LA LINEA LINGUISTICA ROMA - ANCONA COME CONFINE TRA LA ROMANIA GERMANICA E LA ROMANIA MEDITTERANEA

E' noto che, sia pure con un certo grado di approsimazione, la linea linguistica Roma - Ancona corrisponde al corridoio bizantino che impedì ai longobardi di realizzare l'unità del Regnum  Italiae. Altrettanto evidente appare che il successivo controllo pontificio di queste regioni trasformò il vecchio corridoio bizantino in un secolare sbarramento fra il nord e il sud della penisola italiana, rendendo irrecuperabile il divario già esistente per motivi di carattere geografico, climatico e di popolamento.
Secondo lo storico pistoiese Natale Rauty le regioni centro - setterntrionali italiane, "rimasero collegate all'Europa di Carlo Magno" ed ebbero in quel nuovo contesto un ruolo determinante con il nome improprio  di regnum Italiae; mentre il sud della penisola, con il ducato di Benevento e con le residue zone ancora soggette a Bisanzio, fece parte del mondo mediterraneo, nel quale, fin dal VII secolo era iniziata l'irreversibile avanzata degli Arabi. Ciasuna delle due parti d'Italia avrà così, per secoli, una storia diversa" (N: RAUTY, "Il Regno Longobardo e Pistoia", Società Pistoiese di Storia patria, Pistoia, 2005, p. 296).

Da un punto di vista linguistico il corridoio bizantino - pontificio determinerà invece la creazione a nord di una "Romania Germanica" e a sud del corridoio stesso una "Romania Meditteranea"  con forti influssi latini arcaici ed ellenici.

Per quanto riguarda le caratteristiche linguistiche della "Romania Germanica"  rimandiamo al paragrafo dedicato alla "fonetica, morfologia e sintassi" della pagina principale di questo studio mentre qui verranno elencate alcune caratteristiche di questa "Romania Meditteranea" di matrice greco - latina.

In breve sintesi a sud della Linea Roma - Ancona (con una diffusione più o meno ampia ma comunque sempre comprendente l'intero mezzogiorno d'Italia dalla Campania, agli Abruzzi, dalla Calabria alla Sicilia, alla Puglia e alla Basilicata) troviamo:

1) la presenza di vecchi latinismi scomparsi al nord e in Toscana come frate (fratello),  soru (sorella), agno (agnello), imu (andiamo), avemo (abbiamo);
2) la sopravvivenza di alcuni elementi della quarta declinazione latina (es: 'la manu' con plurale 'le manu');
3) la sopravvivenza di antichi avverbi come cras (> crai) e nudiustertius (> nustierzu);
4) la sopravvivenza del netro latino nei sostantivi che esprimono una sostanza, riconoscibile nella forma speciale dell'articolo illud, il quale produce geminazione della consonante iniziale (lo llatte, lo mmèle, lo ssale);
5) l'assenza dell'avverbio -mente (es: il calabrese "sugnu veru malatu" per "sono veramente malato");
6) l'assenza degli avverbi male e bene;
7) la sopravvivenza di una arcaica forma del condizionale (avera > io avrei, cantera > io canterei);
8) l'assenza di termini di tipo germanico presenti nel Nord e in Toscana (ad esempio al posto dei termini di origine gotica tasso, rocca e lesina troviamo i latinismi melogna, canocchia e subula mentre il longobardo "spanna" non si estende al di là della Toscana e della Romagna);
9) la presenza di grecismi come caccavu (caldaia di pastori), camba (bruco), zimmaru (maschio della pecora), tuttu'malu (euforbia);
10) uso molto frequente del passato remoto (in molte regioni settentrionali il passato remoto è disusato ed è relativamente poco usato nelle altre regioni settentrionali ed in Toscana) in luogo del passato prossimo; situazione quest'ultima giustidficabile solo ricorrendo ad influssi greci dato che l'aoristo del greco non consente di distinguere due passati a seconda della maggiore o minore recezionità di un fatto accaduto;
11) assenza del futuro sintetico tipico dell'Italia centro - settentrionale e sua sostituzione con il presente (es: il calabrese "l'annu chi vene jamu alla Sila" anziché "l'anno prossimo andremo alla Sila");
12) uso, in luogo del congiuntivo presente ed accanto all'indicativo presente, del congiuntivo imperfetto. Questa situazione, probabilmente, può essere riportata ad influssi greci dato che, nel greco volgare, congiuntivo e indicativo presente si sono confusi e il congiuntivo, quando non si possa rinunciare a tale espressione modalem suole esprimersi attraverso il congiuntivo aoristo;
13) uso della suffissazione di origine greca come -uni / -onia (cfr. § 1069, vol III della "Grammatica Storica della lingua italiana e dei suoi dialetti" di Rohlfs);
14) sopravvivenza di nessi latini, altrove mutati, come cr e tr (cfr. paragrafo 357 di P.E. GUARNERIO, "Fonologia Romanza", Cisalpino Goliardica, Milano, 1978)

Da osservare, peraltro, come le aree che furono per maggior tempo più soggette al dominio bizantino mostrano un numero considerevole di grecismi con esiti importanti anche sul piano fonetico e, addirittura, la presenza di colonie di lingua greca in alcune aree della Puglia e della Calabria.

Da un punto di vista storico è importante rilevare come l'intera storia politica, linguistica, economica e sociale dell'Italia sarebbe stata totalmente diversa se  il Re ed Imperatore Carlo Magno avesse  rispettato l'impegno  stipulato dal suo predecessore a  Queirzy nel  754  (e confermato da lui stesso nel 774 a  Roma) che concedeva al Pontefice la Corsica, la Toscana, gran parte dell'Emilia e, in generale, tutti i territori a sud della linea che da Luni, passando per Parma, Reggio e Mantova, arrivava  a Monselice  presso  Padova, comprendendo anche l'Istria e i ducati di Spoleto e Benevento. Se Carlo Magno avesse rispettato l'impegno preso dal suo predecessore (e da lui stesso), l'estensione della "Romania Germanica" avrebbe compreso solo una piccola porzione del Nord Italia e la linea Roma - Ancona (così come la conosciamo) non sarebbe mai esistita.



LA LINEA ROMA - ANCONA E LA DEGEMINAZIONE DI RR

Abbiamo visto come a sud della Linea Ancona - Roma  sopravviva  una latinità marcatamente segnata da influssi arcaici ed ellenici mentre a nord di questa linea linguistica sia presente un mondo più marcatamente segnato da eventi linguistici di derivazione germanica o carolingia (divisione che ci ha permesso di parlare di una vera e propria "Romània Germanica" contrapposta ad una "Romània Meditterranea"). Anche nel caso della geminata -rr- sarà possibile osservare come, con un certo grado di approssimazione, la linea Roma - Ancona costituisce lo spartiacque tra queste due Romànie.

Per inizare cercheremo di descrivere il fenomeno. Servirà anzitutto ricordare che, conformemente a quanto avviene nelle altre lingue del dominio conosciuto come "Romània Occidentale" (francese, spagnolo, portoghese, occitano, francoprovenzale) i dialetti settentrionali della penisola italiana possiedono la tendenza a semplificare le consonanti geminate presenti nella lingua latina (e nella lingua nazionale italiana) per cui abbiamo spala, gata, bela in luogo di spalla, gatta e bella.

Tale fenomeno scompare a sud della  linea linguistica "La Spezia - Rimini" (dove infatti abbiamo gatta, spalla, bella) con l'eccezione della geminata -rr- che continua ad essere semplificata nei dialetti dell'Italia Centrale dove troviamo fero, tera, caro invece di ferro, terra, carro. Detto fenomeno s'interrompe, con un qualche grado di approssimazione, in corrispondenza della linea Roma - Ancona dove la geminata -rr- viene costantemente mantenuta.

Questa situazione particolare ha sempre lasciato perplessi gli studiosi di linguistica, ad esempio il celbre Gerhard Rohlfs che scrisse al paragrafo 238 della sua "Grammatica Storica della lingua Italiana e dei suoi dialetti":

"Conformemente alle generali caratteristiche dello sviluppo fonetico settentrionale, in tutta l'Italia settentrionale 'rr' subisce la degeminazione in 'r' (tera, guera, venez. tore). Ma è molto singolare che un tale fenomeno si osservi anche in ampie zone della Toscana, dove s'incontra con particolare  insistenza verso la periferia nord - occidentale (Lunigiana, Garfagnana, Versilia) - per esempio caro 'carro', fero, tera, tora 'torre', guera, cero - e in epoca anteriore anche nel pisano (tera, tore, soccorere) dalla  qual cosa si potrebbe concludere che si tratta di un influsso proveniente dall'Italia settentrionale. Ma la degeminazione s'incontra anche in altre zone della Toscana - per esempio a oriente di Firenze nel territorio del Mugello (Dicomano, Vicchio, San Godenzo), nel senese (a Radda in Chianti tera fero, caro), a sud di Livorno (a Castagneto Carducci e a Campiglia Marittima tera, buro, vero), all'Isola del'Elba - e poi ancora nelle Marche (Ancona, San Severino) e in Umbria (a Norcia tera) e quindi in misura ancora particolarmente forte ancora a Roma e nel Lazio meridionale (Nemi, Velletri, Subiaco, Veroli, Sonnino), infine a Rieti e a Tagliacozzo (poro, vere 'verro'); ed anche nella parte settentrionale della Corsica [la lingua Corsa è fortemente debitrice del toscano pisano d'età medioevale] si pronuncia 'r' semplice: per esempio karu 'carro', tera. La degeminazione in territori che si spingono così avanti verso sud (sino al confine con la Campania!) risulta tanto più strana in quanto le altre consonanti doppie non presentano affatto una simile tendenza, e inoltre si aggiunga che nelle altre lingue neolatine (spagnolo, portoghese) - dove si ha la semplificazione delle consonanti doppie - giusto la 'rr' si è dimostrata la più resistente a subire il processo di semplificazione. Per quello che riguarda l'Italia settentrionale  [si può presumere che la degeminazione di -rr- appartenga] ad un'epoca diversa da quella del fenomeno generale di degeminazione delle consonanti nell'Italia settentrionale, cioè ad un'epoca più recente"

Anche questo sconcertante evento linguistico, che esclude i dialetti meridionali della penisola italiana (coerentemente, sia pure con un certo grado di approssimazione, alla linea di demarcazione linguistica Roma - Ancona), ci pare riconducibile alla presenza di elite germanico - carolinge che adottarono - per moda - questo scempiamento (e ciò spiegherebbe anche la successiva apparizione della degeminazione di -rr- nella stessa Italia Settentrionale). Si tenga presente, in proposito, che è proprio in virtù di mode settentrionali adottate da "elite germaniche" se il toscano presenta, ad esempio, la dittongazione e la parziale sonorizzazione (si pensi a fuoco, pago, prato, spada, lupo, povero, casa, chieSa, noce, du(s)gento) di K, T, P, S (cfr. G. Rohlfs, "Studi e ricerche su lingua e dialetti d'Italia", Sansoni, Firenze, 1997, pp. 157 - 160 e part. pp. 159, 160)


In postilla ricordiamo che tutte le varianti dialettali della nostra area d'interesse (pistoiese ed Alto Reno) mostrano, ovviamente, la degeminazione di -rr-