HOME PAGE: clicca qui


SUI DIALETTI SAMBUCANI
Il Comune di Sambuca Pistoiese è un quadrilatero di circa 77 Kmq che
si estende per 8' di latitudine a nord del 44° parallelo e per 8' di
longitudine ad est del meridiano di 10°.
Peculiarità di questo Comune è l'appartenenre da innumerevoli secoli
alla provincia di Pistoia nonostante l'intero comune sia a nord
dello spartiacque appenninico e, quindi, tributario del Mare
Adriatico.
La particolare situazione del comune ha comportato, così, che nelle
varie frazioni che lo compongono si parlino dialetti debitori sia
del toscano che dell'emiliano.
In ragione della loro maggiore, o minore, toscanità essi possono
essere suddivisi in tre aree ben distinte, più una quarta area con
roprie particolarità linguistico - fonetiche:
1) Pavana;
2) L'area sambucana (Posola, Campeda, Taviano, Lagacci, etc.);
3) L'area meridionale (Frassignoni, Torri, Monachino, etc.);
4) Treppio.
L'area linguistica pavanese è quella che risente di più degli
influssi emiliani, anche se complessivamente può essere ascritta ai
dialetti di tipo toscano (clicca su il dialetto di Pavana) (1).
L'area linguistica sambucana risente già in maniera minore degli
influssi emiliani, mentre minimo risulta essere il contributo dei
dialetti emiliani per le zone più meridionali del comune (2).
Il dialetto parlato a Treppio, oltre a presentare i tipici suoni
cacuminali (-ll- > -d-, D- > L-) , si presenta come intermedio tra
le forme dialettali sambucane e le forme toscane (3).
Per quanto attiene l'area meridionale del Comune si osserva che la
parlata è spiccatamente toscana, con poche varianti fonetiche: rare
cadute della consonante geminata (Cereta per Cerreta) e qualche
alterazione consonantica (Acereda per Acereta). Nella zona attorno a
Torri, inoltre, si avverte la presenza di quel singolare fenomeno di
aspirazione consonantica noto col nome di "gorgia toscana": buha per
buca e hampori per campori (clicca anche qui).
Una certa vitalità, tuttavia, continua a mostrare anche in questa
zona la forma apocopata di "Ca'" per "Casa" tipica dei dialetti
emiliani (il "Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca
Pistoiese" registra quattro "Ca'" per la zona di Torri - Monachino
(4)).
L'area sambucana, come abbiamo già ricordato, si pone come
cuscinetto fra quella meridionale e quella pavanese. All'area dei
fenomeni linguistici emiliani si può ascrivere la sonorizzazione
delle consonanti occlusive sorde in posizione intervocalica (es:
"ortiga" anziché ortica) o l'esito della e breve tonica in "e
chiusa" anziché nel dittongo "ie" (es: il treppiese "féno" anziché
fieno, oppure il sambucano "tévvedo" anziché "tiepido") (5).
All'area dei fenomeni linguistici toscani appartengono, invece,
altre caratteristiche quali, ad esempio, il mantenimento delle
vocali a fine parole (fenomeno ignoto ai dialetti emiliani con
esclusione di "a") o la conservazione delle vocali "a", "e", "i"
postoniche di parola proparossitona (es: il sambucano "coddega" per
cotica o il treppiese "stomago" per stomaco).
E' bene, comunque, sottolineare che tutte le forme dialettali
parlate nel territorio del comune della Sambuca Pistoiese vanno
annoverate alla famiglia dei dialetti toscani, dato che lo stesso
dialetto pavanese è più toscano che emiliano.
NOTE:
(1) Ad esempio mentre negli altri dialetti sambucani il participio
passato è in -ato, -ado (mangiato a Frassignoni, mangiado a
Sambuca), a Pavana la forma è apocopata (manghià). Da osservare che
l'infinito presente a Sambuca e Pavana è sempre in -are (manghiare),
mentre a Pistoia e a Treppio può presentarsi con il troncamento
(mangiare - mangia'). A livello popolare la linea di confine tra il
dialetto pavanese e gli altri dialetti sambucani è attribuita al
Fosso di Camarcione.
(2) il gruppo dei dialetti d'area sambucana non è comunque un gruppo
omogeneo. Mentre a Campeda sembra subire gli influssi del dialetto
pavanese, si può dire che Posola risenta maggiormente della parlata
toscana (es: a Posola si usa nipote, mentre a Sambuca "nevode" e a
Pavana "anvode", da notare tuttavia che a Pistoia "nipote" è detto
anche "nepote"). Il dialetto di San Pellegrino appare di difficile
classificazione: il Ferrari, ad esempio, a volte l'assegna ai
dialetti di area sambucana (cfr. Gente di Gaggio, n. 26, Dicembre
2002, p. 113) e a volte ai dialetti d'area meridionale (cfr. E.
FERRARI, "Tracce di isoglosse e sostrato", Sambuca Pistoiese, 1997,
p. 9). E' tuttavia doveroso ricordare che le classificazioni offerte
dal Ferrari sono poco attendibili, come dimostra il caso di Lagacci
(attribuito dal Ferrari all'area 'toscana' nonostante sia
palesemente d'area sambucana).
(3) A Treppio, ad esempio, le parole che in italiano iniziano con
"ri" mantengono questa caratteristica, mentre alla Sambuca seguono
la tendenza emiliana a trasformarlo in "ar" (esempio: treppiese
"ricotta", sambucano "arcotta") .
(4) Rimanendo in tema di Casa > Ca' è da segnalare che il Dizionario
Toponomastico assegna alla zona di Lagacci due toponimi che iniziano
con "Ca'", ma Cristian Gaggioli (classe 1975 residente tra Pistoia e
Bologna, ma originario di Lagacci) c'informa dell'esistenza nei
pressi di Lagacci di un metato chiamato "Ca' di Gristo" (toponimo
non riportato nel "Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca
Pistoiese"). La forma "Ca'" è tipicamente emiliana, mentre "Gristo"
presenta un passaggio c > g che, pur essendo di tipo settentrionale,
si riscontra abbastanza di frequente nel dialetto pistoiese
('gangio', 'duegento', 'grosta', 'giondolare', etc.)
(5) Il fenomeno era presente, molto tempo fa, anche a Pracchia
(frazione di Pistoia in Alto Reno) dove si diceva "méle" anziché
"miele", ma già il Rohlfs nella sua celebre "Grammatica" sosteneva
che questa peculiarità fonetica locale era in disuso.



IL DIALETTO DI PAVANA
Un dialetto toscano

Come è noto Guccini ha il merito di avere riscoperto e fissato sulla
carta il dialetto parlato a Pavana, il suo contributo tuttavia ci
offre la possibilità di comprendere quanto il "parlare pavanese" sia
debitore del toscano. In primo luogo è lo stesso Guccini che
riconosce come "toscano" il dialetto di Pavana:
"Pavana ... parla un dialetto di tipo toscano ma profondamente
segnato da caratteristiche emiliane" (p.9)
Lo stesso Guccini illustra alcune caratteristiche toscane del
dialetto di Pavana:
a) il mantenimento, secondo l'uso toscano, delle vocali finali,
mentre l'emiliano elimina le vocali finali esclusa la "a" (es:
bolognese "figh", pavanese "figo"). Nel caso del pavanese si
assiste, perfino, all'uso della e paragogica (caso toscano e
antitaliano) per parole come "Estere" in luogo di "Ester";
b) il mantenimento delle consonanti doppie nella maggior parte dei
casi, mentre nell'emiliano di solito si riducono ad una sola
cononante (es: bolognese "gal", pavanese "gallo");
c) il raddoppio delle "m" fra due vocali secondo l'uso della Toscana
nord occidentale (es: "ommo", "fiumme", "lumme");
d) l'uso di numerose parole di origine espressamente toscana (come
"calocchio" per indicare una persona magra o "sciocco" per
insipido)o adattamenti dal toscano (es: "pignattini" per mirtilli,
dal pistoiese "pentolini");
e) uso di modi di dire mutuati dalla Toscana (es: "tirare gli
aghetti" (p. 126)).
oltre a quanto precisato da Guccini il pavanese si riferisce al
gruppo dei dialetti di tipo toscano per altre sei caratteristiche:
I) assenza delle vocali geminate come "aa" o "uu" (es: bolognese
"aldaam" pavanese "aldamme");
II) uso del registro toscano anche nell'accentazione di vocaboli
del dialetto come "codga" o "stomgo" o "perdga";
III) l'uso della "c" in luogo della "z" in parole come il bolognese
"sdaaz" che diventa "sdaccio", con esito finale molto più simile al
toscano e all'italiano che ha, infatti, "setaccio".
IV) l'articolo ballerino tipico di Pistoia in come "lamo", "aradio",
"areclame". Il passaggio dalla labiodentale alla bilabiale in parole
come bacilare (=vacillare), caratteristica della Toscana nord -
occidentale.
V) la trasformazione in "m" in "mb" in parole come "ambroso" (=
amoroso) o "cocombero" (cocomero).
VI) uso di vocali e gruppi di parole come in toscano (es: il
crostino è detto "grostin" a pavana e "grusten" a Bologna)
A conclusione si deve ricordare che l'influenza del toscano fra gli
abitanti di Pavana è tanto forte da far scrivere a Guccini che:
"i pavanesi parlano un italiano di tipo toscano" (p. 14).
Tutte le citazioni e i riferimenti sono tratti dal "Dizionario del
dialetto di Pavana" a cura di Francesco Guccini e pubblicato da
Nueter - PRO LOCO Pavana nel 1998 col contributo della Provincia di
Pistoia e del Comune di Sambuca Pistoiese.
Francesco Guccini


BOLOGNESE E PAVANESE
Al fine di controllare il contributo del vernacolo pistoiese al
dialetto di Pavana, si è ritenuto opportuno fare un confronto col
dialetto bolognese, a tal uopo si è usato (oltre al Dizionario del
dialetto di Pavana di Guccini) il “Dizionario Bolognese” pubblicato
da A.VALLARDI (Milano 2000). I criteri usati pre riscontrare le voci
bolognesi e pavanesi è lo stesso (mutatis mutandis) già provato per
verificare le concordanze fra pistoiese e pavanese.
Poiché nostra intenzione era solamente quella di istituire un
confronto si è scelto di non scorrere l’intero corpus dei due
dizionari, ma di fare una ampia verifica a campione.
A seguito di questa scelta si è deciso di usare come campione le
parole contenute nel vocabolario del Guccini dalla lettera “A” alla
lettera “G”.
Il risultato finale è stato di avere verificato 94 concordanze
significative fra bolognese e pavanese a fronte di 95 concordanze
significative fra pistoiese e pavanese (1). Non passi tuttavia in
secondo piano che i lemmi registrati nel “Vocabolario pistoiese”
(edito a cura della Società Pistoiese di Storia Patria) sono circa
3000 mentre i termini riportati nel “Dizionario bolognese” sono
oltre 13.000.
Poiché, a fronte di un minor numero di vocaboli, si riscontra un
maggior numero di concordanze, si può trovare che anche dal punto di
vista dei termini il pavanese appartenga al gruppo dei dialetti
toscano, anche se fortemente influenzato dal bolognese.

Così = acuscì (acsé) – pistoiese accosì
Adesso = adessa (ades(a))
Ala = aglia (eglia)
Letamaio = aldamaro (aldamera)
Letame = aldamme (aldaam)
Anche = anco (anca)
Ansimo = ansmo (ans) – pistoiese ansimo
Lapis = apise (epis) – pistoiese apisse
Riconoscere = arconosscre (arcgnosser)
Ricotta = arcotta (arcota)
Rifiatare = arfiadare (arfiader)
Malessere = arlia (arlii)
Orologio = arloiio (arloi)
Riposarsi = arposarse (arpuser)
Riscaldare = arscaldare (arsscalder)
Ritaglio = artaiio (artaai)
Acerbo = asgerbo (aserb)
Aprire = avertare (cfr. avert)
Chiaccherone = bacaio^ (bacaion)
Rimbambito = bachiocco (bacocc)
Persona o cosa inutile = bagaiio (bagaai)
Scemo = bagia^ (bagian)
Soldo = baiocco (bajoc)
Sciocco = bazurlo^ (bazurlon)
Pidocchio = bdocchio (bdoc)
Masticare a stento = biasciare (biasugher) – pistoiese biasciare
Bicchiere = bicher (bichir)
Bietola = bieda (biida)
Verme = bigatto (bigaat)
Tasca = bisacca (bisaaca)
Straccio = blacco (blacc)
Omblico = bligo (bliguel)
Bue = bo (bo)
Rospo = botta (bot) – pistoiese botta
Pallina = bobbo (bocc) – pistoiese bocco
Buono = bon (bon) – pistoiese bono
Bruciore dell’ano = brusgiaculo (brusacul) – pistoiese bruciaculo
Bucato = buga’ (bughe’)
Borsa /etc. = bursa (buursa)
Bottiglia = butiglia (butegglia)
Casa = ca’ (ca’)
Catinella = cadinella (cadinela)
Catenaccio = cadnaccio (cadnaz)
Diarrea = caghetta (cagatta)
Persona di poca salute = calanco (calanc)
Cancro = cancaro (cancher) – pistoiese canchero
Candelotto = candlotto (candlot)
Cannone = cano^ (canon)
Angolo = canto^ (canton)
Mantello = camparella (camparela)
Carico = cargo (carg)
Caricare = cargare (cargher)
Alari = cavdoni (cavdon)
Cazzuola = cazola (cazola)
Bicchierino di liquore = cichetto (cicatt)
Testa = cò (cò)
Cotica = codga (codga)
Cavolo = colo (col)
Cuoio = coramme (curaam)
Nocciola = culora (cluura)
Cugino = cussi^ (cusen)
Cucina = cusgina (cusenna)
Donnola = dondola (dondla) – pistoiese dondola
Alto = elta (elta)
Nipote = envode (anvoud)
Fatica = fadigga (fatica)
Raffreddura = ferdura (fardura)
Fiato = fiai (fiè)
Floscio = fiappo (fiapp)
Stop = fido (fido)
Fico = figo (figh) – pistoiese fico - nella loc. “fare i fichi”
Fegatello = figadetti (figadatt)
Figlio = fiolo (fiol)

Formaggio = formaiio (furmaai)
Pioppo = fioppa (fiopa)
Fiume = fiumm (fiomm)
Favola = fola (fola)
Fuori = fora (fora)
Forbici = forbsge (forbs)
Granturco = Formento^ (furmintoon)
Soldi = franchi (franch)
Giacca = gabana (gabana)
Trapano a succhiello = galanga (galanga)
Garagarozzo = garaganozzo (gargagnoz) – pistoiese gargagnozzo
Laniccio = gatto (gat)
Confusione = gatare (gata)
Fastidioso = ghignoso (ghignous)
Piagnucolio = gnola (gnola)
Ago = gocchia (agoccia)
Gozzo = gosgio (gos)
Scopa = granadel (granedel)
Mangiatoia = greppia (groppia)
Viso = gruggno (groggno)

NOTA
(1) Non si considerano significative concordanze come "domenga"
(domenica, bolognese dmanga) dato che la forma pavanese è sempre più
vicina a quella italiana (e quindi toscana) che a quella dei
felsinei.


PAVANESE E PISTOIESE A CONFRONTO
attraverso i vocaboli usati nel linguaggio comune

UNA NECESSARIA PREMESSA

La provincia di Pistoia è una piccola provincia, ma linguisticamente
ben
differenziata in settori diversamente classificabili: pianura,
colline,
propaggini appenniniche hanno fra loro (e al loro interno) così
tante
peculiarità da rendere difficile un vocabolario unitario del
pistoiese. E così,
dunque, l’unico vocabolario uscito sul pistoiese (a cura della
Società Pistoiese
di Storia Patria (1984, 2000))è limitato al dialetto parlato
esclusivamente
entro la stretta cerchia urbana di Pistoia:

Tale limitazione, di fatto, restringe di molto l’arco della ricerca
dei vocaboli
che inquadrono il pavanese all’interno degli altri dialetti toscani:
in questa
sede, infatti, non verranno considerati tutta una serie di lemmi,
anche
pantoscani, ma non considerati nel “Vocabolario Pistoiese” (es:
vizzadro (=
vitalba) o barbe (=radici)). Analogamente non verranno considerati
gli
adattamenti di parole toscane (comprese o meno nel “Vocabolario
Pistoiese”) nel
pavanese (es: “pignattini” al posto del pistoiese “pentolini”).
Tali limitazioni di fatto riducono di molto l’ambito dei vocaboli
pistoiesi
considerati (ci si riferisce infatti a quelli d’uso cittadino). Al
fine, poi, di
non complicare eccessivamente la lettura dei vocaboli che seguono si
sono
escluse quelle parole che a Pistoia assumono un significato
differente, anche
solo parzialmente, rispetto a Pavana (es: slumacare e slumagare,
oppure strolaga
(zingara) e strolga (maga), o ancora maffia). Sono stati eliminati
anche la
maggior parte dei vocaboli di significato non dialettale, ma usati
con
accentazione dialettale differente (es: bao e bago).
A tutto questo si aggiunga, infine, la pura e semplice dimenticanza
(di chi
scrive oppure di chi ha curato il Vocabolario o il Dizionario) ed
otteremmo un
quadro completo della limitatezza di questo lavoro.
Tuttavia, e pur con tutte queste premesse e limitazioni, risulta
estremamente
interessante l’esito di questo confotnto.

I TESTI UTILIZZATI

- F. Guccini, Croniche Epafaniche, Feltrinelli, Milano 1997
- F. Guccini, Dizionario del Dialetto di Pavana, Pro Loco Pavana –
Nueter,
Porretta Terme – Pavana Pistoiese, 1998
- G. Giacomelli, Vocabolario Pistoiese, Società Pistoiese di Storia
Patria,
Pistoia 2000

VOCABOLI (italiano / pavanese (fra parentesi pistoiese)

lapis = apis (apisse)
così = acuscì (accosì)
anche = anca (anco)
dare il via = anda (anda)
l’anno scorso = anno (anno) – uso della stessa locuzione
radio = aradio (aradio)
attrezzo = atrezzo (attrezzo) – usato con significato spregiativo
castagna lessata = balotto (ballotto)
sciocco = baluga^ (balugano)
ricciolo di bambino = banana (banana)
tipo di dolce = berlingozzo (berlingozzo)
biascicare / masticare = biasciare (biasciare)
cibo biascicato = boasciotto (biaasciotto)
mangiucchiare = biasciugare (biasciugare)
bernoccolo = birignoccolo (birignoccolo)
stupido = biscaro (biscaro)
bersaglio di un gioco = bocco (bocco)
impasto non denso di acqua e cemento = boiacca (boiacca)
far bene = far bono (fa bbono)
picchiare = bordare (bordare)
acqua del bottaccio = botacià (bottacciata)
rospo = botta (botta)
asta per sbarrare le porte = braccialetto (bracciale)
pietrisco = breccia (breccino)
donna sciatta e sudicia = brendana (brendana)
biscottini a cialda con anice = brigidini (brigidini)
parlare confusamente / etc. = brociolare (brocciolare)
scazzone = brociolo (brocciolo)
chi parla confusamente = brociolo^ (brocciolone)
brufolo = bruggolo (brugnolo)
bruciore dell’ano = brusgiaculo (bruciaculo)
bosso = bussolo (bussolo)
pancione = buzza (buzza)
obeso = buzzo^ (buzzone)
cispa = caccola (caccola)
cancro = cancaro (canchero)
riccio di castagna = cardo (cardo)
castagne cotte = castaggna cotta (castagne hotte) – sintagma
pezzo di un gioco = castli^ (castellina)
cece = cesgio (cecio)
colpo / etc. = chiocco (chiocco)
testa = chiorva (chiorba)
testone = chiorbo^ (chiorbone)
disordinato = ciabato^ (ciabattone)
piangere /etc. = cigare (cigare)
donna leggera = cimbraccola (cimbraccola)
parte tenera di insalata = cimmolo (cimolo)
pene = cinci (cinci)
grappolo d’uva = ciocca (ciocca)
ciabatta = ciocia (ciocia)
ubriacatura = ciucca (ciucca)
mammella = ciuccia (ciuccia)
ubriaco = ciucco (ciucco)
gonfiore (da insetto) = cocciola (cocciola)
cocomero = cocombaro (cocombero)
testa = crocchia (crocchia)
diamine = diammine (diammine)
tipo di dolce = didale (ditale)
gambe che si piegano = far diego (far diego)
donnola = dondola (dondola)
dietro = dredo (dreto)
dentro = drendo (drento)
edera = ellera (ellera)
fiacca = fiachite (fiacchite)
far smancerie = far di fighi (fare dei fichi – far dei fii)
spina dorsale = filo^ (filo) – sintagma
sparato dei pantaloni = fischio (fischio)
tipo di pasta = fischiolini (fischiolini)
neve e vento = fognare (fogno)
soffocamento = fogo (fogo)
similavena = forasacco (forasacco)
formica = formiggola (formicola)
gran quantità = fotio (fottio)
stizza = fotta (fotta)
grumo di farina = frà (frate)
brufolo = friggnolo (frignolo)+
caldarroste = frusgià (frugiate)
tipo di serpe = frusto^ (frustone)
fumo = fummo (fummo)
parietaria = gambi rossi (gambi rossi)
amante = ganzo (ganzo)
smorfia / etc. = garno (garbo)
gargarozzo = gargagnozzo (gargagnozzo)
quantità di qualcosa nel cavo delle mani = giumella (giomella)
fante di carte = gobbo (gobbo)
scorpacciata = ingobiada (ingubbiata)
ingozzarsi = ingobiarsi (ingubbiarsi)
schiaffo = labra’ (labbrata)
amo = lammo (lamo)
sporco e cattivo odore = lezzo (lezzo)
stupido = locco (locco)
baco da frutta = lolo (lolo)
fiacca / etc. = lorgna (lornia)
madre = ma’ (ma’)
ramaio = magna^ (magnano)
malocchio = maldocchio (maldocchio)
mento pronunciato = mesctolo (mestola)
tipo di mobile = metitutto (mettitutto)
somaro = miccio (miccio)
forte botta = necca (necca)
focaccia di farina di castagna cotta fra i testi = neccio (neccio)
padre = pa’ (pa’)
poltiglia = pacchiara (pacchiara)
testa o croce = palle o santi (palle o santi)
gabinetto = logo commodo (logo commodo)
tirata di sigaretta = peo (peo)
scarafaggio = piattola (piattola)
abbeveratoio per il pollame = pilla (pilla)
tarassaco = piscialetto (piscialetto)
scaldaletto = prete (prete)
orlo, estremità = proda (proda)
ramarro = ramallo (ramallo)
ramo senza foglie = ramiccio (ramiccio)
liquirizia = regolizia (regolizia)
sediciume = roccia (roccia)
prurito = rosa (rosa)
mingherlino = rosticcio (rosticcio)
ginestra = roggiola (ruggiola)
mescolare = rumiciare (rumare)
purulento = sacco (sacco)
cavalletta = saltabecco (saltabecca)
sbattere = sbachiare (sbacchiare)
ospedale = sbdale (spedale)
urlo = sbercio (sbercio)
apparire improvviso = sbuligare (sbulicare)
scandalo = scandolo (scandolo)
sbornia = scimmia (scimmia)
insipido = sciocco (sciocco)
donna malfatta = scranna (scranna)
scricciolo = scricchiolo (scricchiolo)
onanista = segaiolo (segaiolo)
suppurazione = superazio^ (superazione)
vulva = susina (susina)
scatola dei fusibili = tabachiera (tabacchiera)
sedere = tafa^ (tafano)
recipiente di ferro = tamburla^ (tamburlano)
piastre rotonde di pietra = testi (testi)
parassita delle leguminose = tonchio (tonchio)
torbido = torbo (torbo)
sudiciume = trogolaiio (trogolaio)
tipo di scarpe = tronchetti (tronchetti)
volatiche = vacche (vacche)
buccia interna delle castagne = zanza (zanza)
sudiciume = zia (zia)
aria fredda / giuggiola = zezzola (zizzola)
disordinata = zocolo^ (zoccolone)
a capo scoperto = in zuco^ (in zucca) - sintagma



PICCOLO DIZIONARIO DI PAVANESE
AGLIA - ala
ALDAMME - letame (ma i "crochioni " lo chiamano già CUNCIO)
ALDAMARO - letamaio, fossa che contiene l'aldamme
ARCACIARE - vomitare
ARGUFOLATO - accovacciato, raggomitolato su se stesso.
ARMONDARE - pulire il castagneto
SCAMAIARE - potare il castagno
CESTO - cespuglio
CRODARE - cadere giù, riferito alle castagne quando si staccano
dall'albero
BALUGANO - persona poco astuta
BATIDORA - trebbiatrice
BATTERE - trebbiare
BICIANCOLA - altalena ad asse
BINDOLLA - altalena a corde
BOLATA - gruppo di funghi nati vicini
CIUPADELLO - MORELLA - GALETTO - COCCO - LOFFA - funghi tipici della
zona
BOLETTA - chiodo da scarpone
SFIAMARADE - scintille originate dalla sopradetta boletta sfregata
ad arte sul selciato
BIBBO - nòcciolo
BORDA - mostro leggendario che spesso si annida negli specchi
d'aqua, allo scopo di tirare sotto i bambini cattivi
BORDIGONE - termine generico per qualsiasi grosso insetto volante,
specialmente il bordigone delle ali d'oro (clicca qui)
BOTACCIO - bacino di raccolta dell'acqua del mulino
BOTTA - rospo
BROCCIOLO - scazzone, pesce simile al ghiozzo di fiume
BUTINO - bottino, del pozzo nero
CALCEDRO - secchio di rame per il pozzo
CAPONI - ciliege o prugne sbibate, cioè senza nocciolo
CASETTA - capannuccia, rustico per gli attrezzi agricoli,
occasionale rifugio rurale
CAVANNA - fienile in muratura
CAVDONI - alari
CEDDA - siepe spinosa, impenetrabile
CIGNARE - far segni a qualcuno, in maniera furtiva, o giocando a
carte
CINA - diminuitivo di focaccina
COPETTO - nuca, o collottola
CROCHIONI - abitanti di Sambuca e delle frazioni più vicine a
Pistoia
CUCAMEGLI - primule
FRUSTONE - serpe innocua
GROTTO - dirupo scosceso ed impraticabile
GUMISCEGLI - gomitoli
IARA - ghiaia, greto di fiume
BUINA - sterco di vacca
IMBUINARE - impermiabilizzare con la buina
INCULANTE - si dice di persona noiosa ed importuna
IGNORANTE - di persona rozza, prepotente
LEZZA - borraccina verdastra che si depone sui sassi di fiume
LOLINO - verme delle ciliege
MAGONE - ventriglio di pollo
MESGERA - mucchio di sassi accumulati in un angolo del campo
coltivato
MERLACQUAI - appellativo affibbiato ai pavanesi veraci da parte dei
pavanesi spinaioli
MSURAGGNOLA - talpa
NECCIO - un tipo di facaccia fatta con la farina di castagna e cotta
nei testi
PATOZA - bambina, ragazzina, vergine
PIGNATINI -mirtilli
FROLE - fragole
CULORE - nocciole
PIRINO - pulcino
RODI - ruoti, al maschile, sono la sala-macchine del mulino ad acqua
ROGGIOLAI - gente che viene dalle frazioni più lontane da Pàvana,
(da roggiola=ginestra dei carbonai)
RUMADGO - puzza che emana chi non si lava con la dovuta accuratezza
SGAZURLA - allegria immoderata, spesso causata da copiose bevute
SPINAIOLO - pavanese che vive oltre il Limentra, e quindi "d dlà da
l'acqua"
STRADIO - frutta caduta spontaneamente dall'albero e spiaccicata in
quantità sulla strada
STRUBICCIO - straccetto, cosa di poco conto, per esteso bruttino
SUNGIA - grasso di maiale
SVERNIE - lamenti
TASELLO - pavimento in tavole di castagno
TUPARE - tappare, chiudere
VIDARA - pergola
VIZADRO - è la vitalba, con cui fare le frittate


CARATTERISTICHE TOSCANO - OCCIDENTALI DEL DIALETTO PARLATO A PAVANA
Nel trattare del dialetto parlato a Pavana ci siamo soffermati sulle
caratteristiche toscane del pavanese, fra le quali il raddoppio
della "m" in parole come "ommo", "fiumme", etc. Nel trattare del
raddoppio della "m" abbiamo ricrodato come questa caratteristica sia
tipica della varietà toscana definita "nord occidentale" (Lucca e
Pistoia). Torniamo sull'argomento per segnalare altre due
caratteristiche toscano - occidentali del paanese:
1) l'uso del dittongo lucchese "ié";
2) l'uso del suffisso "otto".
Per quanto attiene la prima caratteristica ci siamo accorti che il
dittongo "ié" è rintracciabile in alcuni vocaboli riportati nel
"dizionario del dialetto di Pavana" (a cura di Guccinie pubblicato
da Nueter e dalla Pro Loco di Pavana nel 1998) e, più precisamente,
per:
Boiénte (p. 36), Diégo (p. 50), Ciégo (p. 142).
Il dittongo lucchese "ié" è presente anche a Pistoia in parole come
"magliétta", "piétta", "diéntro" (vedi il "Vocabolario Pistoiese"
edito dalla Società Pistoiese di Storia Patria nel 2000). Errata,
dunque, l'ipotesi di Guccini (op. cit., p. 142) che "ciégo" venga
pronunciato per con la "e" chiusa per influsso emiliano; l'influsso
è invece toscano - occidentale (1).
per quanto attiene l'uso del suffisso -otto, presente in parole come
"ciliesgiotto" o "susinotto" (F. Guccini, op. cit., p. 46), è da
notare che la stessa suffissazione è messa in relazione dalla
studiosa Bonzi con il dialetto lucchese (cfr. Nueter, XXVI, 2000, p.
154) e, quindi, con un vernacolo della toscana nord - occidentale. A
conferma di questa origine toscano - occidentale del suffisso -otto
è da ricordare la forte presenza dello stesso nel vernacolo
pistoiese: pachierotto, ribotto, strambotto, tracagnotto, grotto,
etc.
Il dialetto di Pavana quindi s'inquadra non solo come un dialetto di
tipo toscano, ma più precisamente come un dialetto della varietà
toscano - occidentale, fortemente debitore del pistoiese.
NOTA:
(1) E' invece probabile che il dittongo "ié" usato a Lucca e Pistoia
sia il frutto di una contaminazione coi dialetti settentrionali
(clicca anche su caratteristiche emiliane del vernacolo pistoiese).
Il Meyer Lubke osserva che "la tendenza a -ié- è generale fuori
dalla Toscana" (F. D'Ovidio - W. Meyer Lubke, "Grammatica Storica",
Milano 2000, p. 58).



UN ESEMPIO 'AULICO' DI DIALETTO PAVANESE
Dalla 'Casina' di Plauto tradotta da Francesco Guccini


per leggere una versione più lunga della tradiuzione in pavanese della Casina di Plauto clicca sotto:
http://it.geocities.com/kenoms3/altorenotoscano/tradizioni/casina_pavanese.html

ATTOI
Celestin - Calin
CELESTIN- Ch'i 'n possa stare da per mì, quand'i n'ho vòiia, per
parlare di mé afari e pensare, sénza che tì t'mé stia sémpre
d'atorno?
CALIN- Perché i son convinto d'vgnirte sémpre drédo, dovunque
t'andrà. Diolai! Anche se t'volessi andare a impicarte, i
t'véggno drédo. Fa 'n po' i to conti, se t'potrà o no, con tutto
al to armesdare, portarte via Zucarin sénza che mì a l'sappia,
se t'la toli per sposa, comme t'va fare.
CELESTIN- Ma tì, al che t'ha da fare con mì!
CALIN- Al ché t' di', bìscaro?! Perché t'véni a impestare quì in
Pavna, spinaiolo da do soldi?
CELESTIN- Perché a m'garba acuscì.
CALIN- Perché 'n té sta' d'là da l'acqua, in ti to campi? Perché
'n té fa al lavoro chi t'hati ditto 'd fare, sénza introgolarte
int'al cose dal paese? Artorna (1) in campaggna, artorna 'd fùria
in ti to campi! .
CELESTIN- Calin, i 'ti m'a l'son scorda' quello ch'a i ho da fare;
in campaggna a i è un ch'a l'fa tutto per ben. S'i riésscio a fare
quel ch'i soli vgnu' per fare, s'i riesscio a sposarme la
patòzza ch'a t'ha inamora' anca tì, ch'la bella patòzza d'Zucarin,
ch'l'é serva insémm'a tì, quand'i l'avrò porta' in campaggna
mégo, t'vedrà ch'i restarò per sémpre int'i mé campi.
CALIN- Tì sposarla? Diolai! A l'sarévve méiio impicame, piutosto
che t'la cucchi tì!
CELESTIN- Alora va' a chiapar la còrda, perché l'é robba mia.
CALIN- Robba tua? D'uti ch'i l'han tira' fora da 'n'aldamaro?
CELESTIN- T'a l'savra' presto.
CALIN- Sta' aténto!
CELESTIN - Quanto té stara' male al mé nozze, s'i resto vivo!
CALIN- Al'ché t'mé fara'?!
CELESTIN- A l'ché t'farò? Primma d'tutto t'sarà tì a far lusge
con 'na lantérna a la sp6sa, cuscì doppo te restara' sémpre
un coi6n e un b6n da gnénte... D6ppo, quando t'vera' int'i
. mé campi, i t' darò un calcédro, un vi6lo da caminare, 'na
fontana, un par6lo e otto botti, e s'i 'n saran sémpre piéne i
t'riémpio mì, d'legna'. A forza d'portar acqua i t'curvo tanto
bén che t'sembrara' 'n arco dla diga. Doppo ancorra, là in
campaggna, se 'n té manghiara' al granaro comm'un topo o
la tèra comm'un lombrigo, t'avrà vòiia a domandare da manghiare!
Maremma can, la Famme in pers6na a'n n'é mai sta'
tanto sénza manghiare comme i t'farò star mì in campaggna!
Doppo, quando t'sara' stuffo e afama', i pensarò mimmi a
fart' arponsare a la notte!
CALIN- Al'ché t'fara'?!
CELESTIN- I t'farò chiuddre dre' da 'na porta, cuscì t'potrà sintire
i basgi ch' a i darò. Quando a m' dirà: «C6re mio, Celestin
mio, vida mia, mèle, gioia mia, lasscia ch'i t'basgi i t6
ochiétti, amor mio, lasscia, i t'prégo, ch'a t'vòiia bén, gioia
dla mé vida, pasarotin mio, colomba mia, levrotin mio».
Quando a m' dirà acuscì, alora tì, poro strascin, te t'stara'
comme un tòpo fra l'grinfie dal gatto. Adessa primma che
t'chiàccari, i vò in ca', chiacarare con tì 'n mé piasge.
CALIN- E mì i t'véggno drédo. Diolai! Qua'n potra' far gnénte
senza ch'a t'contròlli. (entra con Celestin nella casa di Liméntrio)
ATTO II
Cleòfe - Menghina
CLEÒFE- (sulla soglia di casa,parlando all'interno) Chiude' él
màdie, e dàdime indre' l'anello; i fo 'n salto quì, da la mé
vsgina. Se mé mari' l'ha bs6ggno d'mì, mandàdime a chiamare.
MENGHINA- Al vécchio l'aveva ditto 'd preparai da manghiare.
CLEÒFE- Sst. Sta' zitta e va' via. I 'n preparo gnénte.Oggi a 'n
s'fa da manghiare (Menghina si ritira). Perché a s'mette contro
d'mì e contr' a s6 fi6lo pr'i tiraménti d'amore ch'la, i' m'-
vendicherò d'st6 vècchio coi6n con la famme e con la sede; a
i farò dal male con él parole e con i fatti, a 'st6 bel'inamora'.
Diocampo! A l'tormenterò bén bén, a i dirò 'n mucchio d'-
brutte cose, a i farò fare la vida ch'a s'mérita: fi6lo d'un can,
scàndolo d'un scàndolo, vècchio porcèllo! Adessa i vò qui da
la mé vsgina a cridare pr'a! mé destiin. Ma l'usscio l'ha gnica';
l'è proprio lée, èccola ch'la vén f6rra. Diolai! I ho scélto un
brutto momento per vgnire qui.
(1) il gruppo emiliano "ar" si trova anche nel pistoiese cittadino.
N.B. Gli spinaioli sono i pavanesi che abitano oltre le rive del
Limentra Occidentale. La diga è la "Diga di Pavana" sul Limentra
Occidentale

VERSIONE IN ITALIANO
ATTO PRIMO
SCENA UNICA
OLIMPIONE, CALINO
OLIMPIONECh'io non possa star solo, quando voglio, per
parlare dei miei affari e per riflettere, senza che tu mi stia ad
osservare? Accidenti! Perché mi vieni dietro?
CALINOPerché sono deciso a seguirti sempre come
un'ombra, dovunque andrai. Per Polluce! Anche se tu volessi
andar sulla forca, sono risoluto a seguirti. Tràine tu la
conclusione: se potrai o no, coi tuoi intrighi, portarti via
Casina a mia insaputa, sposandola come tu pretendi.
OLIMPIONEChe ci hai a fare tu con me?
CALINOCosa dici, sfacciato? Perché vieni a strisciare in città,
fattore da poco prezzo?
OLIMPIONEPerché ne ho voglia.
CALINOPerché non sei in campagna, nel tuo dipartimento?
Perché non t'occupi piuttosto del lavoro che t'è stato affidato,
senza immischiarti nelle cose della città? Vattene in
campagna, vattene difilato nel tuo dipartimento!
no mio, colomba mia, leprottino .mio»; quando mi dirà
queste parole, allora tu, pendaglio da forca, scorrazzerai
come un topo in mezzo alla parete. Adesso, perché tu non
pretenda di rispondermi, entro in casa. La tua conversazione
mi annoia.
CALINOTi seguo. Per Polluce! Qua almeno, non potrai far
nulla senza ch'io ti controlli. (Entra con Olimpione nella casa
di Lisidamo.)
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
CLEOSTRATA, PARDALISCA
CLEOSTRATA (sulla soglia di casa, parlando all'interno) Sigillate
le dispense e riportatemi l'anello. lo faccio un salto
qua dalla mia vicina. Se mio marito ha bisogno di me, mandatemi
a chiamare.
PARDALISCAIl vecchio aveva detto di preparargli il pranzo.
CLEOSTRATASst! Zitta e vattene. Non preparo niente. Oggi
non si cucina (Pardalisca si ritira.) Dal momento che egli si
mette contro di me e contro suo figlio per poter soddisfare i
suoi capricci amorosi, mi vendicherò di quest'essere obbrobrioso
con la fame e con la sete; gli farò del male con le parole
e coi fatti, a questo bell'innamorato. Per Polluce! Lo
tormenterò per bene, gli dirò un mucchio di cose spiacevoli,
gli farò fare la vita che si merita: pastura d'Acheronte,
collezionista di scandali, covo di dissolutezze! Ora vado
qua dalla mia vicina a lagnarmi della mia sorte. Ma la porta
ha scricchiolato; è proprio lei, eccola che esce. Per Polluce!
Ho scelto male il momento per venir qua.


IL DIALETTO DI TREPPIO

E' uno dei dialetti toscani d'Alto Reno più peculiari o, meglio, era
uno dei dialetti toscani d'Alto Reno più peculiari. Già nei primi
anni '70 questa forma dialettale era parlata solo dalle persone più
anziane e, probabilmente, oggi nessuno è più in grado di parlarlo;
ed è un peccato: con le sue peculiarità (ad esempio i cacuminali
("datte" per "latte", "dujertola" per "lucertola", "piappastrèdo"
per pipipstrello)). Il dialetto di Treppio (o meglio la sua
peculiare pronuncia cacuminale L->D-, -LL- > -D-) è stato
considerato da alcuni come l'ultimo relitto linguistico di una
popolazione "garfagnina" che colonizzò queste terre o, da altri,
l'ultimo relitto linguistico di una antica lingua preindoeuropea
(forse imparentata col ligure, forse con l'etrusco). Ma il treppiese
non c'è più e oggi altri dialetti dell'Alto Reno stanno sparendo,
come il pavanese o il badese.
E' un mondo che muore.


IL TREPPIESE E LA QUESTIONE GARFAGNINA
Come è noto una delle ipotesi più ricorrenti sull'origine del
dialetto treppiese vuole che Treppio sia una colonia garfagnina.
Tale ipotesi trova la sua principale interprete nella Dottoressa Lia
Bonzi che nel suo "Piccolo Dizionario del Dialetto di Treppio"
(Nueter, XXVI, 2000, pp. 145 - 192) registra alcune peculiarità
tipiche del vernacolo lucchese nel dialetto di Treppio:
1) la desinenza "ono" (p. 154);
2) il dittongo "ié" (p. 154);
3) il suffisso "otto" (p. 154);
4) l'apocope dell'infinito (vedi alla voce "avé");
A cui aggiunge l'uso del pronome possessivo enclitico "babeta",
"mameta" (p. 154) e che tuttavia ella stessa riconosce essere stato
in passato diffusamente presente in tutti i dialetti toscani
(Nueter, XXVI, 2000, p. 159). E' da osservare che in aree marginali
ed isolate (è il caso di Treppio) è più facile osservare la
sopravvivenza di forme linguistiche altrove superate (cfr. il
pistoiese medioevale "edios" con il moderno "eghiu" usato in Corsica
per indicare il capretto (G. Rohlfs, "Studi e ricerche", Firenze,
1999, p. 184)).
Circa le ultime tre caratteristiche registriamo che le stesse sono
presenti anche nel vernacolo pistoiese, come si può constatare
leggendo il "Vocabolario Pistoiese"pubblicato dalla Società
Pistoiese di Storia Patria nel 2000:
I) il dittongo "lucchese" 'ié' sopravvive a Pistoia accanto alla
forma 'iè' nella parola "pietra" (p. 134). Inoltre il dittongo 'ié'
lo troviamo anche per "diétro" (p. 84), "magliétta" (p. 226),
"pappié" (p. 130), "piétta" (p. 135);
II) il suffisso -otto è particolarmente presente a Pistoia (cfr.
calcagnotto, calzinotto, cannocciotto, caporotto, cicciolotto,
ciciotto, etc.);
III) l'apocope dell'infinito è frequentemente usata dai pistoiesi
per colorire gli esempi (p. 17).
Per quanto riguarda la desinenza "ono" (-onno con scempiamento
consonantico per influsso settentrionale) la stessa la troviamo
attestata a Pistoia e a Montale Pistoiese ("lavoronno" e "tornonno"
citati alle pagine 41 e 66 di "Racconti popolari pistoiesi"
(Edizione Can Bianco, Pistoia, 1984) e "domandonno", "addomandonno"
alle pagine 221 e 222 di "Fiabe Toscane" (Mondadori, Milano, 2002).
La questione dell'attribuzione garfagnina (ovvero della presenza di
una colonia proveniente dalla garfagnanaa Treppio) del dialetto di
Treppio è dunque tutt'altro che certa (immaginiamo che uno studioso
come il Barbagallo, ad esempio, l'abbia scartata prima di giungere
alla sua ipotesi del "relitto linguistico") (1).
Tale incertezza trova ulteriore prova dal fatto che il fenomeno
dell'affricazione (attestato a Treppio e in Garfagnana) è presente
anche a Montale (PT) e a Firenze (fiorentino popolare "figghio",
"pagghia", "mogghie" (G. Rohlfs, "Grammatic Storica", Torino, 1999,
p. 396 e "Fiabe Toscane", Mondadori, Milano 2002, pp .220 - 222))
(2).
Da escludere, comunque, una origine meridionale del dialetto di
Treppio in quanto il fenomeno della cacuminalità a Treppio risulta
essere diverso da quello meridionale (cfr. L. Bonzi, Piccolo
Dizionario del Dialetto di Treppio, in Nueter XXVI, 2000, p. 156) e
che a Treppio non esistono altri fenomeni riconducibili ai dialetti
meridionali.
Sempre rimanendo in tema di cacuminalità è da ricordare che a
Treppio risultano assenti due fenomeni garfagnino - apuani così come
ricordati da Rohlfs a pagina 331 della sua "Grammatica Storica":
1) la cacuminale relativa all'articolo ille (a Vagli di Sotto
"l'inferno" è detto "d'inferno");
2) la cacuminale del pronome personale (a Gorfiglio "l'ho saputo"
diventa "d'ho saputo);
NOTE:
(1) La risposta decisiva alla "questione garfagnina" per Treppio
sarà possibile, tuttavia, solo da un punto di vista storico. A
favore dell'ipotesi di Treppio come colonia garfagnina testimoniano,
a nostro modesto avviso, tre indizi:
I) A Treppio non risultano attestate le tipiche "mummie" (maschere
di pietra) altorenane. Si tratta di un caso unico in tutto il Comune
di Sambuca Pistoiese (cfr. AA.VV., "Storie della Sambuca", Pistoia,
2001, p. 154), un caso che lascia supporre che una popolazione
differente si sia sostituita a quella locale in epoca recente;
II) A Treppio è presente una Sacra Rappresentazione del Venerdì
Santo con caratteristiche ignote a buona parte delle "nostre
montagne tosco - emiliane" (Nueter, 1980, n. 2, p. 42);
III) Nella prima metà del XV secolo il territorio sambucano rimase
praticamente spopolato (cfr. Dizionario Toponomstico del Comune di
Sambuca Pistoiese, Pistoia, 1993, p. 12). Nel caso di Torri è
attestato che la popolazione fu sostituita (incoraggiata dai
benefici offerti dai pistoiesi) da una colonia composta da quaranta
reggiani (cfr. AA.VV., Storie della Sambuca. Pistoia, 2001, p. 110);
come è noto la provincia di Reggio Emilia confina con la provincia
di Lucca.
E, tuttavia, questi indizi non paiono decisivi in quanto:
a) a Torri non si ha alcuna traccia di cultura reggiana (gli
abitanti di Torri sono, anzi, i più "toscani" della Sambuca);
b) a Torri la tradizione delle "mummie" è ben attestata;
c) uno storico prestigioso come il Rauty è così poco convinto
dell'ipotesi garfagnina da ritenere più credibile quella della
sopravvivenza Ligure (cfr.N. RAUTY, "Sambuca dalle origini ala età
medioevale", Pistoia, 1990, p.5).
(2) Riflettendo sulle prove addotte dalla Bonzi per la garfagninità
di Treppio ci è venuto in mente una altra cosa sospetta...
La Bonzi sostiene che gl- > ghi- è attestato in Lunigiana e
Garfagnana e che tale nesso è presente anche anche a Treppio.
Consultando il Dizionario, tuttavia, appare un solo caso di gl- >
ghi ed è per "gli" > "ghi". Ora questo "ghi" non prova nulla se si
considera che è presente anche a Montale Pistoiese ("una sera cue'
due vecchi ghi steano borbottando", "che ghi arria cuasimente alle
nugole" (AA.VV. "Fiabe Toscane", Milano, Mondadori 2002, p. 220).


RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE NON GARFAGNINE DEL TREPPIESE
In una e - mail ricevuta dal Dr. Daniele Vitali (coautore del
Dizionario Bolognese pubblicato dalla Vallardi), lo stesso ammetteva
che la questione garfagnina del dialetto di Treppio non può essere
sostenuta dal solo fenomeno della cacuminale.
La stessa Bonzi (colei che per prima ha parlato della tesi della
colonia garfagnina a Treppio) sostiene implicitamente che la
cacuminalità da sola non è sufficiente a giustificare la tesi
garfagnina e, per questo, ha illustrato altre caratteristiche
lucchesi o garfagnine del dialetto di Treppio.
- la presenza del dittonogo "ié" di tipo lucchese.
- la presenza delle affricate (gh);
- la presenza della desinenza -ono;
- l'uso del suffisso -otto;
- la presenza, in passato, del possessivo enclitico "mameta",
"babeto";
- l'apocope dell'infinito.
Ora tali caratteristiche se dimostrate esclusive di queste due aree
costituirebbero quasi una prova della dipendenza del treppiese dal
garfagnino. Se, tuttavia, le stesse caratteristiche le troviamo
altrove diffuse in provincia di Pistoia (specie in zone lontano da
Lucca e dalla Garfagnana) allora non ci sarebbero prove sufficienti
a giustificare da un punto di vista linguistico il nesso fra
garfagnana e Treppio.
Noi abbiamo trovato che a Pistoia e nel pistoiese ci sono tutti gli
elementi indicati dalla Bonzi come luccheso - garfagnini:
- il dittongo di tipo lucchese "ié" è diffuso anche nel vernacolo
cittadino di Pistoia (diétro, piétta);
- le affricate le troviamo a Montale Pistoiese ("mogghie", "ghi");
- la desinenza -onno (che per scempiamento consonantico per influsso
emiliano da -ono) la troviamo a Pistoia e a Montale Pistoiese
("addomandonno", "domandonno", "tornonno", "lavoronno");
- il suffisso -otto è ben attestato a Pistoia (calcagnotto,
calzinotto, cannocciotto, caporotto, cicciolotto);
- il possessivo enclitico era frequente in tutto l'antico toscano e
non solo nel garfagnino;
- l'apocope dell'infinito è ben attestata a Pistoia e nel Pistoiese.
Da osservare, altresì, che le affricate di Treppio e Montale possono
essere spiegate anche ricorrendo a un dato storico (mentre Pavana,
Frassignoni, Sambuca vennero aggregate in età granducale al
Capitanato della Montagna con sede a San Marcello e Cutigliano,
Treppio fu aggregata (insieme a Torri) alla Potesteria di Montale
(cfr. "Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese", p.
12)).
Inoltre anche il fenomeno della cacuminale treppiese risulta un po'
diverso da quello garfagnino:
- è assente la cacuminalità per l'articolo -ille (a Treppio non si
dice "d'inferno" ma "l'inferno")
- è assente la cacuminalità per il pronome personale (a Treppio non
si dice "d'ho saputo", ma "l'ho saputo").
Inoltre il lessico di Treppio è molto pistoiese (e bolognese) e, per
quanto ci è dato sapere, poco (o per nulla) garfagnino.
Ci sono elementi sufficienti per dubitare di una origine garfagnina
per il treppiese.


TREPPIO E L'IPOTESI PREINDEUROPEA
con il testo di una e - mail inviata alla Società Pistoiese di
Storia Patria

Sulla questione del presunto relitto preindeuropeo costituito dalla
cacuminale di Treppio vale la pena registrare il seguente brano
tratto da un articolo della Ricercatrice Francesca Guazzelli
dell'Università di Chieti:
"Per quanto riguarda l’origine e la natura delle
cacuminali, diffuse, peraltro, nei dialetti meridionali estremi
(Sicilia, Salento, Calabria centro-meridionale), nel còrso e nel
sardo, in tempi recenti si è tentato di confutare (Savoia 1980) la
tesi secondo cui tali suoni sarebbero da ricondurre al sostrato
mediterraneo. All’interno della prospettiva sostratista, mentre il
Bottiglioni (1952, 1955, 1956, 1957), considerando l’Apuania come
“il centro di un’antica condizione etnico-linguistica che può
definirsi ligure” (cit. da Bottiglioni 1952: 111), pensava agli
antichi Liguri-Apuani, il Merlo, invece, stimando inaccettabile tale
tesi (nei Liguri, infatti, si riscontra l’assenza dell’invertita
propria degli Apuani e d’altro canto si assiste alla mancanza negli
Apuani della pronuncia evanescente di -r intervocalica sia primaria
che secondaria, peculiare delle popolazioni liguri), riteneva gli
odierni Apuani come “i discendenti dei resti di popolazioni
mediterranee dai suoni invertiti che Etruschi e Liguri costrinsero a
cercare riparo tra quelle aspre e selvagge montagne” (cit. da Merlo
1956: 86)". (S. Guazzelli, "Suddivisione dialettale della
Garfagnana" pubblicato sulla pagina web
www.tradizionipopolari.org/brani/1/guazzelli.pdf).>
La situazione così evidenziata non pare compatibile con
la presenza dei suoni cacuminali a Treppio. Treppio, infatti,
risulta molto distante dalle zone oggetto della ricerca della
Guazzelli e risulta, altresì, un fenomeno del tutto puntuale nella
fascia appenninica tra le province di Pistoia, Firenze e Bologna.
Sarebbe davvero una ben singolare coincidenza che "resti di
popolazioni mediterranee dai suoni invertiti" siano sopravvissute a
Treppio (località distante, assolutamente isolata dalla Garfagnana,
e senza rapporto con questa).

Sullo stesso tema riportiamo il testo di una lettera inviata alla
Società Pistoiese di Storia Patria

Spett.le
Società Pistoiese di Storia Patria
OGGETTO: TREPPIO E LA IPOTESI PREINDEUROPEA
Consultando varie opere dell'Ing. Natale Rauty (dal I volume della
Storia di Pistoia in poi) ho avuto occasione di osservare che lo
stesso Rauty ha sposato l'ipotesi del filologo Barbagallo
sull'origine preindeuropea del dialetto e della popolazione di
Treppio, una ipotesi che vuole fare di Treppio e della Garfagnana i
relitti di una più diffusa popolazione preromana. Leggo, ad esempio,
dal "Quaderno del Territorio Pistoiese n. 10: Sambuca dalle origini
alla età medioevale" (Pistoia 1990):
"All'epoca dell'occupazione longobarda questi territori montani
erano abitati da una popolazione romana, ed in qualche caso anche
preromana ma ormai integrata nella cultura, nel diritto, nella
lingua di Roma" (p. 5).
E nella relativa nota esplicativa (la n. 23) è scritto:
"Nella zona di Treppio è stata riconosciuta dal Rohlfs un relitto
fonetico del tipo ligure apuano; ma recentemente sono stati espressi
pareri diversi (RAUTY, "Storia", p. 12 e nota 59). Nelle valli della
Limentra sono abbastanza frequenti i toponimi di origine ligure o
comunque legati ad un sostrato meditterraneo (Ibid., pp. 11-12 e
nota 58)".
I pareri diversi a cui l'Ing. Rauty fa riferimento sono quelli
espressi in prima battuta da Lia Bonzi e, successivamente, da
Luciano Giannelli e Simonetta Montemagni. Secondo la Bonzi Treppio
sarebbe null'altro che una colonia garfagnina
Effettivamente l'ipotesi della Bonzi (condivisa dagli studiosi
Gianelli e Montemagni) se fosse vera dovrebbe testimoniare una
origine relativamente recente di Treppio e, comunque, una origine
storicamente accertabile o ricostruibile nella memoria popolare.
Nulla di tutto ciò si può attestare per Treppio (al contrario la
Bonzi dichiara che non si sa né il quando, né il perché dei
garfgagnini si siano spostati a Treppio), ed è per questo (penso)
che uno storico come Rauty è giunto a propendere per l'ipotesi di
Barbagallo (N. Rauty, Storia di Pistoia, vol. 1, p. 12).
E, tuttavia, anche l'ipotesi di Barbagallo (fatta propria dal Rohlfs
e quindi dallo storico pistoiese Natale Rauty) non pare convincente
da un punto di vista scientifico (anche i pochi vocaboli di origine
preindeueropea usati a Treppio sono comuni anche ad altre località
dell'Appennino Tosco - Emiliano: gronchio, crodare).
La Bonzi, inoltre, sottolinea che se l'ipotesi del Barbagallo fosse
corretta dovremmo aspettarci, nella fascia intermedia fra Garfagnana
e Treppio, almeno dei toponimi in cui si è cristalizzato il fenomeno
cacuminale che caratterizza Treppio e la Garfagnana. Ma ciò non
accade.
Pur propendendo per una terza ipotesi sull'origine del dialetto di
Treppio (quello dello sviluppo autonomo), mi permetto tuttavia di
offrire un indizio storico sulla possibile origiene del dialetto di
Treppio.
Come sicuramente saprete a Torri si insediò una colonia reggiano -
modenese. Di tale colonia (composta da almeno quaranta persone)
parla lo storico Michelangelo Salvi:
"Michelangelo Salvi nel suo lavoro delle Historie di Pistoia del
1657 ricorda che nella prima metà del 1400 il Castello di Torri era
pressocché privo di abitanti. Il Comune di Pistoia promise molti
benefici a coloro che erano entrati a colmare tale vuoto di
popolazione. Giunse fra gli altri Niccolò Giffredi del Secchio, del
Contado di Reggio, con l'impegno di portare con sé almeno quaranta
persone e di costruirvi in due mesi quattro case. Questo fatto
darebbe una spiegazione alla presenza in paese di molte famiglie con
il cognome Gioffrdi" (AA.VV, Storie della Sambuca, Pistoia, 2001, p.
110).
Meno noto è il fatto che in quella colonia si parlò il modenese fino
all'ottocento:
Dalle memorie di Marco Pelagio Mattei (Parroco di Fossato dal 1810
al 1856):
"Fu ripopolato il paese di Monticelli e di Torri da modenesi, da
Niccolao Gioffredi del Secchio del contado di Reggio e da altri suoi
seguaci circa l'anno 1455 ...
A Torri vi sono molte famiglie de' Gioffrdedi e più persone hanno
portato e portano il nome di Giminano (Santo protettore di Modena) e
il dialetto di Torri è tutto quello de' modenesi" (L. BATTISTINI;
"Lentula", pbblicato dall'autrice col patrocinio delle Province di
Pistoia, Prato e Bologna nel 2000 a Rastignano, p. 102).
Ora se la vicina Torri divenne, nel XV secolo, una colonia reggiano
- modenese, e se tale colonia si poté insediare a seguito delle
epidemie che nel XIV secolo resero praticamente disabitate intere
frazioni della Sambuca (cfr. la nota storica del Rauty al Dizionario
Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese), allora non pare
impossibile immaginare che nella stessa epoca e per gli stessi
motivi anche Treppio fu riabitata da una popolazione allogena come i
garfagnini. Che di questa colonizzazione garfagnina non rimanga
ricordo nella popolazione, in fondo, ciò non costituisce un ostacolo
insormontabile dato che (sempre facendo l'esempio di Torri) ben
pochi oggi sanno che Torri fu abitata da una colonia reggiano -
modenese e che a Torri non si parli alcun dialetto (neppure
residuale) di tipo emiliano.
Ovviamente quella che propongo da un punto di vista storico è solo
una ipotesi, ma sarei lieto di potermi confrontare con Voi.
Rimango in attesa di una Vs. e - mail di risposta.
25/04/2003


LA RATTRAZIONE (CACUMINALE) A TREPPIO SECONDO GIACOMO DEVOTO

"Un secondo fenomeno, che ha le sue radici in età mediterranea e, che ancor meglio della lenizione, si oppone alle strutture tradizionali del latino, è dato dai fatti di "ratrazione", e cioè dalla presenza di articlazioni, generalmente subentrate alla articolazione LL, pronunciate con la rattrazione della lingua contro il palato. Essa è attestata in quasi tutta la Sicilia, in Sardegna e nella Corsica occidentale, che è stata esposta alle influenze toscane nella seconda parte del medioevo. Questa articolazione si è affermata anche nella Calabria meridionale e nel Salento, là dove non si sono verificati fatti di vera e propria mescolanza con tradizioni linguistiche intermedie fra lo strato mediterraneo e il latino. Le pronunce DD sono atti di forza, dettati non da prestigio delle tradizioni locali, ma da esigenze quasi di ordine fisiologico. Gli esempi classici sono quelli di 'cavaddu", "stidda" (cavallo, stella) e simili. Che però l'innovazione non abbia avuto un confine definitivo, ma questo si sia reso fluido con l'andar del tempo, è mostrato sia dagli adattamenti del gruppo DD a DD semplice, come avviene nel napoletano periferico di Ischia e di Monte procida, che deve aver conosciuto prima la ratrazzione. Le articolazioni rattratte compaiono, oltre che in connessione con LL, anche con STR, TTR per cui si hanno le pronunce approssimative siciliane di as-cio per 'astro' e qua-ciu per 'quattro'.
POICHE' TRACCE DI QUESTO PROCEDIMENTO SI SONO RINTRACCIATE ANCHE NELLA REGIONE APUANA E PERSINO NELL'AREA PISTOIESE, è chiaro che siamo di fronte a un fatto mediterraneo occidentale, sopravissuto nell'Italia peninsulare" (G. DEVOTO, "Il linguaggio d'Italia, cap. XXV, BUR Rizzoli, Milano, 1999, p. 194)


SULL'ORIGINE DEL DIALETTO DI TREPPIO
Una nuova ipotesi

veduta di Treppio
Sul dialetto di Treppio sono usciti alcuni studi specifici e altre
pubblicazioni hanno affrontato le sue peculiarità, fra cui la
celebre "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi
dialetti" di Gerhard Rohlfs (1).
Il corpus complessivo delle pubblicazioni non pare, tuttavia,
impressionante. Nonostante la relativa limitatezza degli studi, o
forse proprio per questo, non esiste una unanimità di vedute
sull'origine del dialetto treppiese, ma al contrario si affrontano
due opposte teorie:
la prima, proposta nel 1958 da Salvatore Barbagallo, vuole che
Treppio sia un relitto linguistico delle popolazioni preindeueuropee
dei liguri Apuani, relitto oggi testimoniato da Treppio e dalla
Garfagnana.
la seconda, proposta a partire dal 1974 da Lia Bonzi, vuole che
Treppio sia una antica colonia garfagnina e che il treppiese non sia
altro che un dialetto della media Garfagnana contaminato da elementi
bolognesi e pistoiesi.
Entrambe le ipotesi tuttavia non ci sembrano convincenti ...
L'ipotesi di barbagallo (fatta propria dallo storico pistoiese
Natale Rauty) non pare convincente perché ai fenomeni fonetici
attribuiti a questa cultura preindeueropea non si accompagna la
presenza di alcun peculiare ed esclusivo relitto lessicale da
attribuire ad antiche parole mediterranee (i pochi vocaboli di
origine preindeueropea usati a Treppio sono comuni anche ad altre
località dell'Appennino Tosco - Emiliano che non conoscono la
pronuncia cacuminale: gronchio, crodare) (2).
L'ipotesi della Bonzi (condivisa dagli studiosi Gianelli e
Montemagni) se vera dovrebbe testimoniare una origine relativamente
recente di Treppio e, comunque, una origine storicamente accertabile
o ricostruibile nella memoria popolare. Nulla di tutto ciò si può
attestare per Treppio, ed è per questo (pensiamo) che ha indotto uno
storico come Rauty a propendere per l'opotesi di Barbagallo (N.
Rauty, Storia di Pistoia, vol. 1, p. 12).
Di fronte a questa antinomia la lettura di una pagine di Rohlfs ci
suggerisce una terza ipotesi: quella dell'origine per contaminazione
- in aree marginali - dei dialetti gallo - italiani con altri
dialetti italiani.
Come è noto a tutti coloro che si sono interessati, anche solo per
curiosità, del dialetto di Treppio, una delle caratteristiche più
importanti di questo dialetto è la "cacuminalità", e cioè la lettura
di "l" con la lingua in posizione retroversa ovvero invertita (esito
l > d).
La cacuminalità (estesa anche ad altre consonanti) è fenomeno noto
in alcuni dialetti dell'italia meridionale (calabrese, siciliano,
etc.), tuttavia il Rohlfs alle pagine 217 e 218 della sua
"Grammatica" (op. cit.) sottolinea che gli esiti del treppiese e del
garfagnino sono imparentati non con i dialetti meridionali in
generale, ma con i dialetti marginali meridionali appartenti alla
famiglia dei dialetti gallo - italiani (3).
Anche l'esito di "li" e "gl" che pervengono ad una doppia "g"
(treppiese e garfagnino) non è solo fenomeno dei dialetti
meridionali come il siciliano (es. "figghio"), ma anche dei dialetti
delle colonie gallo - italiane del meridione.
Si tratta, come ben si vede, di due coincidenze non eccezionali, ma
che pure possono rappresentare un indizio per suggerire una terza
ipotesi a fronte di quelle fino ad oggi proposte.
Il treppiese, il garfagnino e i dialetti delle colonie gallo -
italine in meridione potrebbero, quindi, presentare questi aspetti
comuni come esito morfologico dell'incrocio fra dialetti differenti.
In altre parole potrebbe essere che l'incontro tra un dialetto gallo
- italiano e un dialetto italiano di altra specie comporti,
necessariamente, certe forme fonetiche.
Evidentemente quello che si propone, oggi come oggi, è solo una
suggestione che peraltro dovrebbe tenere conto che l'incontro fra
dialetto gallo - italiano e dialetto toscano darà comunque luogo a
un dialetto diverso e peculiare rispetto all'incontro fra un
dialetto gallo - italico e un dialetto meridionale, una suggestione
tuttavia che riteniamo degna di essere almeno considerata.
Riteniamo altresì che l'isolamento (fenomeno ben attestabile per
Treppio (vedi pp. 115 - 116 del n. 26 (2002) di Gente di Gaggio))
sia un elemento importante per la sopravvivenza di questo tipo di
dialetti marginali.
Non è escluso, infatti, che in origine le peculiarità del treppiese
fossero maggiormente diffuse nell'Appennino tosco - emiliano, ma che
successivamente l'influsso dei poteri forti di Bologna e Pistoia
(non solo politici, ma anche culturali e dei mercati / mercanti)
abbiano cancellato il più antico substrato.
Il dialetto di Treppio è sopravissuto, al contrario, nella sua
integrità (tra i più anziani)fino agli anni '70 del XX secolo per
via del suo isolamento, è bastata la costruzione di una strada per
portarlo alla estinzione in una quarantina d'anni.
A chi legge le considerazioni del caso ...
NOTE:
(1) "Farestoria", n. 2, 1984, pp. 43 - 49
"Nueter", XXVI, 2000, pp. 145 - 192
"Gente di Gaggio", n. 26, 2002, pp. 113 - 118 (a giugno 2003
dovrebbe uscire la continuazione sempre su "Gente di Gaggio")
S. Barbagallo, "Il relitto linguistico di Treppio", Bologna 1958
N. Rauty, "Storia di Pistoia", vol. I, Firenze 1988
G. Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi
dialetti", Torino, 1999
(2) circa l'obiezione della Bonzi relativa all'assenza di relitti
linguistici cacuminali tra Treppio e la Garafgnana (Nueter, XXVI,
2000, p. 156) pare invece doveroso precisare che nella stessa
toponomastica locale di Treppio risultano assenti fenomeni
cacuminali. Questa, infatti, è la situazione registrata agli inizi
degli anni '90 per la zona di Treppio (cfr. il "Dizionario
Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese" (Pistoia 1993)
realizzato secondo criteri scientificamente rigorosi e che hanno
portato all'encomio del celebre professore Carlo Alberto Mastrelli):
Casellina anziché castedina (l'informatore è nato nel 1930);
Castello anziché quel "castedo" che la stessa Bonzi nel suo "Piccolo
Dizionario" aveva registrato sulla base delle interviste che fece
nei primi anni '70 (l'informatore è nato nel 1959);
Fonte Camillina anziché Fonte Camidina (l'informatore è nato nel
1930);
Lavacchio anziché Davacchio (l'informatore è nato nel 1959);
Lero anziché Dero (l'informatore è nato nel 1962);
Lupaia anziché Dupaia (l'informatore è nato nel 1933);
Lucerne anziché Ducerne (l'informatore è nato nel 1933);
Pizzinelli anziché Pizzinedi (l'informatrice è nata nel 1899).
Nell'ultimo caso, ma solo nell'ultimo, si può immaginare che
l'anziana informatrice abbia voluto mantenersi sul registro
italiano, seguendo la vecchia logica dei contadini toscani di
"aggiustarsi" al livello di comprensione dell'interlocutore (cfr. F.
GUCCINI, "Nota sui dialetti" in"Dizionario Toponomastico del Comune
di Sambuca Pistoiese", Pistoia, 1993, pp. 21-22 e "Fiabe Italiane",
a cura di C. Lapucci, Milano, 2002, p. 226). Per gli altri
informatori, specialmente quelli nati a cavallo fra gli anni '50 e
'60, è chiaro che gli stessi hanno perduto completamente la memoria
della cacuminalità di cui, al massimo, avranno sentito parlare come
di una strana e lontana peculiarità del parlare dei nonni.
Sta, in ogni caso, di fatto che anche nel caso dell'informatrice del
1899 viene passata alla memoria delle nuove generazioni un ricordo
toponomastico senza cacuminali (è facile imamginare cosa sarebbe
successo della memoria del dialetto di Treppio nel giro di una
cinquantina di anni se una certa signorina Lili Viernstein non si
fosse accorta (anno 1948) delle sue peculiarità (G. Rohlfs,
"Grammatica Storica", p. 218)). Pare, peraltro, che del treppiese si
fosse sommariamente occupato anche il grande filologo iberico Ramon
Menendez Pidal.
Per ulteriore precisione si ricorda che neppure la cartografia
ufficiale (Carta Tecnica Provinciale di Pistoia, Istituto Geografico
Militare, Catasto) riporta per la zona di Treppio e dintorni alcun
fenomeno cacuminale e nessun fenomeno cacuminale risulta legato a
toponimi nemmeno nelle fonti archivistiche (cfr. alle singole voci
il citato "Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca
Pistoiese").
Vale la pena usare questo spazio per registrare che anche per i nomi
popolari con i quali sono conosciuti i funghi a Treppio non si
registra più alcun fenomeno di cacuminalità (ceppadelli per porcino,
galletti per galletto, cimballo per prugnolo d'autunno anziché
ceppadedi, gadedi, cimbado).
Per quanto riguarda, poi, il lessico non si rileva a Treppio la
presenza del probabile relitto ligure "goge" per scoiattolo presente
invece in molte località dell'Alto Reno (Pavana, Sambuca, Badi,
Stagno, Sambuca).
(3) Sugli esiti cacuminali dei dialetti gallo italiani della zona
marginale di Potenza cfr. G. ROHLFS "Studi e ricerche su lingue e
dialetti d'Italia" pp. 205 - 206 (Sansoni, Firenze 1997)


IL DIALETTO DI TREPPIO SECONDO EDGARDO FERRARI
(CON TANTO DI IPOTESI MERIDIONALE)
Dopo averci divertito con le sue teorie sui dialetti dell’Alto Reno
(crochione e crocchia sono termini sconosciuti in Toscana (!), a
Lagacci si parla un dialetto marcatamente toscano (!!), la “c” del
sambucano “rancego” dimostra in maniera palese l’emilianità del
sambucano (!!!), “logo commodo” è sconosciuto in Toscana (!!!!))
Edgardo Ferrari ci riprova col dialetto treppiese e il suo
particolare suono ‘cacuminale’.
Nel numero 27 di “Gente di Gaggio” (anno 2003, pp. 102 ss.) il
nostro volonteroso studioso infatti ci sorprende con nuovi colpi a
sorpresa, a titolo di esempio:
1) Secondo l’articolista il dialetto di Treppio e il dialetto di
Sambuca non hanno grandi differenze (“abbiamo visto che le
differenze fra il dialetto di Treppio e quello di sambuca non sono
afatto rilevanti” (p. 104)). Affermazione quantomai singolare visto
che il treppiese presenta l’esito –aio in luogo di –aro, che “gli” è
reso con “ghi” (cosa ignota al sambucano), che il prefisso ri-
sostituisce il sambucano ar- (treppiese ‘ricotta’ e sambucano
‘arcotta’), che aia viene reso con “aghia”;
2) secondo l’articolista Lili Viernstein non ebbe difficoltà a
riscontrare i suoni cacuminali nel 1948 (p. 106), mentre le trovò
Salvatore Barbagallo nel 1957 (p. 106). Tesi, questa, quantomeno
singolare visto che il Ferrari non ha prove per sostenere che Lili
Viernstein non ebbe difficoltà a trovare informatori (al contrario
abbiamo indizi che c’inducono a ritenere che anche la Viernstein
abbia avuto qualche difficoltà a trovare testimonianze dirette: la
Viernstein non pubblicò alcun lavoro sul dialetto di Treppio e il
Rohlfs si limitò solamente a riportare la notizie in un paio di note
della sua celebre “Grammatica Storica della Lingua Italiana e dei
suoi dialetti” in quanto “ben attento a non trarre conclusioni che
potrebbero (sic) rivelarsi affrettate” (p. 102));
3) Per il Ferrari a Treppio non è mai esistito il troncamento
nell’infinito presente dei verbi (per il Ferrari il troncamento è il
frutto di un “qualche informatore poco attendibile”(p. 108)) e, se
mai è esistito, si tratta sicuramente di un prestito maremmano (p.
108). Ipotesi quantomeno originale non solo perché il troncamento
dell’infinito è attestato da numerosissimi esempi nel dizionario
della Bondi (tutti informatori poco attendibili?), non solo perché è
tipica del dialetto pistoiese (ma il Ferrari lo conosce il dialetto
pistoiese? Oppure parla dei dialetti della montagna fra Bologna e
Pistoia solo a sentimento?), ma anche perché detto troncamento
(apocope sarebbe il termine più corretto) è attestato pure nel
dialetto di Montale Pistoiese (e Treppio appartenne per secoli alla
giurisdizione granducale della Podesteria di Montale). Peraltro non
siamo a conoscenza degli autorevoli ed attendibili informatori del
nostro articolista: Chi sono?;
4) Per il nostro articolista, infine, il fenomeno cacuminale è
recentissimo. Benissimo! ma quanto recente? A pagina 106 si sostiene
che la cacuminalità del treppiese ha origine “circa duecento o
trecento anni fa”, ma a pagina 108 si afferma che tale origine
risale sicuramente a “circa centocinquanta anni fa”. Tra 150 e 300
anni c’è una bella differenza!
I punti precedenti portano così ad escludere qualsivoglia valore
scientifico alla tesi di Ferrari che, tuttavia, riportiamo per
correttezza:
“Circa centocinquanta anni fa si stabilirono a Treppio alcuni
rappresentanti della nobile casata dei Gargallo di Castel Lentini
(compreso il Marchese in persona). Chi non ci dice che la
cacuminalità della loro pronuncia sicula non si sia diffusa in un
paese così isolato geograficamente e così permeabile alle pochissime
influenze esterne, soprattutto considerando la grande autorevolezza
dei colti e blasonati “ nuovi arrivati”? Fra l’altro, forse
casualmente, i Gargallo non si sono più rivisti a Treppio dopo i
primi anni cinquanta (quando hanno cominciato a recedere i suoni
cacuminali)” (pp. 108 – 109).
Anche in questo caso è bene aprire un paio di parentesi critiche:
1) Le comunità rurali (e Treppio è sicuramente una comunità rurale)
sono molto conservative (si veda in proposito gli studi di Telmon,
le regole geolinguistiche del Matteo Bartoli, etc.). Ciò costituisce
un elemento a sfavore dell’ipotesi meridionale proposta dal Ferrari;
2) per quanto mi risulta (vedi Nueter, vedi le pubblicazioni della
Società Pistoiese di Storia Patria, vedi le varie pubblicazioni
sulla Sambuca, vedi lo stesso sito web del Comune di Sambuca
Pistoiese) i Gargallo giunsero a Treppio alla fine del XIX secolo
(il fenomeno cacuminale sarebbe stato dunque di rapidissimo impatto
e di rapidissima scomparsa (cosa poco credibile in un ambiente
rurale)). Inoltre dei vari rappresentanti della casata Gargallo solo
uno avrebbe preso dimora a Treppio (il Marchese Giovacchino Gargallo
che sposò la treppiese Annunziata Gualandi).
Da questi elementi è più facile immaginare che i Gargallo si
trasferirono a Treppio perché sentivano nella cacuminalità qualcosa
di familiare (anche se per sola somiglianza) piuttosto che
immaginare una presunta origine meridionale della cacuminalità della
pronuncia cacuminale del treppiese.


COME INVENTARE UNA IPOTESI SUL DIALETTO DI TREPPIO NEL TINELLO DI
CASA
Riteniamo di avere già adeguatamente dimostrato che l'ipotesi
"meridionale" proposta dal Ferrari per spiegare l'origine del suono
cacuminale del treppiese (l>d) sia da considerarsi completamente
errata. Tuttavia, non contenti, abbiamo deciso anche noi di
INVENTARE una ipotesi sull'origine del dialetto di Treppio usando
gli stessi elementi (ERRATI) del Ferrari. Per Ferrari, infatti:
a) il suono cacuminale del treppiese è anche del siciliano ed è
stato importato nel treppiese da esponenti della casata siciliana
dei Gargallo di Castel Lentini (Gente di Gaggio, giugno 2003, p.
108);
b) il suono cacuminale di Treppio ha avuto origine circa 150 anni fa
(ibid., p. 108);
c) l'area di Treppio è linguisticamente permeabile come dimostra il
prestito lessicale maremmano "rapazola" per giaciglio (Ibid., p.
108)*.
Rielaborando gli stessi (ERRATI) elementi possiamo asserire al tempo
stesso anche una origine sardo - corsa del suono cacuminale del
treppiese (o volendo calabro - abbruzzese), infatti:
A) il fenomeno dei suoni cacuminali è proprio anche del sardo, del
corso, del calabrese e di alcuni dialetti marginali dell'Abruzzo
(cfr. C.GRASSI - A.A. SOBRERO - T.TELMON, "Fondamenti di
dialettologia italiana", Laterza, bari, 2001, p. 116);
B) le campagne stagionali dei montanari bolognesi, modenesi,
lucchesi e pistoiesi (e quindi anche di Treppio) verso la Sardegna
hanno avuto inizio verso il 1850 (G. SIRGI, "Il boscaiolo", Centro
Editoriale di Castel di Casio, Bologna, 1991, p. 14). Tra le
località preferite per le campagne dei "boscaioli" c'erano anche la
Corsica, la Calabria e gli Abruzzi (G. SIRGI, op. cit, p. 14).
Guardacaso le località sono quelle citate al punto A);
C) mentre non è possibile riscontrare un solo prestito lessicale
siciliano nel treppiese (cosa piuttosto strana visto che l'elemento
lessicale è il più viaggiatore) si può riscontrare qualche elemento
lessicale di origine sardo - corsa (es "zanghio").
Ovviamente questa ipotesi non alcuna pretesa di scientificità
(tutt'altro!). Abbiamo solo voluto dimostrare come la tesi del
Ferrari sia fondata SU BEN SCARSE PROVE e soprattutto su ben errati
ragionamenti di base. Tanto è vero che sulla base degli stessi
principi usati dal Ferrari per la sua ipotesi "meridionale -
siciliana" abbiamo potuto inventarci (nel tinello di cucina) questa
ipotesi sull'oriine deldialetto di Treppio.


LA SCOPERTA DEL 18 FEBBRAIO 2004
NEL PIU' ANTICO TREPPIESE NON ESISTEVA IL SUONO CACUMINALE!
Nell'anno 2002 viene pubblicato per i tipi della Nuova Fag
Litografica di Pistoia la redazione completa di tutti gli Statuti
della comunità di Treppio dalla fine del XVI secolo alla metà del
secolo XVII (a cura di M. BRUSCHI, "Gli Statuti di Treppio (1585 -
1658)", Pistoia, 2002). A pagina 48 e a pagina 51 di questa
importante opera compare un idronomo davvero sorprendente "Rio della
Luvaia". Questa testimonianza dimostra che il più antico dialetto di
Treppio presentava caratteristiche settentrionali (sonorizzazione di
P) ma non il tipico suono cacuminale treppiese (L > D). Il curatore
non si accorge dell'importanza linguistica di questa testimonianza,
ma noi sì. Il giorno della scoperta (18.02.2004) abbiamo inviato due
e - mail (con identico testo) al prof. Giannelli dell'Università di
Siena e al Dr. Vitali (esperto dei dialetti bolognesi curatore del
Dizionario Bolognese pubblicato da Vallardi).
Segue il testo di una lettera inviata al Dr. Vitali e al Prof.
Giannelli
"Come potrà constatare sia nel 1610 che nel 1636 compare l'idronomo
"Rio della Luvaia". Idronomo che attesta l'assenza di cacuminale nel
più antico treppiese e, contemporaneamente, la presenza della
lenizione settentrionale. Assieme a questo idronomo troviamo in
entrambe le occasioni (che distano tra loro quasi 30 anni!) anche il
toponimo Faggeta di Scalochio che presenta la degeminazione
consonantica settentrionale (nome attuale Scalocchio secondo il
Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese, Società
Pistoiese di Storia Patria, Pistoia 1993, p. 159).
Il Rio della Luvaia è l'attuale fosso della Lupaia.
E' assolutamente poco pensabile che due redazioni diverse a quasi
trenta anni di distanza presentino il medesimo errore di
trascrizione (come asserisce, al contrario, il curatore suggerendo
anche per l'epoca l'attuale "Lupaia"). E' evidente che all'epoca la
cacuminale treppiese non esisteva (o, ancora più probabile, è
evidente che la toponomastica dell'epoca mantenesse ancora la
vecchia situazione linguistica precedente all'introduzione nel
dialetto della cacuminale).
E' evidente anche che il toponimo Luvaia registra una situazione del
treppiese in cui la sonorizzazione in P era molto estesa, mentre la
situazione che conosciamo di Treppio ai tempi della ricerca della
Bonzi (anni 70) presentava un forte indebolimento delle forme
sonorizzate di P (esempio ape veniva reso ava, ma anche apa).
In particolare la Bonzi registra per Lupo la forma Dupo con evidente
presenza di cacuminale e assenza di sonorizzazione in p.
Tra i possibili toponimi che dovrebbero attestare l'antichità delle
realizzazioni linguistico - fonetiche settentrionali del treppiese
segnalo anche un "Rio del Reveo" registrato negli Statuti della fine
del XVI secolo.
Segnalo che per Scalocchio > Scalochio abbiamo attestazioni
risalenti fino al 1106 (Alpe Scalochia) come risulta dallo stesso
Dizionario Toponomastico della Sambuca (p. 159). Il che significa
che la presenza di eventi linguistici settentrionali nel treppiese è
particolarmente antica, ma significa anche che è particolarmente
antica la presenza di eventi linguistici toscani (il nesso latino cl
è trattato, infatti, come ch).Invero il documento del 1106 (Archivio
della Abbazia di Fontana Taona) credo sia la più antica attestazione
del gallo - toscano.
Tutto questo lascia prova evidentemente che il suono cacuminale del
treppiese è un evento relativamente recente (anche se non così
recente come asserisce il buon Edgardo Ferrari con la sua tesi sui
sicialiani) e dunque non ascrivibile ad alcun sostrato ligure -
apuano o meditterraneo in genere come sostengono i vari Barbagallo,
Rauty, etc."
Da osservare come la forma Luvaia mostra anche una terza importante
caratteristica del treppiese più antico: il suffisso latino -arius
dà aio come in toscano, anziché la forma -ario dell'emiliano.

IL TESTO DEL PRIMO DOCUMENTO CHE ATTESTA L'ASSENZA NELL'ANTICO
TREPPIESE DELLA CACUMINALE
da "Gli Statuti di Treppio" editi dalla Nuova Fag Litografica a
Pistoia nel 2002 a cura di Mario Bruschi
"In Nomine Domini
Adì primo di Agosto del 1610
Congregati li Rappresentanti et homini del Comune di Treppio nella
Chiesa di San Michele di Treppio a suono di Campana secondo il
solito di loro congregatione in n.ro di 90 servati servandis etc.
Statuirono et ordinorno che le capre non possino stare ne pasturare
per li Castagneti della loro Comunità atteso il danno grande che di
continuo se ne viene ma si bene devino et possino stare dal Rio
della Luvaia e Rio della Sambuchessa verso la faggeta di Scalochio
et chi sarà trovato per l'avvenire con dette capre fuora del detto
confino s'intendino perse et caschi in pena di scudi uno"
Da questo brevissimo documento riusciamo, così, a determinare alcune
conclusioni importantissime del dialetto treppiese dell'inizio del
XVII secolo:
1) era senza cacuminale; 2) presentava una più accentuata
sonorizzazione per P; 3) presentava la risoluzione -aio per il
suffisso -arius; 3) presentava la degeminazione consonantica; 4)
presentava la risoluzione del nesso latino cl e gl in ch e gh.


CARATTERISTICHE TOSCANE DEL DIALETTO DI TREPPIO
Abbiamo visto, trattando della questione garfagnina, che il
Treppiese presenta numerosi aspetti riconducibili alla varietà
toscana definita nord - occidentale (Pistoia e Lucca).
A parte questo il dialetto di Treppio ha un lessico e una fonetica
che, sia pure influenzata dall'emiliano, risulta essere
primariamente di tipo toscano, ecco alcuni esempi tratti dal
Dizionario della Bonzi (Nueter, XXVI, 2000, pp. 145 ss.):
1) le vocali a, e, i postoniche di parola proparossitona si
mantengono intatte (es: cendere, cocombero);
2) il passaggio di m postonica di parola proparossitona da esito mb
(gombido, cambera);
3) si conservano e ed o finali anche se precedute da nasale semplice
(gelone, frignone);
4) il prefisso ri- rimane inalterato tranne nei casi in cui il
fenomeno della prostesi vocalica non si presenti anche a Pistoia
(es: ricotta, rigomità);
5) l'esito del suffisso -arium è aio (cucchiaio, calzolaio);
6) il pronome atono di terza persona femminile "le" usato come
rideterminante del verbo ("le c'è", "le ci va").
A queste sei aggiungiamo a titolo di esempio delle caratteristiche
pistoiesi quali:
I) il lambdacismo della geminata "rr" in parole come ramarro
(ramallo con esito ramado per cacuminalità);
II) il rotacismo di r (alido);
III) l'uso del suffisso -olo (formigola);
IV) lo scambio fra dentali e velari davanti a "i" semiconsonante
(aschio, diaccio);
V) il passaggio d > r (es: pistoiese "coresto" e treppiese "mirollo"
citato da Rohlfs alle pagine 294 - 295 della sua celebre
"Grammatica");
VI) il passaggio della labiodentale alla bilabiale (esito v > b) in
parole come "baccillà" (cfr. F. Guccini, Croniche Epafaniche, p. 168
- G. Rohlfs, Grammatica Storica, p. 228).
E questo senza considerare l'assenza delle vocali lunghe (es: il
bolognese aldaam sarebbe una bestemmia per un treppiese), le
numerose parole di origine pistoiese o toscane, etc.
Il treppiese quindi si inserisce pienamente fra i dialetti di tipo
toscano (precisamente è un dialetto "gallo - toscano" di tipo
toscano.


VOCABOLI TREPPIESI A CONFRONTO CON VOACBOLI PISTOIESI E BOLOGNESI
Al fine di verificare la toscanità del treppiese si è ritenuto
opportuno fare un confronto fra i vocaboli usati nel dialetto di
Treppio e le eventuali corrispondenze col bolognese e col pistoiese.
Tanto è maggiore è il numero di coincidenze lessicali del Treppiese
con uno degli altri due dialetti e tanto più sicura l'attribuzione
del Treppiese alla sfera emiliana o toscana.
A tal uopo abbiamo utilizzato tre testi:
a) L. BONZI, "Piccolo dizionario del dialetto di Treppio", Nueter,
XXVI, 2000, pp. 145 ss.;
b) G.GIACOMELLI, "Vocabolario Pistoiese", Società Pistoiese di
Storia Patria, Pistoia 2000;
c) D. VITALI - L. LEPRI, "Dizionario Bolognese", Vallardi, Milano,
2000
Come criterio abbiamo usato quello già provato per il dialetto
pavanese e, pertanto:
1) non sono considerate coincidenze tutti i termini d'uso non
cittadino (esempio non si è considerato come coincidenza "bioccio"
che, pure essendo largamente utilizzato nella montagna pistoiese, e
ignoto nella città toscana);
2) non sono considerate coincidenze i termini pistoiesi cittadini (o
bolognesi) non compresi nel vocabolario perché disusati (es: brage);
3) non sono altresì considerati come coincidenze i termini fra loro
simili, ma non perfettamente collimanti (es: il pistoiese breccino
col treppiese breccia);
4) non sono considerati come coincidenze le parole di uso quotidiano
a Pistoia, ma non considerate nel vocabolario come "dialettali".
Per il confronto si è utilizzato un campione composto da 151
vocaboli (tutte le parole che iniziano con la lettera A e tutte le
parole che iniziano con la lettera B contenute nel vocabolario del
dialetto di Treppio).
Anticipiamo che dei 151 vocaboli verificati (pari al 14,31% del
totale contenuti nel Dizionario della Bonzi) ben 41 mostravano
coincidenze col pistoiese cittadino e solo 10 col bolognese
cittadino (rapporto 4 : 1) , questo nonostante che il numero di
vocaboli contenuto nel Dizionario Bolognese è di oltre 13000,contro
i circa 3000 del Vocabolario Pistoiese.
E' segno, quindi, che il treppiese è un dialetto "gallo - toscano"
di tipo marcatamente toscano.
ELENCO DEI VOCABOLI IN CUI SI E' RISCONTRATO UNA COINCIDENZA
SIGNIFICATIVA (DIALETTO DI TREPPIO, DIALETTO PISTOIESE DELLA CITTA'
DI PISTOIA, DIALETTO BOLOGNESE DELLA CITTA' DI BOLOGNA)
Treppiese AGOCCHIA Pistoiese ------ Bolognese AGOCCIA Italiano AGO
Treppiese ALBERO Pistoiese ALBERO Bolognese ----- Italiano PIOPPO
Treppiese ALIDO Pistoiese ALIDO Bolognese ----- Italiano ARIDO
Treppiese ALIDORE Pistoiese ALIDORE Bolognese ---- Italiano ARIDITA'
Treppiese ANDA' Pistoiese ANDA' Bolognese ---- Italiano ANDARE
Treppiese ANO Pistoiese ANNO Bolognese ---- Italiano L'ANNO SCORSO
Treppiese ANSIMO Pistoiese ANSIMO Bolognese ---- Italiano FIATO
GROSSO
Treppiese ANTRO Pistoiese ANTRO Bolognese ---- Italiano ALTRO
Treppiese ASCARO Pistoiese ASCHERO Bolognese ---- Italiano DESIDERIO
Treppiese ASCHIO Pistoiese ASCHIO Bolognese --- Italiano ASTIO
Treppiese AVERTO Pistoiese ----- Bolognese AVEERT Italiano APERTO
Treppiese AVE' Pistoiese AVE' Bolognese ---- Italiano AVERE
Treppiese AVRI' Pistoiese APRI' Bolognese ---- Italiano APRIRE
Treppiese AVRILE Pistoiese ----- Bolognese AVRELL Italiano APRILE
Treppiese BACCANO Pistoiese BACCANO Bolognese ---- Italiano
CONFUSIONE
Treppiese BAIA' Pistoiese ABBAIA' Bolognese ----- Italiano ABBAIARE
Treppiese BADOTTI Pistoiese BALLOTTI Bolognese ---- Italiano
CASTAGNE LESSATE
Treppiese BALUGANO Pistoiese BALUGANO Bolognese ----- Italiano
BALORDO
Treppiese BANDONA' Pistoiese ABBANDONA' Bolognese ---- Italiano
ABBANDONARE
Treppiese BASTONA' Pistoiese BASTONA' Bolognese ---- Italiano
BASTONARE
Treppiese BATOCCHIO Pistoiese ----- Bolognese BATOCC Italiano
BATACCHIO
Treppiese BELURIA Pistoiese BELLURIA Bolognese ---- Italiano
BELLEZZA
Treppiese BERGA' Pistoiese BERGA' Bolognese ----- Italiano SOSTARE
DI NOTTE
Treppiese BIASCIA' Pistoiese BIASCIA' Bolognese BIASUGHER Italiano
MASTICARE (SPECIE CON FATICA)
Treppiese BIGONGIO Pistoiese BIGONGIO Bolognese ---- Italiano
RECIPIENTE DI LEGNO
Treppiese BOCCO Pistoiese BOCCO Bolognese ---- Italiano UN BERSAGLIO
DEL GIOCO DEL NOCINO
Treppiese BODI' Pistoiese BOLLI' Bolognese ---- Italiano BOLLIRE
Treppiese BONO Pistoiese BONO Bolognese BON Italiano BUONO
Treppiese BOTTA Pistoiese BOTTA Bolognese BOTTA Italiano BOTTA (in
Alto Reno 'botta' è sentito come toscanismo)
Treppiese BRACCIALETTO Pistoiese BRACCIALE Bolognese ---- Italiano
FERRO CHE TIENE FERMA UNA ANTA DI UNA PORTA
Treppiese BRAGHE Pistoiese ---- Bolognese BREG Italiano PANTALONI
Treppiese BRANDANO Pistoiese BRANDANO Bolognese ---- Italiano
SCIATTO, DISORDINATO
Treppiese BRICCARSI Pistoiese ABBRICARSI Bolognese ---- Italiano
TENERSI AGGRAPPATO (LEGATO) A QUALCHE COSA
Treppiese BRISCOLA Pistoiese BRISCOLA Bolognese ---- Italiano BOTTA
Treppiese BROCCIOLO (cfr. p. 164) Pistoiese BROCCIOLO Bolognese ----
Italiano SCAZZONE (cottus gobio)
Treppiese BRODA Pistoiese BRODA Bolognese ---- Italiano CIBO PER I
MAIALI
Treppiese BRONTOLA' Pistoiese BRONTOLA' Bolognese ----- Italiano
BRONTOLARE
Treppiese BRUGOLO Pistoiese BRUCOLO Bolognese BRUUGUEL Italiano
FORUNCOLO
Treppiese BRUSCHETTA Pistoiese BRUSCHETTA Bolognese ---- Italiano
FETTA DI PANE ARROSTITA E CONDITA CON AGLIO, OLIO E SALE
Treppiese BRUZZICO Pistoiese BRUZZICO Bolognese ---- Italiano TRA LA
NOTTE E L'ALBA
Treppiese BUBBOLA Pistoiese BUBBOLA Bolognese BOBBLA Italiano UPUPA
Treppiese BUCCIA Pistoiese BUCCIA Bolognese ---- Italiano CROSTA DEL
PANE
Treppiese BUSSOLO Pistoiese BUSSOLO Bolognese ---- Italiano BOSSO
Treppiese BUZZA Pistoiese BUZZA Bolognese ---- Italiano PANCIA
Treppiese BUZZONE Pistoiese BUZZONE Bolognese ----- Italiano
CICCIONE


IL DIALETTO DI CARPINETA NEL 1910
CARPINETA (SOTTOFRAZIONE DI TREPPIO IN COMUNE DI SAMBUCA PISTOIESE)
Fonte: TITO ZANARDELLI, "Saggi folklorici in dialetto di Badi",
Zanichelli, Bologna 1910
Si riportano di seguito alcuni interessanti stralci relativi alla
sottofrazione treppiese di Carpineta contenuti nel lavoro di Tito
Zanardelli. Il testo che si riporta è di estremo interesse, anche
perché risulta la prima testimonianza scritta del dialetto treppiese
e del suo peculiare suono cacuminale.
GLI ARTICOLI
el, i , la, l’, le
I TERMINI
1) albaro = pioppo [per Bonzi (Nueter n. 51 anno 2000) la pronuncia
è "albero"]
2) ala = ala
3) anima = anima
4) raccogliere = ricattare, montinare (specialmente del grano)
5) aprire = avrire
6) somigliare = rissomJare
7) bariletti = barddetto
8) buio = buio
9) a cavalluccio = a cavaggiotto
10) cavallo = cavaddo (plurali cavaddi) – [per Bonzi (Nueter n.
51/2000) cavado]
11) tetto = covertura (pistoiese copertura)
12) fame = famme
13) formica = formigola (pistoiese e badese formicola)
14) fratello = fradeddo [per Bonzi (Nueter 51/2000) fratedo]
15) fragola = fragola
16) estate = istade
17) lenzuolo = lenzuolo [per Bonzi (Nueter 51/2000) denzolo]
18) pupilla e luce = fantina
19) lume = ddume [per Bonzi (Nueter 51/2000) dume]
20) mica = mia (come a Stagno, Moscacchia, Poggio)
21) noce = noje
22) paiuolo = paiuolo
23) pecora = pegora [per Bonzi (Nueter 51/2000) pegora]
24) mirtillo = ampullina [per Bonzi (Nueter 51/2000) dampoline, con
concrezione dell’articolo]
25) potere = podè (da notare il troncamento dell’infinito come in
pistoiese)
26) spera = specchio [per Bonzi (Nueter 51/2000) la spera è lo
specchio di forma quadrata]
IL SUONO CACUMINALE
"Dd (dd) di diverso carattere, adoperato specialmente nel glossario,
designa il suono del dd siciliano (in sostituzione di ll), il quale
si ode sul Monte di Badi, al di là dell’antico confine bolognese e
propriamente a Carpineta, in territorio toscano, anche
nell’iniziale, quando si raddoppia per contatto sintattico, come in
va ddà = va là, va a ddètto = va a letto, va a ddavare = va a
lavare, ecc." (pp. 9 – 10)
Di enorme importanza risulta la citazione dello Zanardelli sulla
cacuminale a Carpineta dato che prevede una modalità di comparsa
della D cacuminale a inizio parola che non solo è INSOLITO, ma che
non è neppure registrato dalla Bonzi.
A prescindere da questa osservazione è in ogni caso da osservare che
a cacuminale carpinetana e treppiese è comunque un dato linguistico
invero piuttosto interessante poiché dimostra che i parlanti (pur
adottando lo scempiamento consonantico) conoscono fin troppo bene
che si tratta di un raddoppio consonantico. Facciamo un esempio:
grillo era detto in treppiese grido e cavallo cavado, ma (in
ipotesi) se esistesse una parola italiana -
toscana del tipo "grilo" il treppiese l'avrebbe pronunciata "grilo"
e non "grido" appunto! Inoltre, la Bonzi ha dimostrato che le parole
nuove o ecclesiastiche mantengono la consonante doppia (vedi
"allelulia" e "alluminio"), prova ulteriore del fatto che il
treppiese cacuminale (ma si può dire che sia così anche per la
cacuminale garfagnina) è un particolare evento nato da chi parla
padano ma pensa già in toscano (cioè è una prova di pazzia
linguistica perfettamente chiaribile in termini di tipologia
linguistica).
Per noi è emblematico lo Zanardelli quando riporta, ad esempio,
cavaddo per cavallo. Il carpinetese intervistato da Zanardelli avrà
infatti pronunciato "cavado", ma siamo sicuri che il nostro
Zanardelli ha scritto "cavaddo" perché avrà ricostruito
(inconsciamente) nella sua mente un percorso di pernsiero analogo a
quello appena esposto.

Attenzione: lo Zanardelli parla di Monte di Badi ma "al di là
dell'antico confine bolognese". Chi conosce la geografia di Castel
di Casio e Sambuca Pistoiese dovrebbe sapere che la sottofrazione di
Carpineta inizia immediatamente subito dopo Monte di Badi. Quindi lo
Zanardelli non parla mai di Monte di Badi come località bolognese,
ma di quel Monte di Badi geografico che è amministrativamente e
culturalmente sambucano - treppiese.

IL DIALETTO DI CARPINETA (SOTTOFRAZIONE DI TREPPIO) NEL 2004
Forse è bene sapere che a seguito di una recente indagine a
Carpineta è emerso che il dialetto locale mantiene le
caratteristiche della degeminazione consonantica e della
sonorizzazione, ma ha perduto la cacuminale. Come ha argutamente
commentato il prof. Luciano Giannelli dell'Università di Siena in
una e mail del 9 giugno 2004 la situazione dell'attuale dialetto è
tutt'altro che normale: "In effetti è meno ovvio di quanto potrebbe
sembrare. Viene, infarri, eliminato il tratto isolato, ma nel
contetso, perché mantenere gli altri tratti setentrionali? Bacini a
cavaliere dell'Appennino a prescindere da Toscana/Emilia? E
omologazione agli usi di questo bacino?"
Non dimentichiamo, in ogni caso, che anche la cacuminale di
Carpineta era, invero, quantomeno insolita!


DUE LETTERE DEL PROFESSOR LUCIANO GIANNELLI DELL'UNIVERSITA' DI
SIENA SUL DIALETTO DI TREPPIO
Il professor Giannelli è una delle più importanti personalità nel
campo della dialettologia italiana, inoltre è un esperto
riconosciuto a livello internazionale di lingue indigene amerinde
1^ LETTERA DI GIANNELLI
Mi tolga una curiosità, perché pensa che non le avrei risposto?
Rispondo invece per ora in succinto, per cui troverà affermazioni
(eccessivamente) epidittiche, mi riservo di trattare con più calma
la questione nei dettagli.
1° Sono passati trent'anni dalla formulazione delle mie opinioni su
Treppio.
2° Ipotesi sostratica 'ligure', 'mediterranea', 'marziana'. Lei è
troppo preparato perché perda e le faccia perder tempo a commentarle
queste .... fole.
3° I fatti. Treppio ha tre 'stranezze'.
Una, la sonorizzazione, è una non-stranezza vista la posizione
geografica del paese, e comunque non ha a che vedere con la
Garfagnana che ha un altro tipo di sonorizzazione. Piuttosto
dovremmo studiarci Baragazza!!
Seconda stranezza: il tipo ag(g)hio 'aglio'. E' a Montale? Banale, è
puro fiorentino. Ma da Montale a Treppio c'è qualche distanza. Verso
ovest, per trovare simili suoni, bisogna andare in (parte della)
Garfagnana. Però, vogliamo vederlo come un tratto conservativo
toscano? Non impossibile. (Post-dittongazioni chiuse, anche
garfagnine, qualcosa nell'Occidente toscano, molto in Versilia e in
Garfagnana)
Ultima (grave?) stranezza. Suoni cacuminali. In Toscana si ritrovano
solo in Garfagnana ... e a Treppio.
'prova' della garfagninità del treppiese? No. Ma però, dove sono le
cacuminali in Toscana? A Treppio e in Garfagnana. Origine delle
cacuminali: si ascoltino i bambini in fase di apprendimento del
linguaggio. Vale a dire: fenomeno (abbastanza) naturale di
svolgimento fonetico. Quindi, poligenesi? Perché no? Fatto avvenuto
in Garfagnana e ... a Treppio.
Ora, badi bene. Io NON sostengo né sostenni (adombrai e posso
adombrare) l'origine coloniale garfagnina di Treppio. Le analogie ci
sono.
Comune sostrato? Lasciamo perdere, per favore.
Un legame? Che legame?
Che poi la Bonzi abbia 'sposato' questa tesi maturata un po' mentre
facevamo io e lei la sua tesi (coè, io la assistevo, ovviamente)
riguarda la Bonzi. Lei sa meglio di me che i lavoro principe o
archetipico, descrittivo e interpretativo, su Treppio è Barbagallo.
L'ipotesi 'garfagnina' la voglia leggere per quello che è, una
risposta 'modernista' alle idee 'romantiche' (?) di Merlo e dei
merliani, per cui qui si stanno spedendo messaggi in Internet un
etrusco e un celta (celta-ligure?).
More later
Cordiali saluti, e grazie di queste sollecitazioni.
Luciano Giannelli
__________________________________________________________
NOSTRA RISPOSTA
Una sola osservazione: Tra Montale e Treppio non c'è quella grande
distanza (e sicuramente è inferiore alla distanza che c'è fra
Treppio e Bologna). Inoltre il fatto storico della Podesteria di
Montale non mi pare affatto di piccolo conto. Possiamo anche
valutare se Montale abbia agito come agente conservativo e non
innovativo, ma sta di fatto che è difficile immaginare Treppio non
influenzata dal dialetto montalese. Inoltre mentre so per certo che
il passaggio LG > gli > ghi è del fiorentino rustico mi domando se
anche i passaggi del tipo li > gli > ghi > lli > gli > ghi sono
presenti nel fiorentino. Domando questo a causa della mia ignoranza
(non mi è mai capitato di sentirli), per cui sia benevolo nella
risposta.
_________________________________________________________________
2^ LETTERA DEL PROG. LUCIANO GIANNELLI
Del tutto benevolmente, questa evoluzione della laterale palatale in
affricata postpalatale (dirattamente o tramite un passaggio per
-jj-? Se lo chiede Rolhlfs e nessuno sin qui ha saputo dare una
risposta) comincia ad essere attestata nel contado fiorentino nel XV
sec. e si configura come tratto rustico, anche se vi sono indizi che
ad un certo punto era parte del fiorentino cittadino plebeo (sec.
XIX). Oggi è tratto in via di scomparsa, del tutto residuale.
Montale è in comunione (a est) con l'area compatta che presentava il
fenomeno, grosso modo corrispondente al territorio storicamente
fiorentino (fin quasi all'ansa dell'Arno, in tutto il Chianti, la
bassa Valdelsa ecc., l'area pratese cui Montale di fatto si aggrega.
Non ci sono testimonianze del tratto per Pistoia). La caratteristica
si ritrova poi in centri montani garfagnini. Apparentemente, Treppio
fa da ponte, ma potrebbe anche semplicemente dimostrare - sono
d'accordo con lei - che il tratto, da Prato, arrivava fino a
Treppio. Lo sviluppo garfagnino dovrebbe essere indipendente (non
c'è motivo di credere che Lucca e la zona di San Marcello, la media
valle del Serchio/val di Lima abbiano mai avuto il fenomeno, non
abbiamo evidenze è - a quanto mi risulti - indizi). Che fiorentino e
garfagnino coincidano in alcuni tratti senza possibilità di
continuità d'area è interessante, andrebbe rivisitata meglio la
(prei)storia del fiorentino. io avrei un'idea. Se crede, ne
parliamo. Cordialità, grazie per l'attenzione
LG
____________________________________________________________________________________________
In sintesi per il professor Giannelli nessuna ipotesi sull'origine
del dialetto di Treppio è sicura, ma l'ipotesi della colonia
garfagnina è la più probabile. Poco probabile è l'ipotesi di uno
sviluppo autonomo del treppiese (l'ipotesi da noi presentata in
queste pagine). Del tutto improbabile è l'origine sostratistica
ligure - apuano - preindeuropea. Neppure degna di considerazione
l'ipotesi meridionalista del Ferrari.
Circa il riferimento alla "(prei)storia del fiorentino" ci pare
opportuno "rivelare" una ipotesi ancora "in itinere" del prof.
Giannelli: secondo Giannelli (che è sostenitore della teoria
diffusionista) nelle sue primissime fasi il fiorentino era assai
meno distante dal bolognese di quanto lo sia oggi. Il fiorentino
popolare più rustico, anzi il "pessimo fiorentino" per dirla come
Giannelli, avrebbe un eccezionale numero di coincidenze con il
bolognese raffinato. Il fenomeno della affricazione mediopalatale
(presente anche in Garfagnana) secondo il Giannelli è uno di quegli
eventi sentinella (insieme alla pronominalizzazione obbligatoria del
soggetto, la desinenza dell'infinito conservata, etc.) che indirizza
verso la veridicità della sua ipotesi.
Riportiamo uno stralcio di una sua lettera:"A proposito, faccio un
passo avanti per quello che le avevo detto sul fiorentino, vediamo,
in estrema sintesi:
il fiorentino, per più aspetti, è 'insolito' in Toscana vale a dire
che
paradossalmente il fiorentino è relativamente atipico, e certo che
proprio
perché è limitatamente in grado di influenzare il resto di Toscana,
possiamo
estrapolare che prima fosse anche più atipico.Salvo un caso o due in
cui il fiorentino 'gioca solo', l'atipicità consiste in tratti
alto-italiani (settentrionali). La storia di Firenze è quella di una
città che ha progressivamente conquistato la Toscana, prima però ha
dovuto fare i conti con i Guidi sull'Appennino, e sono noti i suoi
contati stretti con Bologna sul piano culturale, fino a epoca tarda
(XIII sec. almeno). Non ci scordiamo neppure Matilde di Canossa.
Bene, io vedrei Firenze come una città che ad un certo punto ha
'voltato le spalle' alle montagne e ha cominciato a occuparsi di
quello che c'era al di sotto delle montagne. La relazione
Bologna-Firenze si è allentata. Bologna e Firenze hanno seguito un
cammino divergente NON IN GRADO di seppellire del tutto certe
connessioni, ad es. il bolognese se privato della sua deriva
fortissima sul piano fonetico, che lo rende incomprensibile, non è
poi un gran che, come dialetto italiano, il che vuol dire che
somiglia tremendamente al fiorentino (nella sintassi, p. es.). Gielo
posso dimostrare. Il veneto è molto più lontano dal fiorentino
dell'emilaino anche
se 'non sembra' (a orecchio e a occhio e croce) Badi che queste
considerazioni sono fatte da un diffusionista, che non crede per
nulla al ruolo del sostrato.
In questo senso quello che accade SULLA linea gotica è doppiamente
interessante, in via generale, ovvero di per sé e, suppostamente, in
via storico-documentaria, perché le parlate border line rischiano di
riportarci, in parte, quello che forse un tempo era (e non lo
vediamo in via rigida, ma con la dovuta flessibilità, variabilità
ecc.) il .... bolognese-fiorentino? In altri termini, vediamo se
anche il (proto)fiorentino potesse essere
ascritto a questo gallo-toscano che va cercando (fermo restando che
i Galli,
o meglio, il gallico, secondo me, non c'entra proprio nulla; si
parla di
contorcimenti di genti perfettamente e totalmente romanizzate -
come, ahimè,
siamo)" (lettera del 29.09.03)

Sulle caratteristiche speciali del fiorentino si rimanda al seguente
stralcio di e - mail del 30.09.03
" Mi piacerebbe (mentre ancora digerisco) altri Suoi spunti, ad
esempio:
>
> 1) il fiorentino ha la pronominalizzazione obbligatoria del
soggetto;
> 2) il fiorentino ha la negazione ridondante (ad esempio è assente
nel
veneto
> 3) il fiorentino presenta per la prima persona singolare "e" come
l'antico
> bolognese (cfr. Rohlfs, Grammatica § 444)

...Vede?

> poi?

Solo 1 è specifico fiorentino (e garfagnino!) ma gli altri tratti
sono
comunque settentrionali, benché pantoscani.

Il fiorentino è l'unico che non fa l'affricamento di s
Il fiorentino conserva la desinenza dell'infinito
Il fiorentino aveva quasi certamente quella sonorizzazione che si
conserva a
Baragazza
Il fiorentino non ha casi di betacismo
Il fiorentino NON ha (almeno in una fase antica) l'articolo el
Il fiorentino ha condizioni di caduta delle vocali finali come nei
testi di
Bonvesin della Riva (più vivacemente del resto di Toscana)"


IL DIALETTO DI TORRI
(SAMBUCA PISTOIESE)
ALLA RICERCA DEI RELITTI LINGUISTICI DI UNA ANTICA COLONIA REGGIANO
- MODENESE

Nel trattare dei dialetti sambucani e della gorgia toscana in Alto
Reno abbiamo osservato che Torri rappresenta, tra tutte le frazioni
del Comune di Sambuca Pistoiese, quella più toscana in assoluto;
l'unica in cui si manifesta il fenomeno della "gorgia toscana"
(buha, hampori, etc.) [1].
Nel trattare del dialetto di Treppio (Treppio e la questione
garfagnina) abbiamo tuttavia accennato al fatto che Torri fu
riabitata da una colonia reggiana, di tale colonia reggiana abbiamo
più diffusamente trattato inaltra pagina (Reggio Emilia e Torri). E,
tuttavia, un nuovo elemento di riflessione si è aggiunto a quelli
considerati inprecedenza, un elemento importante ...
Dalle memorie di Marco Pelagio Mattei (Parroco di Fossato dal 1810
al 1856):
"Fu ripopolato il paese di Monticelli e di Torri da modenesi, da
Niccolao Gioffredi del Secchio del contado di Reggio e da altri suoi
seguaci circa l'anno 1455 ...
A Torri vi sono molte famiglie de' Gioffrdedi e più persone hanno
porato e portano il nome di Giminano (Santo protettore di Modena) e
il dialetto di Torri è tutto quello de' modenesi" (L. BATTISTINI;
"Lentula", pbblicato dall'autrice col patrocinio delle Province di
Pistoia, Prato e Bologna nel 2000 a Rastignano, p. 102).
La prima considerazione che discende dalla lettura di questo brano
è relativa alla colonia di Torri che risulta essere non solo
reggiana, ma anche (e principalmente) modenese ...
Ancora nel XIX secolo a Torri si parlava non toscano, ma emiliano
(modenese e forse misto col reggiano!) Segno che la colonia era
ancora viva e robusta ... Poi, nel giro di un secolo o poco meno,
Torri si è trasformata nella frazione toscana per eccellenza della
Sambuca Pistoiese (pur continuando a essere abitata dai discendenti
dei colonizzatori modeneso - reggiani, come testimonia il cognome
Gioffredi ancora attestato a Torri).
Una ricognizione su ciò che è sopravissuto di emiliano nel parlare
di Torri ha dato un risultato sconfortante ...
Su 324 (trecentoventiquattro) toponimi registrati per la zona di
Torri (usato in proposito l'eccellente "Dizionario Toponomastico del
Comune di Sambuca Pistoiese", Pistoia, 1993) solo 19 (il 5,9%)
sembrano presentare un qualche esito riconducibile a influssi
emiliani, questo contro 11 toponimi (il 3,4 %) in cui la toscanità
di Torri arriva alla "gorgia".
Gli esiti settentrionali riguaradno i seguenti toponimi:
1) arciceda per arciceta;
2) bagio della madonna per bacio della madonna;
3) bore per borre;
4) La ca' per la casa;
5) ca' del cucco per casa del cucco;
6) ca' del re per casa del re;
7) ca' d'ulivo per casa d'ulivo;
8) casa fugini per casa fucini
9) ceredoli per cerretoli;
10) cereta per cerreta;
11) fonte della buraia per fonte della burraia;
12) la fora per la forra;
13) fosso della buraia per fosso della burraia;
14) fosso della cereta per fosso della cerreta;
15) fosso di cerredoli per fosso di cerretoli;
16) molin vecchio per molino vecchio;
17) bagio per bacio (nel 1730 è attestato la forma basgio che
tuttavia presenta già la vocale finale alla toscana);
18) pra dall'oca per prato dell'oca;
19) coloré (forse da "colora" per nocciola visto che il toponimo
prende il nome da un terreno già utilizzato a campi).
Da notare che i casi n. 3, 10, 11, 12, 13, 14 presentano il solo
fenomeno dello scempiamento della "rr", fenomeno ben attestato anche
a Pistoia (cfr. G. GIACOMELLI, "Vocabolario Pistoiese", Pistoia,
2000, p. 17).
Il contributo emiliano pare così ridotto a solo 13 casi (4,0%), un
contributo altresì limitato visto che tutti e 19 i toponimi
considerati sono da considerarsi complessivamente di tipo toscano.
Esito altrettanto sfortunato ha dato una ricerca su i nomi locali di
arbusti e funghi:
ARBUSTI
Maggiociondolo: come in italiano
mirtilli: "bagioli" (forma ben attestata nella montagna pistoiese)
FUNGHI:
Porcino: "Fungo" come a Frassignoni e Lagacci;
Boleto Lurido = "Rossola" come a Posola e Castello di Sambuca;
Galletto = "Galletto" come in tutto il territorio comunale di
Sambuca Pistoiese;
Ovolo bono = "Grifale" come a Monachino, Treppio, San Pellegrino e
Lagacci;
Mazza di Tamburo= "Fungaccio" (niente di più lontano dal modenese
"bòbla").
Di tutti i vocaboli attestati in aree vicine (Badi, Pavana, Treppio,
Sambuca, Stagno e Bargi), che possono avere risentito in qualche
maniera di influssi provenienti da Torri, solo due per due ci pare
possibile la riconduzione a un modello modenese:
il primo è "musaragnola" (clicca qui)
il secondo (a sorpresa) è bubbola usato a Treppio e Posola per
indicare la mazza di tamburo. Tuttavia bubbola è presente in altre
parti dell'Appennino Pistoiese anche a sud della famosa Linea La
Spezia - Rimini (o Massa - Senigallia che dir si voglia).
Un approfondimento meriterebbe "arcopedagno" per arcobaleno, che
tuttavia, risulta presente anche in altre realtà bolognesi e
toscane.
In ogni caso solo sette (o otto) parole sembrano ricondursi alla
presenza linguistica di questa colonia modenese - reggiana:
1) "Cà" per casa; 2) "colora" per nocciola (attestato per la
montagna modenese, ma assente a Modena e Reggio dove è usato
ninzola); 3) "pra" per prato; 4) "molin" per molino / mulino; 5)
"basgio" per bacio; 6) "musaragnola" per talpa; 7) "bubbola" per
mazza di tamburo
Più, eventualmente ...[8) "arcopedagno" per arcobaleno]
E' come se ci trovassimo di fronte alle briciole di una biblioteca
andata in fiamme ...
Un motivo di riflessione per chi ha a cuore i nostri dialetti (in
via di estinzione)... [2].
NOTA:
[1] Nel mese di luglio 2003, durante un incontro casuale avvenuto a
Pistoia, il Presidente dell'Associazione per lo Sviluppo Turistico
di Torri (il giornalista Paolo Gioffredi) ci ha informati sull'uso a
Torri del dittongo "ie" in luogo di "é" (es: "miele" e non "méle").
Il 05/09/2003 abbiamo parlato anche con una anziana residente della
Collina (frazione di Pistoia), ma originaria di Torri; la signora
c'informava non solo che la pronuncia della parola miele è come
italiano, ma anche del fatto che a Torri la forma Ca' per casa non è
in uso se non per indicare alcune località (a Torri si usa "casa"
come in italiano e toscano). Da segnalare come già a fine '800 il
dialetto di Torri apparisse sostanzialmente di tipo toscano (clicca
qui). Sulla questione di hampori clicca qui.
[2] Dai dati che abbiamo a disposizione possiamo comunque ipotizzare
che nel XIX secolo a Torri non si parlasse più da tempo un vero
"dialetto modenese", ma un dialetto fortemente toscanizzato simile
al pavanese (pensiamo a quel "basgio" che tradisce la sibilante
postpalatale sonora "j"e a quel "molin" che lascia intendere la
caduta di -e -o se precedute da nasale semplice).
Relativamente alla presenza di una colonia modenese - reggiana in
quel di Torri è da precisare che il fenomeno delle isole
linguistiche nate da colonie non è un evento raro, anzi: colonie
gallo - italiane in Basilicata e in Sicilia, colonie bavaresi nel
veronese (i Cimbri), colonie occitane in Calabria (Guardia
Piemontese), colonie croate in Molise, etc. Rimanendo nell'ambito
più ristretto dell'Appennino Tosco - Emiliano si pensi, infine, a
Gombitelli (frazione di Camaiore in provincia di Lucca): "Per
arrivare a Gombitelli bisogna recarsi a Camaiore e da qui
attraversare il valico di Montemagno e poi, percorsi pochi km.,
girare a sinistra per la strada che risale fra i boschi e giunge nei
pressi del borgo: questo è formato da due nuclei di case ed è
interessante notare come rappresenti un'isola linguistica, avendo
conservato un dialetto di origine gallo-romana più simile
all'emiliano che al toscano. Le cause sono da ricercarsi nel fatto
che Gombitelli, alla fine del Duecento, fu distrutto dai lucchesi e
che fu ripopolato nel Quattrocento con genti di provenienza
piemontese e emiliana, artigiani del ferro: e questa attività è
sempre stata la caratteristica di questo paese anche oggi noto per
la produzione di chiodi ma anche per la produzione di salumi."
(Per saperne di più clicca alla pagina:
http://www.ursea.it/alpiapuane/monte_prano/monte_prano.htm)

P.S. Laura Battistini ci scrive che alcuni anziani sono al corrente dell'origine modenese dei torrigiani


REGGIO EMILIA E TORRI

Abbiamo visto in altra pagina di questo sito come il Comune
medioevale di Reggio Emilia decise ch partecipare alla guerra fra
Bologna e Pistoia del XIII secolo, prendendo le parti del Comune
felsineo (cfr. G. BOLDRI, "Storia di Sambuca", pp. 22-23). Il
contributo di Reggio Emilia alla storia dell'Alto Reno toscano non
fu tuttavia solamente negativo...
"Michelangelo Salvi nel suo lavoro delle Historie di Pistoia del
1657 ricorda che nella prima metà del 1400 il Castello di Torri era
pressoccHé privo di abitanti. Il Comune di Pistoia promise molti
benefici a coloro che erano entrati a colmare tale vuoto di
popolazione. Giunse fra gli altri Niccolò Giffredi del Secchio, del
Contado di Reggio, con l'impegno di portare con sé almeno quaranta
persone e di costruirvi in due mesi quattro case. Questo fatto
darebbe una spiegazione alla presenza in paese di molte famiglie con
il cognome Gioffrdi" (AA.VV, Storie della Sambuca, Pistoia, 2001, p.
110).
E la colonia reggiana a Torri fu sicuramente fedele e legata a
Pistoia, visto che località legate a Torri come Lentula hanno la gorgia toscana


UN ESEMPIO DI DIALETTO TORRIGIANO DI FINE '800
"accìcori 'un credevo che il mondo fosse ascì grando"
Frase esclamata da una certa Rosina di Torri alla vista della valle
dell'Acqua - Monachino (fonte: AA.VV. "Torri: storia, tradizioni,
cultura", Pistoia, 2003, p. 142).
Da osservare la realizzazione già compiutamente toscana della frase
sia dal punto di vista lessicale che fonetico - morfologico. Da
segnalare solo la peculiare realizzazione di "così" (reso con "ascì"
assai simile al badese "accuscì" e derivato dal pistoiese "accosì")
e di "grande" (reso con "grando").
lle rare località dell'Alto Reno in
cui si registra una delle caratteristiche più tipicamente toscane:
la aspirazione consonantica o "gorgia toscana" (cfr. "Dizionario
Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese, Pistoia, 1993, p. 27)


IL DIALETTO DI LAGACCI
FRAZIONE DI SAMBUCA PISTOIESE
PREMESSAAd oggi non sono stati fatti studi sul dialetto parlato a
Lagacci. Le uniche due ricognizioni di natura grossolanamente
linguistica per questa zona sono la rilevazione dei toponimi locali
(cfr. il celebre "Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca
Pistoiese" edito nel 1993 dalla Società Pistoiese di Storia Patria)
e dei nomi locali di alcuni funghi ed arbusti a cura di Piero
Balletti (AA.VV., "Storie della Sambuca", Pistoia 2001). Sulla base
di questi pochi dati e di alcuni approcci casuali (normalmente un
lagaccese indicherà il frutto dei fichi con il nome italiano di
'fico' anziché col nome locale 'figo'). Gli studiosi e gli
appassionati locali hanno ritenuto il lagaccese un dialetto di area
meridionale di tipo toscano, ma senza gorgia toscana: "Dobbiamo così
premettere che, in linea di massima, il territorio del Comune di
Sambuca Pistoiese può essere linguisticamente diviso in quattro
parti: quella di influenza pavanese (area di Pavana, Campeda e altri
piccoli centri), quella che fa riferimento al capoluogo (area di
Sambuca, Taviano, Posola e altri piccoli centri), la frazione di
Treppio e le zone di influenza marcatamente toscana come
S.Pellegrino, Torri, Frassignoni, Lagacci, Monachino ecc." (E.
FERRARI, 'Tracce di isoglosse e sostrato nei dialetti pavanese e
sambucano", Sambuca Pistoiese, 1997 p. 9)
E ancora:
"Con ciò non intendiamo certamente affermare che le zone "toscane" e
quella di Treppio non meriterebbero la nostra attenzione...
Tuttavia, noi siamo più interessati al sambucano e al pavanese
perchè sono dialetti di "frontiera" che fanno da" cerniera" e ci
danno un' idea di come avviene in queste zone il progressivo
passaggio dalla cultura linguistica emiliana a quella toscana,
determinando delle vere e proprie "isoglosse"."(E. FERRARI, Op.
cit., p. 10)
Oppure: "Nella parte più meridionale del territorio comunale, ed in
particolare nelle frazioni Torri e Frassignoni,a confine con il
Comune di Pistoia, le varianti fonetiche sono limitate a pochi casi:
qualche caduta della consonante doppia (cereta per Cerreta), qualche
alterazione consonantica (acereda ed anche agereda per Acereta)"
(AA.VV. Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese,
Pistoia 1993, p. 27).
Da notare che, per il Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca
Pistoiese, Lagacci è un abitato della Frazione di Frassignoni. Noi
stessi sulla base delle informazioni lette dagli altri autori citati
abbiamo ritenuto per molto tempo corretta questa intepretazione.
Tuttavia spinti dal dubbio che la reale situazione di questa
località dell'Alto Reno fosse diversa da quanto fino ad oggi dipinto
abbiamo deciso di fare una ricognizione sul posto armati di un
piccolo questionario. Gli esiti di questa ricerca hanno dato esiti
piuttosto sorprendenti (almeno per noi):
La località di Lagacci (suddivisa negli abitati di Borgo e Lagacci)
si trova sul versante destra Reno ed è frazione del Comune di
Sambuca Pistoiese. L'attuale popolazione risulta inferiore alle 50
unità in grande maggioranza ultracinquantenni. Anche questa
località, come tutte le località dell'Alto Reno, si trova lungo la
cosiddetta Linea Rimini - La Spezia che suddivide l'Italia
Settentrionale dai dialetti Toscani e Centro Meridionali. Tra gli
esiti di tipi settentrionale troviamo:
1. la lenizione, e cioè la sonorizzazione delle consonanti occlusive
sorde in posizione intervocalica (figo anziché fico, fogo anziché
fuoco, etc.). Tale sonorizzazione non pare tuttavia colpire 'p' che
non evolve (in tutti i casi registrati) in 'v' (ad esempio 'apa'
anziché 'ava'). La mancata sonorizzazione di 'p' risulta tipica di
tutti i dialetti meridionali del Comune di Sambuca Pistoiese
compreso (in parte) lo stesso treppiese (cfr. L. BONZI, "Piccolo
Dizionario del Dialetto di Treppio", Nueter, XXVI, 2000, p. 152). Da
notare che la gorgia toscana (da noi interpretata come reazione al
fenomeno di sonorizzazione di c, t, p proveniente dal settentrione)
risulta particolarmente debole proprio per "p".
2. il metaplasmo in parole come 'apa' per ape;
3. la degeminazione consonantica molto più estesa di quanto finora
immaginato;
4. l'uso della fricativa prepalatale sonora (il gruppo 'sg' da
leggere come il francese 'j' di jardin). Non è da escludere tuttavia
che la forma "sg" sia una evoluzione in chiave settentrionale delle
forme 'sc' presenti nel toscano, ovvero delle stesse forme 'g' di
parole come il toscano 'stagione' (nel bolognese è assente la
fricativa prepalatale sonora);
5. le sonorizzazioni di 's' in posizione intervocalica
6. l'uso della e breve tonica in sillaba libera che da é anziché il
dittongo toscano 'iè' (es: 'méle' anziché 'mièle')
7. l'uso delle vocali anapptitiche in parole come "arcordare".
Tra gli esiti di tipo toscano troviamo ad esempio:
1) l'assenza del vocalismo lungo;
2) l'uso di c in luogo di 'z';
3) il mantenimento del vocalismo atono all'interno delle parole;
4) la mancanza di metafonia;
5) la conservazione di -e ed -o finali. Il fenomeno si riscontra
anche se la vocale finale è preceduta da nasale semplice (ad esempio
'ragano'), tuttavia di norma l'esito finale è sempre 'e' ('melone',
'pane', ma anche 'pucine', 'vine', 'bone'). Si può ritenere che in
passato le parole vino, buono fossero rese in lagaccese come 'vin',
'bon', etc. Ragano è il risultato di una ulteriore evoluzione del
lagaccese verso le forme toscane;
6) l'assenza di troncamento dei partecipi passati e delle parole
terminanti in -ato, eto, ito, uto che saranno tuttavia sonorizzate
(non mangià, ma mangiado).
7) le negazioni realizzate come in toscano (diversamente dal
bolognese che è ridondante (vedi l'esempio n. 17))
Anche dal punto di vista lessicale il contributo dei dialetti
settentrionali appare molto più consistente di quanto immaginato. Ad
esempio il melone è detto a Lagacci esattamente come in Italiano ('a
Lagacci si dice come in italiano'), ma non va dimenticato che la
forma toscana è 'popone'!
Anche a seguito di questa ricerca tuttavia risulta che il dialetto
di Lagacci è un dialetto in forte declino, dove le forme locali
tendono ad essere superate in favore delle forme italiane sentite
come più corrette e più colte.
DATA DELLA RILEVAZIONE
19 giugno 2003
INFORMATORI
Beniamino Brizzi (anni 80)
Cristian Gaggioli (anni 28)
Fabio Gaggioli (anni 30)
Giampaolo Gaggioli (anni 60)
Giuseppe Gaggioli (anni 70)
Sergio Gaggioli (> 50 anni)
Renzo Gaggioli (anni 69)
PICCOLO DIZIONARIO
le forme 'o' sono sempre chiuse come in emiliano
la lettera 'j' indica la fricativa prepalatale sonora e va letta
come nel francese 'jardin'
1. APE - Apa (con metaplasmo per influsso settentrionale)
2. ASINO - Ciugo (forma toscana 'ciuco')
3. BRUTTO - Ragano (in Toscana e nell'Italia Centrale il termine
'ragano' indica il ramarro)
4. BUE - Bove (forma toscana)
5. BUONO - Bone ('sta bone')
6. CALDARROSTA - Frujada (pistoiese 'frugiata')
7. CANDELOTTI (FORMAZIONI DI GHIACCIO PENDENTI DAI RAMI) -
Candelotti (variante 'candelori')
8. CAPRA MASCHIO - Becco (forma diffusa sia in Emilia che in
Toscana)
9. CAPRA FEMMINA - Capra
10. CASA - Ca' (forma apocopata emiliana)
11. CECE - Cejio (plurale 'ceci' > 'ceji' - in toscano la forma è
'cescio')
12. CILIEGIE -Cileje
13. CROCE - Croje
14. DITO - Dido
15. FAME - Famme ('io ò famme')
16. FICO - Figo
17. FORMAGGIO - Cajio (forma toscana 'cacio', ovvero 'cascio')
18. FUOCO - Fogo
19. GIOCO - Giogo ('i giogo')
20. IL - Al
21. INSALATA - Insalada (pistoiese 'inzalata', bolognese 'insalè')
22. LETAME - Concio (pistoiese 'cuncio', bolognese 'aldaam',
treppiese 'concio')
23. LUCE - Luje
24. LUCERTOLA - Lujertola
25. MANGIARE - Mangiare
26. MAIALE - Maiale (la forma emiliana è 'porcello' (purzèl))
27. MELA - Mela (la forma toscana è 'pomo')
28. MELONE - Melone (la forma toscana è 'popone', il bolognese ha
'mlon')
29. MIELE - Méle
30. MIRTILLI - Pignatini (il pistoiese ha 'pentolini')
31. NESSUNO - Nessuno (variante 'nesuni')
32. NEVICA - Néva
33. OGGI - Oggi (con 'o' chiusa)
34. PANE - Pane
35. PULCINO - Puseine (1^ variante 'pucine' - 2^ variante 'pirino')
36. RACCONTARE - Arcondare
37. RAMARRO - Ramallo (come in pistoiese)
38. RICORDARE - Arcordare
39. ROSPO - Botta (come in bolognese e in pistoiese, la forma
'botta' è sentita però dai Lagaccesi d'uso locale e pistoiese, non è
nota la forma emiliana)
40. SCOIATTOLO - Goge (la parola è diffusa a Badi e nell'Alto
Appennino Pistoiese (Brandeglio, Sambuca, Rivoreta). Si trova anche
nel Canton Ticino e nel Piemonte, ma è sconosciuta a Bologna)
41. SETACCIO - Staccio (pavanese Sdaccio, bolognese sdaaz)
42. SOPRA - Sopro
43. TALPA - Topa (il passaggio di AU in O è tipico dei dialetti che
hanno subito influenze dalle lingue gallo - romanze (talpa < taulpa
> tolpa > topa)
44. TANTO - Tanto
45. TELONA - "a telona" (tenere i bambini bloccati con la testa fra
le gambe)
46. UBRIACO - Briago
47. UOVO - Ovo (pistoiese 'ovo' con o chiusa, bolognese 'oov')
48. VINO - Vine
ESPRESSIONI - LOCUZIONI
1. IO RACCONTO - Io t arconto (variante 'i t arcont' o anche 'i t
arconto')
2. SEI ANDATO A MANGIARE - Te se ito a mangiare (variante 'Te se
andado a mangiare')
3. STAI BUONO - Sta bone
4. IL MAIALE MANGIA MOLTO - Al maiale mangia tanto
5. STAVAMO MANGIANDO - Se steva mangiando
6. COME STAI? - Come te sta?
7. CHE TEMPO FA? - Al che tempo fa?
8. DOVE VAI? - Dove te va?
9. VADO DOVE VOGLIO - I vo dove me pare
10. BISOGNA CHE VADA - Bisogna che andia
11. PORTAMELO GIU' - Portemelo giò
12. NON MI FARE ARRABBIARE - In te me fare arabiare
13. TE LO DICO POI - Poi t al diggo
14. NEL MIO - In dal mi
15. NEL TUO - In dal to
16. NON TI RICORDI? - In te te n arcordi?
17. NON LO SO - I n al so
IMPERFETTO (ESEMPI)
italiano lagaccese bolognese
io eroi ero ai eera
tu erit eri t eer
lui eralu i era l eera
noi eravamonoi s era ai eeren


ALCUNI TOPONIMI DELLA LOCALITA' DI LAGACCI COME SONO STATI
REGISTRATI NEL DIZIONARIO TOPONOMASTICO DEL COMUNE DI SAMBUCA
PISTOIESE (PISTOIA 1993)
1. FORNACELLA - Fornacella (Aldo Gaggioli - 1920)
2. VAGARINO - Il Vagarino (Beniamino Brizzi - 1922)
3. GROTTO DI NOTTOLO - Gròtto di Nottolo (Beniamino Brizzi)
4. CAMPEDINO - Campedino (Olimpio Brizzi - 1928)
5. CASONCINO - Il Casoncino (Beniamino Brizzi)
6. BUCA DI MENGACCIO - La Buca di Mengaccio (Beniamino Brizzi)
7. CASTAGNETO - Castagneto (Olimpio Brizzi)
8. PIAGGIOLA - Piaggiola (Olimpio Brizzi)
9. CASONE - Il Casone (Aldo Gaggioli)
10.MULINACCIO - Il Mulinaccio (Beniamino Brizzi)
11. STRISCE - Le Strisce (Beniamino Brizzi)
12. CROCETTA - La Crocetta (Beniamino Brizzi)
13. CROCETTA - La Crojetta (Olimpio Brizzi)
14. CAMPO DI MARCO - Campo di Marco (Beniamino Brizzi)
15. BUCATTINA - Bugattina (Beniamino Brizzi)
16. MOLINO - Il Molino (Beniamino Brizzi)
Pare evidente che i ricercatori ('Gruppo di Studio e ricerche sul
territorio Pistoiese') si siano accontentati della risposta data
dall'informatore locale, senza approfondire se la pronuncia fosse
davvero quella locale (oppure può essere che gli informatori siano
stati particolarmente riservati). L'esito tuttavia è falsato e ha
dato l'impressione che nella zona di Lagacci si parlasse un dialetto
di area 'toscana' anziché un dialetto di 'area sambucana'


IL DIALETTO DI SAN PELEGRINO AL CASSERO
FRAZIONE DI SAMBUCA PISTOIESE
PREMESSA
La frazione di San Pellegrino al Cassero costituisce, insieme alle
frazioni di Torri - Monachino e Frassignoni, una delle porzioni
meridionali del comune di Sambuca Pistoiese, direttamente a contatto
con il comune di Pistoia. Di grande interesse appare, così, lo
studio del suo dialetto.
Dobbiamo dire che in tema di dialetto locale la situazione appare un
tantino confusa. Ad esempio il pubblicista Edgardo Ferrari ha
pubblicato nel merito due opinioni opposte:
In una pubblicazione del 1997 attribuisce San Pellegrino alle aree
altorenane di "influenza marcatamente toscana":
"Dobbiamo così premettere che, in linea di massima, il territorio
del Comune di Sambuca Pistoiese può essere linguisticamente diviso
in quattro parti: quella di influenza pavanese (area di Pavana,
Campeda e altri piccoli centri), quella che fa riferimento al
capoluogo (area di Sambuca, Taviano, Posola e altri piccoli centri),
la frazione di Treppio e le zone di influenza marcatamente toscana
come S.Pellegrino, Torri, Frassignoni, Lagacci, Monachino ecc."
(E. FERRARI, 'Tracce di isoglosse e sostrato nei dialetti pavanese e
sambucano", Sambuca Pistoiese, 1997 p. 9)
Mentre nel 2002 lo stesso dialetto viene considerato parente del
sambucano vero e proprio:
"Abbiamo già visto in precedenti studi che il territorio comunale,
per ciò che riguarda il lessico, si divide in zone dichiaratamente
toscane (Frassignoni, Lagacci, Monte Pidocchina, Case Bezzi, Torri,
Monachino, l'Acquerino ed altre) e in parti che risentono in modo
più o meno marcato della vicinanza con l'Emilia (Pavana, Sambuca,
Posola, Treppio, San Pellegrino al Cassero, Bellavalle, Capeda,
ecc...). Tipica isoglossa che divide quasi nettamente queste due
aree è il vocabolo "ortica" che possiede la caratteristica di
distinguere il nord dal centro Italia lungo la direttrice della
cosiddetta "linea gotica" La Spezia - Rimini. Nelle aree più toscane
(come nell'Italia centrale) "ortica" non cambia pronuncia, mentre
assume l'inflessione 'ortiga' nelle zone di maggiore influenza
emiliana".
(E.FERRARI, "Il dialetto di Treppio" - parte I, in Gente di Gaggio,
n. 26 (dicembre 2002), p. 113).
Da notare che in entrambi i casi il Ferrari attribuisce Lagacci
all'area dialettale di tipo "marcatamente toscano": attribuzione
completamente errata, come abbiamo potuto dimostrare ampiamente a
seguito della nostra ricognizione sul posto condotta il 19 giugno
2003.
Di fronte a questa dicotomia, pur propendendo per l'ipotesi
sambucana, abbiamo deciso di fare una serie di rilevazioni personali
su questo dialetto. In questa pagina pubblichiamo il primo risultato
di questa ricerca condotto sui toponimi locali.
CRITERIO METODOLOGICO
In assenza di studi sul dialetto di San Pellegrino al Cassero gli
unici studi in qualche modo legati alla nostra materia sono il
"Dizionario toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese"
pubblicato nel 1993 dalla Società Pistoiese di Storia Patria e una
ricerca condotta da Piero Balletti sul nome di funghi ed arbusti
locali (Pistoia 2001).
Data la considerevole quantità di toponimi pubblicata nel Dizionario
rispetto alla limitata scelta di vocaboli relativa al nome di piante
e funghi si è scelto, ovviamente, di condurre la ricerca sul
Dizionario Toponomastico.
Si è pertanto consultato il dizionario indivuando per ogni parola
guida (ovvero per il nome italiano di una località) il
corrispondente termine indicato dall'informatore come "locale" e,
successivamente, si è valutato (sulla base della caratteristiche
fonetiche, lessicali e morfologiche) se attribuirlo all'area
italiano / toscana o all'area emiliano / padana.
ESITI
Scorrendo il Dizionario abbiamo potuto riscontrare un numero
elevatissimo di toscanismi, a puro titolo d'esempio segnaliamo i
seguenti:
- la buca dei prati - la buca dell'acero - la
capannaccia - fontanina del serpente
- la buca del cavaliere - campi di sotto - le ciliegine
- scopeto
- la buca del lupo - campitelli - la croce
- etc.
Tuttavia questi toscanismi così marcati non sembrano corrispondere
alla reale situazione dialettale della frazione (è nota a tutti gli
studiosi di dialettologia la tendenza degli informatori a
italianizzare i termini locali) ed, infatti, troviamo accanto ai
toscanismi anche un rilevante numero di emilianismi propri di una
cultura gallotoscana:
- le bugacce - ca' di goffi - campi di santon
- le bugarelle - ca' lunga - cavanna (*) -
poggio de giuncon
- la bugarina - ca' milotta - i majereti (**) -
pradicciolo
- ca' de tecchi - ca' di zeppino - il majeredo (**) - tondolin
- ca' di cadorna - campedino - pé di campi - etc.
(*) la forma "cavanna" è attestata anche in italiano. La forma "v"
per "p" dovrebbe, a questo punto, essere considerata il residuo di una situazione linguistica precedente.
Attualmente "p" non viene sonorizzato (cfr. Gente di Gaggio, n. 26
(2002), p. 114). A proposito della sonorizzazione in P a San Pellegrino ci ha scritto neo febbraio 2005 Daniele Vitali: "Dunque, oltre a Cavanna abbiamo un nevóde tirato fuori dopo aver tradotto spontaneamente nepote. Ne concludo che c'è stata una sostituzione lessicale nel frattempo. Poi c'è un tièpido che però può essere ripetizione della parola italiana chiesta. Purtroppo all'epoca non chiesi "ape", e "lupo" è poco affidabile perché persino in pianura alcuni dialetti non dicono più låuv o lòuv ma lu(p)po. Non ho trovato "apre". Secondo me possiamo concluderne che a S. Pellegrino come altrove P > V è recessivo per influenza della vicina Toscana."
(**) la "j" (fricativa prepalatale sonora, detta anche consonante
sibilante postpalatale sonora) deve essere letta come nel francese
"jardin"
Scorrendo l'elenco riscontriamo così le sonorizzazioni consonantiche
di K (italiano "c") e T, l'uso della fricativa prepalatale sonora
("j"), la caduta delle vocali finali -e ed -o se precedute da nasale
semplice, nonché un certo numero di vocaboli emiliani ("ca'",
"buga").
ALTRI RISCONTRI
Oltre ai riscontri toponomastici esistono altre prove linguistiche
che ci portano ad attribuire il dialetto di San Pellegrino tra i
dialetti di area sambucana:
il caso di ortiga citato da Ferrari (vedi sopra) e l'unico esempio
di dialetto locale mai pubblicato...
una nonna si rivolge alla nipotina che non riesce a vendere le sue
frogole in questi termini:
"t'han dado il malocchio" (Nueter, n. 57, XXIX, 2003, p. 87).
Quel "dado" per "dato" tradisce una matrice galloromanza
inequivocabile.  Peraltro anche nell'elenco di funghi ed arbusti pubblicato nel libro "Storie della Sambuca" edito a Pistoia nel 2001 (pp. 26 - 27) gli esiti di natura tipicamente sambucana sono inequivocabili: "galetto"  (anziché galletto), "latone" (anziché lattone), "strozzeghi" (anziché strozzichi)
CONCLUSIONI
Anche il dialetto di San Pellegrino al Cassero può essere a pieno
titolo catalogato fra i dialetti di tipo "gallotoscano" in uso in
Alto Reno.


IL DIALETTO DI FRASSIGNONI
FRAZIONE DI SAMBUCA PISTOIESE
PREMESSA
Come per la vicina Lagacci anche per Frassignoni mancano studi sul
dialetto parlato localmente. Anche in questo caso le uniche due
ricognizioni di natura grossolanamente linguistica per questa zona
sono la rilevazione dei toponimi locali (cfr. il celebre "Dizionario
Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese" edito nel 1993 dalla
Società Pistoiese di Storia Patria) e dei nomi locali di alcuni
funghi ed arbusti a cura di Piero Balletti (AA.VV., "Storie della
Sambuca", Pistoia 2001).
Sulla base di questi pochi dati gli studiosi e gli appassionati
locali ritengono il dialetto di Frassignoni un dialetto di area
meridionale di tipo toscano, ma senza gorgia:
"Dobbiamo così premettere che, in linea di massima, il territorio
del Comune di Sambuca Pistoiese può essere linguisticamente diviso
in quattro parti: quella di influenza pavanese (area di Pavana,
Campeda e altri piccoli centri), quella che fa riferimento al
capoluogo (area di Sambuca, Taviano, Posola e altri piccoli centri),
la frazione di Treppio e le zone di influenza marcatamente toscana
come S.Pellegrino, Torri, Frassignoni, Lagacci, Monachino ecc." (E.
FERRARI, 'Tracce di isoglosse e sostrato nei dialetti pavanese e
sambucano", Sambuca Pistoiese, 1997 p. 9)
L'esito di una nostra ricognizione (condotta nel luglio del 2003)
ha, diversamente da Lagacci, portato a confermare il giudizio
generale: a Frassignoni si parla un dialetto di tipo toscano, anche
se privo di gorgia.
La località di Frassignoni (suddivisa in numerosi villaggi tra i
quali ricordiamo Casa Santini, Casa Andreani, Casa Lucci, Casa
Martinelli, Casa Rospi) si trova sul versante destra Reno ed è
frazione del Comune di Sambuca Pistoiese. La località è collegata a
Pracchia (frazione di Pistoia) dall'unica strada carrozzabile. La
popolazione permanentemente residente risulta (anno 2001) pari a
11persone in grande maggioranza anziani. Anche questa località, come
tutte le località dell'Alto Reno, si trova lungo la cosiddetta Linea
Rimini - La Spezia che suddivide l'Italia Settentrionale dai
dialetti Toscani e Centro Meridionali.
DATA DELLA RILEVAZIONE
luglio 2003 - la ricognizione è avvenuta in maniera indiretta
tramite la trasmissione di un questionario alla locale Pro Loco con
sede in Casa Andreani
INFORMATORI
Pro Loco di Frassignoni (che ringraziamo per la collaborazione)
PICCOLO DIZIONARIO
1. BIMBO - MEO (in pistoiese "meo" indica sia il ragazzo che il
garzone di bottega)
2. BUE - Bove (forma toscana)
3. BUONO - Bono (pistoiese "bòno")
4. CASA - Casa (plurale "casi" anziché "case"). (1)
5. FUOCO - Foco
6. GHIACCIO - Diaccio (pistoiese "diaccio")
7. LETAME - Concime (pistoiese "cuncio", lagaccese "concio",
bolognese "aldaam")
8. MELONE - Popone (forma toscana, lagaccese "melone", bolognese
"mlon")
9. MIRTILLI - Piuli (pistoiese "piuli" / "pentolini")
10. NESSUNO - Nissuno (laggacese "nesuni" / "nessuno"
(successivamente alla nostra ricognizione del 19/06/03 siamo stati
informati di una ulteriore variante lagaccese "nesune")
11. PULCINO - Pucino (pistoiese "pucino", lagaccese "pucine" e
"puseine")
12. RAMARRO - Ramallo (pistoiese "ramallo")
13. ROSPO - Botta (come in bolognese e in pistoiese, in Alto Reno la
forma bolognese è poco o per nulla conosciuta mentre è nota la forma
toscana)
14. SETACCIO - STACCIO (lagaccese "staccio", pavanese "sdaccio",
bolognese "sdaaz")
15. UBRIACO - Briaco (pistoiese "briaco", lagaccese "briago")
16. UOVO - OVO (pistoiese "ovo")
ESPRESSIONI - LOCUZIONI
1. SEI ANDATO A MANGIARE - Se ito a mangiare (lagaccese "Te se ito a
mangiare" (variante 'Te se andado a mangiare'))
2. STAI BUONO - Sta bono (lagaccese "sta bone")
Dagli esiti di questa ricerca non sarebbe possibile asserire con
certezza se l'attuale dialetto di Frassignoni sia il risultato di
una "toscanizzazione" avvenuta in tempi non precisabili (2) e non
sarebbe, peraltro, stimabile neppure l'entità della eventuale
toscanizzazione di questo dialetto (ovvero non sarebbe possibile
determinare se il dialetto di Frassignoni fu simile al dialetto di
Lagacci e Sambuca o se fosse simile al dialetto dell'alto appennino
pistoiese prima della "toscanizzazione" (clicca qui)). Da questo
punto di vista invece lo studio della toponomastica può offrirci
delle certezze, e i dati inducono a ritenere che, in passato, il
dialetto di Frassignoni doveva risultare assai simile a quello
odierno di Lagacci o, perfino, a quello di Pavana (per saperne di
più clicca su "Emilianismi nella toponomastica di Frassignoni").
UNA RECENTE E - MAIL DEL PROFESSOR LUCIANO GIANNELLI
DELL'UNIVERSITA' DI SIENA (VEDI NOTA 1 IN FONDO) CONFERMA CHE ANCHE
IL RELITTO "CASI" ANZICHE' "CASE" DEVE ESSERE INTERPRETATO IN CHIAVE
SETTENTRIONALE. IL DIALETTO DI FRASSIGNONI DUNQUE ERA SIMILE AGLI
ALTRI DIALETTI "GALLOTOSCANI" DI CRINALE.
Per saperne di più clicca sotto:
Antico Frassignonese
NOTA:
(1) la realizzazione dei plurali in "i" anziché in "e" pur essendo
attestata anche in antiche forme toscane (es: fiorentino "le porti")
è da ritenersi più verosimilmente un dato linguistico settentrionale
e specificatamente dell'Emilia ("carti" per le "carte") . Per
saperne di più si consiglia di leggere il secondo volume della
"Grammatica Storica" del Rohlfs (G. ROHLFS, "Grammatica storica
della lingua italiana e dei suoi dialetti - Morfologia", Einaudi,
Torino, 1998, pp. 25 - 27) oppure l'opera di Wartburg sulle lingue
romanze pubblicata nel 1936 (W. Von Wartburg, "Die Ausgliederung der
romanischen Sprachräume", Halle (Saale), 1936, p. 7). A tale
proposito ci ha scritto il prof. Luciano Giannelli il giorno di
capodanno del 2004: "Il caso dei plurali tutti in -i è complesso,
pare che il toscano di una certa fase avesse *la porte* e quindi *le
porti*, ma è toscano ben pregresso, perché 'oggi' (ieri) i nomi fm.
in -e ha(veva)nno il pl. in -e. Invece -i è tratto settentrionale
ricorrente. Opterei per una soluzione 'moderna', settentrionale".

(2) Che una "toscanizzazione" sia avvenuta è comunque un dato sicuro
dato che la stessa è accertata in alcune caratteristiche fonetiche
per la vicina Pracchia (cfr. pagina 104 della "Grammatica storica
della lingua italiana e dei suoi dialetti" di Gerhard Rohlfs
(Torino, Eiunaudi, 1999)). Non si dimentichi, peraltro, che fino al
1784 Frassignoni dipese ecclesiasticamente dalla Diocesi di Bologna
[vedi anche la nota del Prof. Giannelli dell'Università di Siena ed
esperto riconosciuto dei dialetti toscani].


EMILIANISMI NELLA TOPONOMASTICA DI FRASSIGNONI
(FRAZIONE DI SAMBUCA PISTOIESE)
Dopo gli sconcertanti esiti della ricerca condotta sul dialetto di
Lagacci ci domandiamo se anche altri dialetti definiti genericamente
'toscani' (Torri, Monachino, Frassignoni, Fossato (i primi tre in
provincia di Pistoia e l'ultimo in provincia di Prato)) non siano,
in effetti più 'emiliani' (o più correttamente 'sambucani') di
quanto finora immaginato. Questo dubbio ci pare particolarmente
forte per la zona di Frassignoni.
La situazione di Frassignoni tuttavia appare ancora più difficile di
quella di Lagacci; la popolazione locale è meno della metà di quella
lagaccese e il suo territorio appare disperso in più centri abitati
(da Case Rospi a Case Andreani a Case Lucci, etc.).
Anche in questo caso le uniche ricerche condotte sul posto con un
qualche contenuto assimilabile alla ricerca linguistica sono quelle
di Piero Balletti sui nomi di funghi e arbusti della Sambuca
Pistoiese (in AA.VV.,'Gente e Luoghi della Sambuca Pistoiese',
Pistoia 2001) e quella condotta nel 1993 dalla Società Pistoiese di
Storia Patria per il celebre "Dizionario Toponomastico del Comune di
Sambuca Pistoiese".
Come per la località di Lagacci gli esiti delle due ricerche hanno
dato riscontri di tipo sostanzialmente toscano. A livello
toponomastico registriamo ad esempio:
1. (Parola guida) MURAGLIONE > (pronuncia locale) IL MURAGLIONE
2. (Parola guida) FOSSETTO > (pronuncia locale) IL FOSSETTO
3. (Parola guida) CROCIONE > (pronuncia locale) IL CROCIONE
4. (Parola guida) CILIEGINA > (pronuncia locale) LA CILIEGINA
E tuttavia non va dimenticato che il gruppo di ricercatori che ha
condotto l'indagine a Frassignoni è lo stesso che ha condotto
l'indagine toponomastica su Lagacci (il 'Gruppo di Studio e ricerche
sul territorio Pistoiese').
Chi ha letto la pagine dedicate al lagaccese (il dialetto di Lagacci
e toponomastica lagaccese) avrà infatti potuto constatare che,
nonostante il fatto che a Lagacci si parli un chiaro dialetto di
tipo sambucano, gli esiti delle ricerche toponomastiche lasciavano
intendere per Lagacci l'uso di un dialetto di tipo toscano con
minimi turbamenti di tipo settentrionale.
Così, nel dubbio, ci limitiamo oggi a segnalare cinque esempi di
toponomastica locale che (almeno a prima vista) paiono degli
emilianismi:
1. SABOCCHIA. Anche l'informatore conferma che la pronuncia locale è
'Sabocchia'. Vale tuttavia la pena segnalare che il Catasto
Granducale del 1715 riporta come nome per questa località quello di
"Casa Bocchia" (cfr. p. 156 del Dizionario Toponomastico del Comune
di Sambuca Pistoiese). E' possibile che la pronuncia locale di
'Casa' fosse "Ca'" secondo l'evoluzione: CASA BOCCHIA > CA'
SABOCCHIA > SABOCCHIA (1);
2. SCOVEDINO. Anche in questo caso l'informatore locale conferma che
la pronuncia del posto è 'Scovedino'. Si deve registrare, tuttavia,
che la parola "scovedino" appare corruzione (per influsso
settentrionale) di "scopettino". Il termine 'scope' si riferisce
infatti ad una pianta (erica scoparia) e il toponimo è relativo ad
una fascia di terreno boschivo.
3. PUNTON DEL GIANDA. Come nei due casi precedenti l'informatore
conferma che la pronuncia locale è "Punton del Gianda". La forma
"Punton" (con caduta della vocale finale preceduta da n) pare di
tipo settentrionale, tuttavia non è ignota anche nel toscano.
4. VEDEGHETO. Non solo il trattamento fonetico sembra di tipo
settentrionale, ma risulta avere una corrispondenza bolognese (la
frazione di Vedegheto del Comune di Savigno). Vedegheto al posto di
Vetecheto (origine vitex - icis > vetrice > salix viminalis)
5. BUCA DI MENEGHINO. Anche qui è chiaro il trattamento fonetico
settentrionale (da Domenico).
6. MARUGHETO. Troviamo lo stesso trattamento fonetico di Vedegheto.
Il toponimo Marugheto è usato infatti al posto di Marrucheto (da
Marruca > Paliurus Spina Christi). La forma Marugo sopravvive anche
come relitto linguistico indicando tutt'oggi l'olivello spinoso
(Hippophae Rhamnoides) e i prunai (AA.VV. "Dizionario Toponomastico
del Comune di Sambuca Pistoiese", Società Pistoiese di Storia
Patria, Pistoia, 1993, p. 119) (2).
Scorrendo lo stesso Dizionario Toponomastico possiamo imbatterci in
una tradizione culinaria locale ('frassignonese') di origine
montanara - bolognese: gli zuccherini (cfr. p. 90 alla voce 'Croce
dei prati'). Vale la pena tuttavia ricordare che a Frassignoni, come
nella vicina Vizzero (provincia di Bologna), i nomi in uso per
indicare i mirtilli sono quelli pistoiesi cittadini (pentolini e
piuli (var. piuri)).
nota:
(1) La soluzione più probabile, tuttavia, ci viene offerta dal prof.
Carlo Alberto Mastrelli che così scrive: "poicché nel 1715 si trova
registrato Casa Bocchia il Dizionario Toponomastico del Comune di
Sambuca Pistoiese ritiene che Sabocchia sia 'corruzione dell'antico
toponimo' (i.e. Casa Bocchia); ma non è da escludere l'opposto, e
cioè che Sabocchia sia la forma più antica derivata dal latino
SABUCUS, variante di SAMBUCUS 'sambuco' + suffisso diminutivo - ULU
(DEI 3328) che ricorre nella toponomastica dell'Italia nord -
orientale (cfr. pellegrini 77 351)" (C.A. Mastrelli, "Toponimi della
Sambuca", in AA.VV. "Le valli della Sambuca", Sambuca Pistoiese,
1997, p. 81). A conferma di questa ipotesi ci pare opportuno
indicare la presenza di un toponimo "Casa Sabocchi" nella vicina (e
bolognese) Vizzero. A questo punto ci pare confermata anche l'idea
che il riferimento "Casa Bocchia" del Catasto Granducale sia
derivato dall'unione (dovuta a orecchio toscano) di Cà con Sabocchia
(Cà + Sabocchia = Casa Bocchia). In precedenza circa il toponimo
"Sabocchia" abbiamo registriato l'intervento dello studioso
pistoiese G. Jori (e-mail inviata il 17/07/2003) che comunque ci
pare superato alla luce della riflessione del prof. Mastrelli:
"L'apocope di CA' per casa è fa parte dell'area settentrionale
galloromanza
ed è dovuta alla forte attrazione dell'accento tonico che tende ad
elidere
le finali Vedasi anche in alte regioni i toponimi come per esempio a
Venezia
Ca' Foscari ecc. Il fenomeno Non è presente sul versante
meridionale sia
per la forte influenza lucchese nell'area della valle del Lima e del
Serchio
sia per la forte influenza pistoiese-fiorentina per la valle
dell'Ombrone,
de Bisenzio e Arno ivi compreso il Mugello.
Non sarei troppo sicuro che il toponimo Sabocchia derivi dall'
apocope di
Casa Bocchi con l'agglutinazione dell'ultima sillaba di casa (-SA)
al
patronimico Bocchi diventando così Ca' Sabocchia: Sarei più propenso
a
prendere in considerazione un fenomno di aplologia che tende ad
eliminare
uno degli elementi ripetitivi nell'incontro fra le sillabe come nel
caso
idolatria da idolo+latria (-lo+la- entrano in conflitto fra loro e
scompare
la sillaba non accentata) oppure La Lama Cava che diventa La Macava
o La
Lamiserre che diventa La Miserre o La Ramiserre per un fenomeno di
dissimilazione La/Ra. Quindi potrebbe essere stato per il toponimo
Sabocchi
Casa Sabocchi con l'elisione per aplologia della sillaba fina di
Ca(sa). Il
fenomeno però dovrebbe essere studiato in maniera più approfondita."


(2) il termine "marugheto" è particolarmente importante dato che non
è altrimenti rilevabile la presenza nel dialetto di Frassignoni
(escluso i toponimi) di sonorizzazioni consonantiche settentrionali
(es: strozzichi anziché il locale strozzeghi per indicare il
prugnolo (Prunus spinosa))


ELEMENTI DI GRAMMATICA DELL'ANTICO FRASSIGNONESE
VEDIAMO DI RIASSUMERE SULLA BASE DEI RESTI TOPONOMASTICI E DI
QUALCHE RELITTO DELL'ATTUALE DIALETTO COSA DOVEVA ESSERE L'ANTICO
FRASSIGNONESE
I) ELEMENTI SETTENTRIONALI
PROVE DIRETTE a) presentava la lenizione delle consonanti occlusive
sorde intervocaliche (scovedino, marugheto, vedegheto, buca del
meneghino); b) prevedeva la caduta delle vocali finali -o ed -e nel
caso in cui erano procedute da -n (punton del gianda); c) prevedeva
la degeminazione consonantica (scovedino anziché scopettino) d)
prevedeva le forme apocopate e contratte (Casa Bocchia attestato nel
Catasto Granducale del XVIII secolo da un originale Cà Sabocchia
come risulta anche dalle riflessioni del Mastrelli) e) presenza del
plurale "carti" per "carte" che risulta attestato come
settentrionale anche in Wartburg ("Die Ausgliederung der romanischen
sprachräume",Max Niemeyer Verlag, Halle (Saale),1936, p.7)
PROVE INDIRETTE a) doveva essere presente la forma "sg" ancora oggi
(vedi mia ricerca in mese di giugno 2003) attestato nella vicina
Lagacci; b) doveva esserci l'uso della e breve tonica in sillaba
libera che da é anziché il dittongo toscano 'iè' dato che era
attestato a Pracchia ancora all'inizio del secolo XX c) doveva
essere presente la prostesi vocalica dato che la stessa continua a
comparire in altri dialetti sambucani che oggi hanno abbandonato la
sonorizzazione in p ovvero la presentano in forma indebolita (vedi
Lagacci e Treppio) d) doveva presentare i metaplasmi oggi attestati
nella vicina Lagacci o a Treppio (sopro, apa, etc.)
II) ELEMENTI TOSCANI
E' da presumere del tutto ragionevolmente che gli elementi toscani
/ pistoiesi oggi attestati in dialetti come il pavanese o il
lizzanese fossero presenti anche nel frassignonese antico, ovvero:
a) plurali maschili in -i; b) realizzazione di bolognese -z- in -c-
(tipo: cimge); c) realizzazione dei nessi latini cl e gl in ch e gh;
d) assenza di metafonia; e) assenza del vocalismo lungo f)
realizzazione del tipo mb in parole come cambera g) etc.
Il dialetto frassignonese almeno fino al XVIII secolo era dunque di
tipo "gallo - toscano".
________________________________________________________________________

SUI DIALETTI DI POSOLA E DI CAMPEDA

(Frazioni di Sambuca Pistoiese)

ATTENZIONE: SUL DIALETTO DI CAMPEDA SIAMO RIUSCITI A REALIZZARE UNA RICERCA ESAUSTIVA CHE POTETE LEGGERE CLICCANDO QUI

Innanzitutto chiariamo che Posola e Campeda sono praticamente realtà scomparse, abitate solamente durante il periodo estivo e i fine settimana (1). Tale situazione ha compromesso anche la conoscenza di questi dialetti:

"Forse quelli della zona ad ovest, da Posola a Campeda, avevano un'identità più precisa, ma sono realtà praticamente scomparse, essendo luoghi abitati quasi esclusivamente d'estate" (FRANCESCO GUCCINI, "Dizionario del dialetto di Pavana", Pro Loco Pavana - Nueter, 1998, Pavana Pistoiese - Porretta Terme, p. 8).

Dalle poche informazioni in possesso e dalle classificazioni offerte dagli studiosi e dagli appassionati locali sembra che entrambi i dialetti fossero, tuttavia, di tipo sambucano solo che il 'campedese' aveva subito influenze pavanesi, mentre il 'posolano' risentiva in maggiore misura di influenze toscane.

Nel suo breve lavoro sui dialetti sambucano e pavanese il Ferrari (E. FERRARI, "Tracce di isoglosse e sostrato nei dialetti pavanese e sambucano", Sambuca Pistoiese, 1997) riporta alcuni termini del dialetto di Posola avuti dalla viva voce di due informatori locali (Alma Sabatini e Giuseppe Cecconi):

"nipote" per nipote (p.9), "ragazza" per ragazza (p.9) (2), "ginòcchio" per ginocchio (p.9), "medòlla" per mollica (p.9), "lògo commodo" per latrina (p.17).

Lo stesso Ferrari riporta anche un termine in uso a Campeda: "lògo commodo" per latrina (p. 17).

In Gente di Gaggio n. 26 (2002) possiamo leggere che a Campeda si usava "nevode" in luogo di nipote (p. 114).

Il "Dizionario Toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese" (Pistoia 1993) raggruppa Posola e Campeda in un'unica realtà, riportiamo comunque alcuni termini che abbiamo desunto dalla lettura del dizionario stesso: AIA = aia, MULINO = molin, BUCA = buga, DI = de / d, CASA = ca', DELLO/LA = dlo/dla, IL = al, CASONE = cason, CASTAGNETO = castagnedo (cfr. CASTAGNETINO > castagnedin), CILIEGIE = cileje (cfr. ciliegine > cilejine), CROCE = croje (cfr. CROCETTA > crojetta), DIGA = diga, DUE = dù, PIAZZE = piazze, FORRA = fora, FRUGIATA = frujada, MACIA (sassi ammucchiati fra i campi) = majera (cfr. MACERETI > majeredi), RENO = ren, PIANO = pian.

Per la località di Posola sono stati registrati anche i nomi di alcuni funghi ed arbusti a cura di Piero Balletti (AA.VV., "Storie della Sambuca", m&m, Pistoia, 2001):

FUNGHI: porcino = cioppadelli, boleto lurido = rossola, galetto = galleto, russola = colombina, mazza da tamburo = bubbola, barbagino = barbajin, ovolo buono = cocco, ovolo malefico = spergifamiie.

ARBUSTI: mirtilli = pignatini, pruno spinoso = strozzeghi, sorbo montano = lan

Come si può notare a Posola, come a Lagacci e San Pellegrino, non si riscontra la sonorizzazione di p intervocalico, mentre si assiste alla sonorizzazione di K e T (cioppadelli anziché cioppatelli, strozzeghi anziché strozzichi). Peraltro si può osservare la presenza della fricativa preplatale sonora (barbajin) e la caduta della vocale finale se preceduta da -n (lan), nonché l'uso di "i consonantica" in luogo del gruppo "gli" (spergifamiie) e della degiminazione consonantica (pignatini anziché pignattini e galetto anziché galletto)

NOTA:

(1) cfr. pp. 18 - 19 del documento "Quadro delle conoscenze" allegato al Piano Strutturale Comunale del Comune di Sambuca Pistoiese.

(2) lo stesso Ferrari sostiene che a Posola è ignota la forma "patozza" (p. 9).