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Appendice

Questa appendice riporta (con l'aggiunta di una premessa sulle origini) il contenuto della seguente pagina web: http://www.melegnano.net/spie0006.htm

RIASSUNTO DELLE VICENDE STORICHE DEI LONGOBARDI

"Allo stesso modo mosse dall'isola chiamata Scania [l'attuale penisola scandinava] pure il popolo dei Winnili, cioè dei Longobardi, che poi regnò felicemente in Italia, e che trae origine dai popoli germanici... I popoli che la abitavano, moltiplicatisi al punto da non potere ormai più vivervi insieme, si divisero - si racconta - in tre parti e affidarono alla sorte la sceltadi quale di loro dovesse lasciare la patria e cercare nuovi sedi. Il gruppo così designato ad abbandonare la terra natale e ad andare in cerca di paesi stranieri, si sceglie due capi, Ibor e Aio, che erano fratelli, nel pieno della giovinezza e più degli altri valorosi, e si mette in cammino, dicendo addio alla propria gente, alla propria patria, per trovare delle terre dove poter vivere e stabilirsi. Era madre di questi capi Gambara, donna fra loro forte di ingegno e provvida nel consiglio, sulla cui saggezza essi facevano grande affidamento per le situazioni difficili"

E' con queste parole che Paolo Diacono, alla fine del VII secolo, ha descritto le origini del suo popolo: i Winnili (= combattenti) (1). La prima tappa della migrazione fu la Scoringia dove entrarono in conflitto coi Vandali. A proposito di questa lotta lo stesso Paolo Diacono scrive:

"Si mossero quindi i duchi dei Vandali, cioè Ambri ed Assi, con il loro esercito e dicevano ai Winnili: 'pagateci dei tributi o preparatevi alla battaglia e battetevi con noi'. Risposero allora i condottieri dei Winnili Ibor e Aio con la loro madre Gambara: 'Per noi è meglio prepararci alla battaglia piuttosto che pagare dei tributi ai Vandali'. Allora Ambri e Assi, cioè i duchi dei Vandali, pregarono Wotan (=Odino) perché concedesse loro la vittoria sui Winnili. Wotan rispose loro dicendo: 'A quelli che vedrò per primi al sorgere del sole, a costoro concederò la vittoria'. In quel tempo medesimo, Gambara con i suoi figli, Ibor e Aio, che comandavano sui Winnili, pregarono Frea, moglie di Wotan, perché fosse propizia ai Winnili. Allora Frea consigliò che i Winnili venissero al sorgere del sole e le loro mogli venissero con i propri mariti con i capelli sciolti intorno al volto, a somiglianza di unba barba. Quando il sole nascente si levò Frea, moglie di Wotan, girò il letto su cui giaceva suo marito e fece sì che il suo viso fosse rivolto verso Oriente e lo svegliò. E quello, guardando vide i Winnili e le loro mogli con i capelli sciolti attorno al volto e disse:'Chi sono quelle lunghe barbe?' E Frea disse a Wotan: 'Come hai dato loro un nome, dà loro anche la vittoria'. Ed egli diede loro la vittoria... Da quel tempo i Winnili sono chiamati Longobardi".

Le prime notizie storiche dei Longobardi risalgono, invece, a delle fonti romane risalenti agli anni attorno alla nascita di Cristo: l'anno 5 dopo Cristo l'Imperatore Tiberio si spinse dal Lippe fino all'Elba che, secondo il volere di Augusto, doveva diventare il confine dell'Impero ad Oriente. Sconfisse i Longobardi, che fuggirono sulla riva destra dell'Elba.

Successivamente lo storico Romano Tacito li ricorda con queste parole:

"Contra Longobardus paucitas nobilitat: plurimis ac valentissimis nationibus cincti non per obsequium, sed proeliis et periclitando tuti sunt"

ovvero:

"Al contrario, la nobiltà dei Longobardi dipende dal loro esiguo numero: circondati da numerose genti valorosissime, si tutelano non con la sottomissione, ma con aggressioni armate" (Tacito, Germania, XL, 1).

I Longobardi erano, così, un'antica popolazione germanica occidentale, stanziata originariamente nel basso corso dell'Elba, che verso l'inizio del sec. VI° si stabilirono in Pannonia. Alboino († Verona 28.6.572), che era succeduto nel 560 al re Audoino, dopo aver sconfitto i Gepidi (Antica popolazione di stirpe germanica orientale, originaria della regione della Vistola, protagonista di alcune incursioni nell'impero romano al tempo di Probo (sec. III). I Gepidi combatterono contro Attila e, dopo la sua morte, diedero vita in Dacia a una formazione statale. Stabilitisi poi (sec. V) in Pannonia) ed averli sottomessi sposò Rosmùnda (566) figlia di Cunimondo, re del popolo sconfitto. Nel 568-69 guidò i Longobardi, stanziati ormai in Pannonia come federato dell'impero bizantino, in Italia. Conquistò così il Veneto, dove istituì un ducato con centro a Cividale, che affidò al nipote Gisulfo ed invase la Lombardia; conquistata Milano (569), assediò Pavia che capitolò solo nel 571. Si insediò quindi a Verona, dove fu ucciso da una congiura ordita dalla moglie. Rosmunda congiurò contro il marito e lo fece avvelenare dallo scudiero Elmichi, rifugiandosi poi a Ravenna, sotto la protezione bizantina, dove morì a sua volta avvelenata da Elmichi. Secondo la tradizione tramandata da Paolo Diacono, e ripresa in varie opere letterarie (V. Alfieri, G. Prati), avrebbe ucciso Alboino perché costretta da lui a bere nel teschio del padre. I longobardi occuparono Lombardia, Emilia, Toscana, Umbria (ducato di Spoleto), Campania (ducato di Benevento), mentre il resto d'Italia rimaneva sotto la giurisdizione dell'impero bizantino. Politicamente il loro regno fu costituito da una serie di ducati, con sede nelle principali città, che eleggevano un re; questi risiedeva a Pavia e amministrava le proprie terre attraverso agenti (castaldi), che avevano anche la funzione di controllo sull'operato dei duchi. Col passare del tempo vi fu un processo di accentramento del potere nelle mani del re, che non giunse tuttavia a coinvolgere i due ducati di Spoleto e di Benevento, che rimasero di fatto indipendenti. Ad Alboino successe un breve periodo di interregno da parte dei Duchi (574-84), nel 584 divenne re dei longobardi Autari († Pavia 590) che nel 589 sposò Teodolinda(† 628) che era figlia del duca dei bavari, Garibaldo,. Autari resse il reame con una politica di pacificazione interna e di riorganizzazione amministrativa. Minacciato di invasione, riuscì a minare l'alleanza nemica tra franchi e bizantini (590), accordandosi con i franchi. Morto Autari a Pavia nel 590 il duca di Torino Agilulfo († Milano 616) nel 591 sposò la sua vedova Teodolinda e gli succedette al trono. Questi consolidò l’autorità reale sui duchi ribelli dell’Italia settentrionale, arrivando a conquistare Padova (601), Cremona e Mantova (603) e costrinse l'esarca bizantino ad accettare una tregua e a versargli un cospicuo tributo. Influenzato da Teodolinda, cattolica, favorì la diffusione del cattolicesimo nel suo popolo, inizialmente ariano, e mantenne una politica conciliante con papa Gregorio Magno. Teodolinda regnò sui longobardi fino al 625, quando le successe il figlio Adaloaldo. Teodolinda morì nel 628, le viene attribuita la decisione di edificare la basilica di S. Giovanni Battista, a Monza. Adaloaldo venne spodestato nel 626 da Arioaldo che aveva sposato Gundeberga, cattolica, figlia di Agilulfo e di Teodolinda dopo aver capeggiato la congiura che aveva raccolto quanti, di religione ariana, si opponevano al re. Morto Arioaldo nel 636 gli successe Ròtari († 652), duca di Brescia. Di religione ariana, sposò la vedova di Arioaldo Gundeberga, di fede cattolica. Fu un sovrano energico e autorevole, potenziò il potere centrale, reprimendo le velleità autonomistiche dei duchi. Estese i domini longobardi in Italia, conquistando la Liguria (643) e ampi territori veneti, quali il territorio di Oderzo, l’antica Opitergium. Viene ricordato soprattutto per il suo editto, promulgato a Pavia il 22/11/643, che si considera la prima stesura ufficiale di leggi longobarde. Rotari incaricò il notaio di corte Ansoaldo di ricercare presso gli anziani e i saggi le consuetudini e le usanze (cawarfida) dei Longobardi che fino ad allora venivano tramandate solo oralmente, e le raggruppò in 388 capitoli, strutturati in modo organico. Scritto in latino, l’Editto è quanto di più germanico si possa concepire, si occupa di crimini politici e militari, di reati contro le persone e le cose, si occupa di diritto familiare, processuale e obbligazioni varie, nonché dei privilegi reali. Gli articoli sono consoni alle caratteristiche di onestà e moralità delle popolazioni germaniche, scevre da falsi moralismi e non abituate come i Romani a disquisire del sesso degli angeli e a pavoneggiarsi per la forma espressiva, prescindendo magari dalla sostanza dei concetti espressi. Seguendo il principio della personalità della legge, l’Editto si rivolge ai soli Longobardi: i "Romani" continuino pure a seguire le loro leggi ed i loro costumi. A Rotari succede nel 652 suo figlio Rodoaldo, ancora molto giovane, la sua professione ariana scatena subito reazioni dalla fazione cattolico romana, ne scaturisce una congiura che, dopo appena 6 mesi di regno, conduce all’assassinio del re per mano di un sicario. Nel 653 viene posto sul trono Ariperto († 661), figlio di Gundoaldo, duca d’Asti e nipote di Teodolinda, alla sua morte avvenuta nel 661 il regno viene diviso tra i suoi due figli Pertarito, che pose la capitale del suo regno a Milano, e Godeperto che si stabilì a Pavia. Pertarito, nel 662 viene spodestato da Grimoàldo (Friuli 600 ca - Pavia 671), figlio di Gisulfo, duca del Friuli e duca di Benevento dal 647, che riuscì ad approfittare dell’antagonismo tra i due figli di Ariperto. Pertarito comunque riesce a fuggire e si rifugia presso gli Avari di lì poi scappa fino alla corte dei Franchi. Grimoaldo controllò tutti i possedimenti longobardi nella penisola, riconducendoli sotto il dominio della corona . Respinse gli attacchi dell'imperatore bizantino Clemente II, che tentava di riconquistare Benevento. Seppe opporsi ai Franchi, chiamati in aiuto da Pertarito e soffocò, con l'aiuto degli avari, la ribellione di Lupo in Friuli. Aggiunse nuove leggi all'editto di Rotari nel 668. Nel 671, alla morte di Grimoaldo, torna sul trono Pertarito che si fa paladino della politica di tolleranza e unione con i cattolici. Si scontra contro Alachi, Duca di Trento, ma non riesce a batterlo, quindi si associa al trono il figlio Cuniperto († 661), che diventa re nel 688. Cuniperto accentua la politica paterna filocattolica, schierandosi apertamente contro la fazione ariana; reprime la ribellione degli ariani capitanati da Alachi e da Austruo che aveva usurpato il ducato del Friuli. A Cuniperto succede il suo giovane figlio Liutperto, ma Ragimperto († 701), figlio di Godeberto, duca di Torino, gli si oppone, facendo valere i propri diritti ereditari e nel 700 occupa il trono longobardo. Ragimperto muore a Pavia nel 701 e a lui succede Ariperto II°, già Duca di Torino, associato al trono dal padre. Il suo regno fu terribile, perseguitò i rivali, torturandone e uccidendone anche mogli e figli, sconfitto da Ansprando, annegò nel Ticino nel 712, mentre tentava la fuga. Ansprando, Duca d’Asti, divenne prima tutore del giovane Re Liutperto, quindi divenne Re nel marzo del 712, dopo un brevissimo regno di soli 3 mesi gli succedette, sempre nel 712, suo figlio Liutpràndo († 744). Questi portò il regno longobardo in Italia al suo massimo splendore. Fuse il sistema giuridico romano, improntato alle norme della religione cristiana, con la tradizione longobarda; compose un'opera legislativa in 153 capitoli (713-35), come aggiornamento dell'editto di Rotari. Contenne le tendenze autonomistiche dei ducati longobardi di Spoleto e Benevento e, approfittando dei dissidi tra il papato e l'impero bizantino riguardo al culto delle immagini, occupò l'esarcato (726), la pentapoli e il ducato romano. Trovato un compromesso con papa Gregorio II, gli donò il castello di Sutri (728). Fu in buoni rapporti con Carlo Martello, che aiutò contro gli arabi (737-38). Dopo un nuovo periodo di scontri col papato, stipulò con papa Zaccaria i patti di Terni (742), che prevedevano una tregua ventennale. Astolfo (749-58) conquistò Ravenna, ma, sconfitto dal re dei franchi Pipino (754 e 756), fu costretto a lasciarla. Desidèrio († Corbie 774 ca) fu l’ultimo re dei longobardi. Duca di Tuscia, succedette ad Astolfo (756), ottenendo contro Rachis l'appoggio del papato. Nel 759 associò il figlio Adelchi al potere. Mantenne in un primo tempo buoni rapporti col papato e coi franchi, grazie anche alla mediazione di Bertrada, regina dei franchi, che fece sposare i due figli Carlo e Carlomanno con Ermengarda e Gerberga, figlie di Desiderio Ripresa una politica aggressiva nei confronti del papa, che sosteneva contro Desiderio i duchi di Spoleto e Benevento, invase lo stato della chiesa ed entrò a Roma (772), spingendo Adriano I° a chiedere aiuto a Carlo, che nel frattempo aveva ripudiato Ermengarda; questi sconfisse Desiderio a Susa e lo assediò a Pavia (774) mentre Adelchi veniva vinto a Verona. Arresosi, Desiderio abdicò in favore di Carlo Magno e fu tenuto prigioniero in un monastero in Francia dove morì. I territori del regno longobardo finirono sotto il dominio franco, sebbene con un'ampia autonomia, con l'esclusione del ducato di Benevento che, rimase a lungo indipendente e cadde infine sotto la dominazione normanna verso la fine dell’undicesimo secolo.

(1) "Per quanto se ne sa, il territorio originariamente abitato dai popoli germanici era limitato nei primi secoli a.C. alla Scandinavia meridionale (Svezia e Norvegia meridionali), all'attuale Danimarca (penisola dello Jutland e isole danese), e alla contigua pianura della Germania settentrionale. Che questa area, comunemente detta "la cerchia nordica", fosse stata la sede dei germani fin da un'epoca assai antica, lo dimostrerebbe anche il fatto che non pare vi sia traccia nei nomi di luogo di uno strato linguistico diverso da quello germanico... Possiamo quindi dire con una certa sicurezza che la "cerchia nordica" è la culla originaria dei popoli di lingua germanica, quei popoli che sono successivamente entrati nella storia gradualmente, a gruppi o a singole tribù, prima solo citati dagli autori classici, poi in grado essi stessi di lasciare loro dirette testimonianze scritte" (N. FRANCOVICH ONESTI, "Filologia germanica", Carocci, Roma, 2002, pp. 15 - 16). Anche nella "Storia dei Goti" di Jordanes è possibile leggere un passo simile a quello di Paolo Diacono: "L'immenso Oceano, più a settentrione, sotto le costellazioni dell'Orsa, rinserra infine l'ampia isola di Scansia su cui, con l'aiuto di Dio, converrà soffermarci perché è dalle sue remote profondità che il popolo [i Goti] di cui desideri conoscere l'origine, scaturiva come uno scime d'api dilagando poi sull'Europa" (JORDANES, "Storia dei Goti", Tea, Milano 1999, pp. 5 ss.). Sulle virtù ed i difetti dei popoli Germanici il giudizio di Giulio Cesare: "I Germani erano di grossa corporatura, di incredibile valore e destrezza nelle armi" (G. CESARE, "Bellum Gallicum", I, 39, 1), "Selvaggi e privi di ogni istruzione" (Ibid., VI, 10, 2), "fin da piccoli si dedicano con passione alla fatica e alle attività che temprano il corpo" (Ibid., VI, 21, 3).