereto)

21) Mulino brujado o Mulin Brujà - dove "j" va letta come in francese

22) Fosso Grando

UN ESEMPIO DIALETTALE

Da Nueter n. 58 dicembre 2003 p. 351

"Ma lì non za, che quand'unno al more, ze non l'è pentido, al va all'infernoe! Ac' volle la confezzione, al viatico, all'eztremma unzionne...".

Da osservare nell'esempio la presenza del cosiddetto fenomeno di "rianalisi" per cui le S vengono considerate come Z