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ALTO RENO TOSCANO (02.03.04)

LA GORGIA TOSCANA E L'IPOTESI ETRUSCA

Sulla gorgia toscana ormai il mondo accademico ha sposato, nella sua grande parte, l'ipotesi che si tratti di un evento in qualche modo correlato alla lenizione (detta anche sonorizzazione) settentrionale. Molti appassionati e qualche accademico, tuttavia, sono ancora legati alla "romantica" ipotesi che la gorgia toscana sia un lascito delle antiche popolazioni etrusche che abitarono in epoche passate la Toscana. Ultimamente tale teoria è stata ripresa in un discusso lavoro di Mario Alinei (professore emerito dell'Università di Utrecht). In questa opera (incentrata sulle somiglianze tra lingua etrusca e lingua magiara) il prof. Alinei sostiene che la gorgia toscana non è il risultato di un sostrato etrusco, ma di un superstrato etrusco.

Si riporta di seguito una breve corrispondenza con lo stesso professor Alinei.

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I NOSTRA LETTERA

Ho avuto occasione di sfogliare il suo lavoro sull'etrusco come protolingua ungherese (ammetto di averlo solo sfogliato). Nello sfogliare il libro mi sono imbattuto nelle pagine 272 e 273 dell'opera relative alla gorgia toscana che Ella attribuisce a un fenomeno di superstrato dovuto all'influenza dei ceti colti bilingue latini - etruschi. Se mi permette vorrei fare alcune obiezioni su qust'ultima teoria:

In primo luogo la gorgia toscana si presenta in P, T, K. Proprio come la sonorizzazione consonantica del Nord Italia:

P > Ph (gorgia) / P > V (sonorizzazione)

T > Theta (gorgia) / T > D (sonorizzazione)

K > h (gorgia) / K > G (sonorizzazione)

La gorgia toscana non si presenta in maniera omogenea in tutta la Toscana, ma si dispone per aree concentriche aventi un centro comune a Firenze. Guardacaso Firenze, secondo il giudizio del professor Giannelli dell'Università di Siena, nella sua preistoria linguistica (prima della deriva fonetica) risultava essere abbastanza isolata dal resto della Toscana e più legata di altre realtà al Nord Italia.

La gorgia toscana risulta essere particolarmente debole in P. Guardacaso la sonorizzazione in P risulta essere la prima a scomparire (in alcune località poste sulla Linea linguistica La Spezia - Rimini come Lagacci, San Pellegrino al Cassero, etc. la sonorizzazione si presenta regolarmente in T e in K, ma scompare in P (es: sdaccio, ma apa)).

Alcune realtà toscane prossime alla Linea La Spezia Rimini (es: Pracchia) presentano la gorgia toscana particolarmente indebolita, risultando simile alla pronuncia tedesca "CH" di machen o Bach.

Se percorre il Confine tra Toscana ed Emilia, partendo da Ponte della Venturina (Bologna) fino a Pracchia (Pistoia) troverà ad esempio:

figh (a Ponte della Venturina), figo (a Pavana Pistoiese, Campeda, Lagacci), fico (a Frassignoni), ficho a Pracchia e poi (subito a sud di questa località) fiho.

In area spoletina si trova un fenomeno di spirantizzazione consonantica simile alla gorgia toscana. Per tutta evidenza si dovrebbe trattare di un evento poligenetico che il prof. Giannelli così interpreta: "I fatti di Bagnone, Villafranca ecc. restano non spiegati fino in fondo, l'idea è che sia una alterativa alla sonorizzazione Notoriamente gli spoletini sostituiscono una pronuncia sorda spirante a una pronuncia sonora spirante".

Il Rohlfs rileva, correttamente, che "anche la gorgia toscana si concilia piuttosto male con l'antico dominio etrusco. La gorgia va assai oltre il fiume Arno (in Lucchesia e Versilia), antico confine etrusco,mentre manca del tutto fra il fiume Ombrone e il Tevere, centro principale delle grandi città etrusche". Lo stesso Rohlfs continua: "il confine meridionale è chiramente in movimento".

La gorgia toscana, peraltro, risulta essere fenomeno piuttosto recente dato che:

1) manca in Corsica (terra che fu pesantemente toscanizzata dai pisani come dimostrano innumerevoli studi tra i quali mi limiterò a citare G. Rohlfs, "Studi e ricerche su lingua e dialetti d'Italia", Sansoni Editori, Firenze, 1997, pp. 177 ss.).

2) secondo le ricerche di Rohlfs i primi documenti che testimoniano la gorgia toscana sono del XVI secolo.

Secondo me (per il mio modesto avviso) è improponibile, quindi, l'idea che la gorgia toscana provenga per superstrato (o sostrato come vuole il Merlo) dall'etrusco.

Le segnalo, altresì, che altri hanno spiegato la gorgia toscana come superstrato longobardo (per un certo grado di affinità fra CH tedesco e H della gorgia toscana, successivamente esteso a P e T per assonanza ai suoni sonorizzati provenienti dal nord italia), ma anche questa ipotesi superstratistica non è minimamente convincente (territori fortemente germanizzati nel medioevo e posti lungo la linea La Spezia - Rimini non presentano alcun fenomeno di gorgia toscana, ma solo la lenizione).

Cordiali saluti.

2/2/04


RISPOSTA PROF. ALINEI

8/02/04

Gentile collega,

La ringrazio del suo interesse per la mia tesi sulle origini della gorgia. Deduco, dalle sue obiezioni, che lei non conosce i miei due volumi sulle Origini delle lingue d’Europa (Mulino, Bologna, 1996, 2000), o i numerosi articoli che ho dedicato allo stesso problema, e nei quali ho illustrato i numerosi argomenti, linguistici e non, che mi hanno portato a proporre un nuovo modello (e una nuova cronologia) dello sviluppo linguistico, sia italiano che europeo e generale. Per quanto riguarda i mutamenti fonetici, in particolare, rifiuto categoricamente, come totalmente superata, la visione neogrammatica, basata sulla reificazione del linguaggio: le lingue non tendono a cambiare, ma al contrario a conservarsi, per una legge paragonabile a quella newtoniana dell’inerzia, come del resto ciascuno di noi, esperimenta nel corso della vita. Nel corso della mia, certamente molto più lunga della sua, non ho notato nessuna traccia di mutamenti fonetici o di altri mutamenti strutturali (che contrappongo a quelli culturali, lessicali, semantici, sempre facilmente osservabili). E ritengo che sia stato così per i miei nonni, e che sarà così anche per i miei nipotini… e così via. Per un complesso mutamento fonetico come la gorgia o la Lautverschiebung, o la lenizione, occorre quindi, a mio avviso, postulare cause di straordinario impatto socio- e/o psicolinguistico: come invasioni straniere, rivoluzioni sociali, o comunque portatrici di contatti estremamente stretti fra due sistemi fonetici diversi, e tali da introdurre tratti dell’uno nell’altro. Partendo da questa premessa, che - insisto - per me è oggi l’unica seria possibile, non vedo quindi, all’infuori dell’invasione etrusca, un evento che avrebbe potuto causarla: né nell’antichità, anche remota, né, tanto meno, in epoca recente!

Premesso questo, rispondo alle sue obiezioni: (1) non vi è nessun rapporto strutturale fra lenizione settentrionale e gorgia toscana , così come non ve ne è fra lenizione settentrionale e Lautverschiebung tedesca meridionale. Si tratta di due fenomeni completamente diversi, anche nella cronologia, dovuti a due diverse cause esterne, che hanno inciso –accidentalmente- sullo stesso tipo fonematico (Se ci fosse un rapporto strutturale, del resto, dovremmo aspettarci altre affinità, per esempio nel vocalismo (labializzazione, caduta ecc. ecc.), che invece mancano completamente). (2) La non perfetta coincidenza dell’area etrusca con l’area della gorgia è spiegabile, a mio avviso, con argomenti socio-linguistici: come le differenze, fra Toscana e Lazio, nella densità demografica etrusca, nella diffusione territoriale, più o meno capillare, della gerarchia etrusca, nel grado di urbanizzazione (maggiore in Lazio), con conseguente maggiore distanza sociale, oltre che nei caratteri generali della cultura e della società, radicalmente diversi nella preistoria delle due regioni. (3) Nella mia visione, la Corsica è stata ‘toscanizzata’ in epoca preistorica, da Latini pre-romani provenienti dalla Toscana, da sempre ‘italide’ come il resto della penisola. Pisa non ha niente a che fare con la toscanizazione della Corsica: basti menzionare le innumerevoli peculiarità lessicali corse, relative all’agricoltura, del tutto diverse da quelle pisane (veda, oltre a Origini 1, cap. 4, Origini 2, cap. 15, anche il mio studio "Le conseguenze per la linguistica corsa delle nuove teorie sulle origini indoeuropee", in Atti del Congresso su "Environnement et identité en Méditerranée", Corte, 13-16 giugno 2000); che sono invece, senza alcun dubbio, legate all’originalità del Neolitico corso rispetto al Neolitico toscano (dal quale pur deriva direttamente). (4) Per la datazione di un mutamento fonetico (tanto più se allofonico!), le date delle sue prime attestazioni scritte hanno lo stesso valore (nullo) di quelle delle prime attestazioni scritte di una lingua tout court: secondo le quali, per es., le origini delle lingue baltiche, di quelle uraliche e di infinite altre andrebbero datate alla nostra era o, addirittura (nel caso di dialetti, per esempio), ai nostri giorni! Si tratta di una tesi che di fatto risale alla confusione fra ‘lettere’ e ‘suoni’, tipica del periodo pre-scientifico della linguistica, ma che ciò nonostante viene purtroppo ancora illustrata nella manualistica…

Per concludere, due considerazioni, collegate fra loro: (I) la linguistica generale ha fatto enormi progressi negli ultimi decenni, ed è oggi una scienza d’avanguardia. La linguistica storica è invece rimasta ancora all’Ottocento. (II) Oggi, un giovane linguista che ha il compito di diffondere la linguistica storica nel nostro difficile mondo (e nel nostro paese, quanto mai problematico, ma ancora vivacissimo ed estremamente ricco di intelligenze), ha anche quello di chiedersi se la linguistica storica tradizionale, così come tutti noi l’abbiamo studiata nei manuali sacri, possa ancora avere un posto nella cultura interdisciplinare moderna. La lascio, spero, con questo dubbio, assicurandola che anch’io di dubbi ne ho tantissimi! (sui dettagli, non sulle grandi linee…)

Cordiali saluti,

Mario Alinei


II NOSTRA LETTERA

09.02.04

Chiarissimo Professore!

La ringrazio in primo luogo per la lunga lettera di riscontro, segno comunque di un interesse e di un apprezzamento che considero lusinghiero. In secondo luogo devo ammettere, effettivamente, che “on beszel hogy egy szotar” (lei parla come una grammatica) dote, questa, che purtroppo non mi caratterizza.
La ringrazio, altresì, per avermi voluto concedere il titolo di collega che invero la mia giovane età (come ha acutamente rilevato), e il mio interesse puramente dilettantistico per la materia, non può in alcun modo avvicinare.
Non di meno, nei limiti imposti dalla assai più scarsa conoscenza di fatti linguistici, mi permetto di fare ancora un paio di brevi osservazioni…
In primo luogo sui mutamenti fonetici: per quanto mi è dato sapere proprio nell’arco della generazione che mi ha visto nascere (gli anni ’70 del XX secolo) si è assistito a un paio di mutamenti fonetici:

a) l’abbandono da parte dell’intera popolazione di Treppio (piccola frazione del Comune di Sambuca Pistoiese) del suono cacuminale (datte > latte, gado > gallo, etc.).
b) il progressivo abbandono (almeno in area fiorentina e pistoiese) della S sorda in favore della S sonora da parte delle generazioni più giovani (c’è uno studio del 1989 di Donella Antelmi in proposito).

A parte questo le faccio osservare che in località dove oggi non è presente alcuna sonorizzazione consonantica (es: Frassignoni in Comune di Sambuca Pistoiese) la toponomastica locale presenta diversi relitti fonetici (es: Scovedino per Scopettino, Marugheto per Marrucheto, Vedegheto per Vetecheto).
Peraltro, anche lasciando da parte questi esempi, posso sempre fare riferimento ad analogie. Ella ha giustamente rilevato che le lingue tendono a mantenersi secondo un principio di inerzia di tipo newtoniano. E tuttavia, secondo me, evolvono…. Anche l’evoluzione delle specie o la deriva dei continenti sono eventi che né io, né lei, né i nostri nipoti avranno occasione di rilevare… eppure, sia pure impercettibilmente, qualcosa avviene e si passa da una situazione nota a una totalmente nuova. Lo stesso principio non vedo perché non debba essere applicato alla linguistica.

Relativamente alla distribuzione geografica della gorgia toscana Ella introduce una riflessione che in linea di principio appare del tutto plausibile, ma che indubbiamente prevede qualche passaggio logico in più rispetto a quella normalmente accettata (e che non spiega altresì la presenza della gorgia toscana in Lucchesia e in Versilia). A costo di tirare fuori uno armamento logico troppo vetusto (e che lei considererà ultroneo) le faccio presente che il “rasoio di Occam” postula “entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem”.

Per quanto attiene le fonti scritte sono anche io al corrente del fatto che la prima attestazione del lituano risale al “Catechismo” di Koenigsberg del 1547, ma il nostro caso mi pare un poco differente (ma probabilmente opino in questi termini per mia ignoranza): le prime fonti scritte in cui compare la gorgia toscana risalgono al XVI secolo (ovvero dopo Dante, Petrarca, Boccaccio, Cino da Pistoia, etc.) e pur prendendo atto che la lingua scritta mostra una maggiore inerzia della lingua parlata si può arguire (?) che il fenomeno della gorgia toscana non sia un fenomeno originario del toscano stesso.

Sulla questione della Corsica, evidentemente, non entro dato che per poter dibattere dovrei prima leggere le sue osservazioni e prove.

Peraltro potremmo estendere il campo della ricerca oltre alla stessa gorgia toscana… in fondo qualche coincidenza tra toscano moderno e ungherese moderno sembra esserci…

l’ungherese, come il toscano, ha le doppie. Può anche darsi, così, che gli etruschi avessero le doppie, ma non le scrivevano…

Mi permetta, a prescindere da questa considerazione tuttavia di rilevare, che con la sua ipotesi stiamo resuscitando la teoria di Merlo (parlare di sostrato o superstrato è irrilevante dato che "Hegel rovesciato e rimesso in piedi è pur sempre Hegel" (Maritain)). Inoltre, se dobbiamo essere coerenti, dovremmo ritenere corretta l'ipotesi del Meyer Lubke (fine XIX secolo) secondo la quale la S sonora e le forme sonore di K, T, P (es: podere per potere) presenti nel toscano siano autoctone e non provenienti dal Nord Italia. In altre parole la sua modernissima teoria rischia di resuscitare proprio la Grammatica storica ottocentesca e "prescientifica".

Tuttavia, come ho già avuto modo di ammettere, io sono un neofita in materia e pertanto non ho sicuramente la capacità dialettica di potermi contrapporre a Lei. Tuttavia, pur nei dubbi numerosi che mi contraddistinguono, mi sento portato a navigare ancora nelle acque pacifiche (??) della Grammatica Storica. Il futuro poi… è sempre pieno di promesse… (“per correr miglior acque alza le vele …” (Dante, Purgatorio, I,1)).
Credo, in ogni caso, che troverà ben altri e più valenti studiosi od appassionati con i quali potrà discutere la sua tesi.