UN CAPITELLO ALTOMEDIOEVALE NELLA
 CRIPTA DELLA CATTEDRALE DI PISTOIA
Per tornare alla pagina sui longobardismi e i germanismi nel pistoiese e nell'Alto Reno clicca qui

Il capitello (risalente all'VIII secolo) è quadrangolare; nella prima faccia  è rappresentata una croce, nel secondo due cervi che si abbeverano ad una coppa, nel terzo due tralci d'uva serpentinformi che nascono dalla stessa coppa (e che significativamente possono ricordare il tema di due serpenti che si abbeverano alla stessa coppa), nel quarto  due uccelli che si nutrono dei frutti di una pianta. La seconda, terza e quarta faccia del capitello possono essere considerati elementi  di una simbologia cristica:

"Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, Dio" (Salmo 42, 2)
"E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Giovanni 3, 14 -15)
"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo" (Giovanni 15, 1)

Gli animali rappresentati nel capitello indicano così i fedeli che si nutrono del corpo e del sangue di Cristo e, al tempo stesso, i fedeli che si nutrono e dissetano della dottrina della Chiesa (la coppa sarà il calice dell'eucarestia secondo la lezione di Marco 14, 23 - 24).

Ma al di là della simbologia cristica ed ecclesiologica il capitello mantiene le tracce di una più antica ritualità pagana dei Longobardi:

1) il cervo è un animale a valenza magico sacrale per i popoli germanici (e in verità non solo per i popoli germanici), significativamente associato col simbolismo del sole e della luce, come recita l'Edda: "da Sud vidi il cervo solare muovere - i suoi piedi stanno sulla terra - ma le corna raggiungono i cieli". (1)  Quanto alla coppa andrà ricordato che il longobardo "Scala" indica una coppa fatta con il cranio dei nemici uccisi secondo l'uso rituale germanico (P. DIACONO, "Storia dei Longobardi", I, 27);
2) il serpente è l'animale totemico per eccellenza dei Longobardi, oggetto di uno specifico culto come attesta la Vita Barbati Episcopi Beneventani (pare che il Duca Longobardo Romualdo adorasse un idolo d'oro a forma di vipera successivamente fatto fondere da Teuderada in un calice cristiano) ;
3) il culto arboreo è una caratteristica di tutti i popoli germanici (si pensi a Irminsul) a cui i Longobardi non fanno eccezione come prova l'episodio dell'albero sacro ("sacra arbor") citato nella Vita Barbati Episcopi Beneventani (soltanto sotto il "Rex christianus et catholicus" Liutprando verrrà disposto il divieto del culto arboreo). Anche la presenza degli uccelli (pur giustificabili in ambito cristiano come dimostra Matteo 6,26) può ricordare tradizioni longobarde e germaniche (le colombe che sormontano le pertiche, una particolare attenzione in generale per gli uccelli nella realtà cultuale germanica, la tradizione odinica vuole che lo stesso Wotan  fosse capace di trasformarsi in uccello).

Il capitello longobardo custodito nella cripta della Cattederale di Pistoia è quindi la testimonianza di un popolo che ancora nell'VIII secolo cercava di conciliare il linguaggio della sua tradizione mitica con la religione cattolica accolta, tutto sommato, in tempi ancora recenti

Vale la pena ricordare che nell'arte pistoiese medioevale (anche a distanza di secoli dalla caduta del Regno Longobardo) permarranno chiari segni della "cultura barbarica", e i segni di questa arte barbarica saranno visibili anche nel campo dei capitelli (cfr. F. Redi - A. Amendola, "Chiese Medioevali del Pistoiese", Amilcare Pizzi Editore, Milano, 1991, pp. 134 - 152).

per vedere la foto del capitello longobardo clicca qui


(1) sull'antico valore pagano dei cervi anche il seguente passo di Natale Rauty: "Nel primo periodo dell'insediamento in Italia, in queste piccole croci si trovano spesso figure zoomorfe, come draghi, cervi, aquile, animali fantastici dal corpo nastriforme, già presenti nelal tradizione pagana dei Longobardi con valore apotropaico, di magica protezione dal male" (N. RAUTY, "Il Regno longobardo e Pistoia", Società Pistoiese di Storia Patria, Pistoia, 2005, p. 149).