IL LINGUAGGIO DELLA MONTAGNA ALTA DI PISTOIA
Giancarlo Jori
- Convegno di studi tenuto a San Marcello P.se nel giugno del 1999
dal prof. Giancarlo Iori nella relazione "La topografia antica della
Montagna Pistoiese".
- altre notizie in G. JORI, Alto Appennino Pistoiese, Diple, Firenze
2001
Tutto il complesso dell’Appennino, noto come Montagna di Pistoia o
anche Alto pistoiese, formato da arenaria oligocenica detta anche
"macigno toscano", pur presentandosi come una formazione continua di
notevole altitudine con vette che in alcuni casi superano i 2000
metri, non ha mai presentato un baluardo invalicabile per il suo
superamento, perché lunghe valli penetrano profondamente in esso
facilitando l’ accesso specie per chi proviene dalla Lucchesia e
dall’ Emilia. Non altrettanto facile invece si presenta l’ accesso
dalla pianura pistoiese che si trova chiusa a nord da una catena
montuosa non molto elevata, che corre parallela alla catena
principale dell’ Appennino, ma che non è incisa da profonde valli; è
invece percorsa da torrenti piuttosto precipiti che hanno le loro
scaturigini sul crinale che incombe direttamente sulla pianura.
Un accesso più facile lo si ha invece dalla Valdinievole attraverso
il crinale che dal Montalbano, nella sua saldatura al passo di
Serravalle con il complesso dell’ Appennino, sale a Casore del Monte
e alla Femmina morta, e attraverso la valle del Pescia che si
incunea nel complesso montuoso aggirandolo da ovest. Questa
situazione ha fatto sì che le popolazioni della montagna di Pistoia,
a causa della facilità d’ accesso dalla Lucchesia, attraverso la
valle del Serchio e del Lima e del Pescia e dall’ Emilia, attraverso
la valle del Reno, o dai valichi appenninici, abbiano subito una
maggiore influenza culturale dell’ area lucchese ed emiliana che non
pistoiese.
Questo fatto risulta molto evidente in particolare in alcuni esiti
fonetici riscontrati nel vernacolo, mantenutosi originale fino a
circa 35 anni fa (ora purtroppo contaminato dal vernacolo pistoiese
e fiorentino), fra gli abitanti appartenenti alla generazione di
metà ottocento che parlavano con un lessico che era molto più
vicino, specie nella denominazione degli attrezzi da lavoro e di
specifici edifici rurali, all'area "gallo-romanza" che non a quella
strettamente "italiciana".
Il tratto più caratteristico era l'assenza totale di quel fenomeno
di aspirazione delle occlusive intervocaliche noto come " gorgia
toscana", ed una maggiore sonorizzazione della fricativa (S) e
dell'affricata (Z). Ciò faceva dire (e tuttora la popolazione di
questa zona si vanta di ciò nonostante la contaminazione di
quest'ultimo trentennio) che sulla Montagna di Pistoia si parlava l'
Italiano puro. L'assenza del fenomeno della "gorgia" deve essere
attribuita alla posizione di area linguistica di confine fra quella
detta "gallo-romanza" a nord e quella "italiaciana" a sud
dell’Appennino verso la quale si è avuta una maggior chiusura a
causa della situazione morfologica più sopra spiegata.
Questi sono i fenomeni fonetici di esito settentrionale che si
notavano ( e ancora a volte si notano) nel linguaggio:
maggiore sonorizzazione della fricativa (S) e dell' affricata (Z),
rispetto al vernacolo fiorentino-pistoiese;
sonorizzazione della palatale (CI > GI) e assibilazione della
bilabiale (B > F), come per esempio nella parola FRUGIATA invece di
BRUCIATA (castagna arrosto) dove è più evidente l’ assibilazione
della bilabiale sonora B in F e la sonorizzazione C in G;
suono palatale della vocale A in posizione protonica (CAVINANA quasi
CHEVINANA);
formazione di plurale (area del comune di Sambuca pistoiese) con
desinenza in –E in parole indicanti concetti concreti inanimati che
al singolare terminano in –O e che normalmente terminano in –A come
per esempio "bracce, corne, osse" invece di "braccia, corna, ossa";
trasformazione di –AU - in –O- in alcune parole quali "tola, topa,
mota, sodo" attraverso i passaggi: tabula > taula >tola; talpa <
taulpa > tolpa > topa (idem per topo); malta > maulta >molta > mota;
saldo > sauldo > soldo > sodo".
Nell'area di Treppio, si ha la pronuncia cacuminale della geminata
(LL) in sillaba finale (come in soreda per sorella, cuda per culla,
gemedi per gemelli); questo fenomeno è da porre in relazione con
l'area apuano-garfagnina ed è uno sviluppo fonetico popolare
indigeno tipico della Toscana marginale a contatto con l’ Italia
settentrionale.
Fra le parole di evidente importazione settentrionale dobbiamo
registrare "sala" per assale di ferro dei carri, dove si nota la
sostituzione della desinenza ambigua –E di "assale" in –A, più
chiara nella determinazione del genere, attraverso il processo "l’
assale > la sale > la sala"; "Cavagno" il cestone di vimini per il
trasporto del concime o dell’ erba; "Teggia" edificio adibito ad
ovile al piano terra e fienile al piano superiore.
Ancora più evidenti erano i tratti della fonetica
lucchese-garfagnina come la pronuncia aperta della vocale -e-
derivata dalla "Ĭ" breve latina, per cui si pronunciava "nève"
invece di "néve", "maèstro" invece di "maéstro", "Pitèglio" invece
di Pitéglio, "Brandèglio" invece di "Brandéglio" ecc.; del
raddoppiamento dell'occlusiva bilabiale sorda (p) intervocalica (ora
del tutto scomparso nelle nuove generazioni) "doppo" invece di
"dopo" da intendersi come fenomeno di ipercorrettismo che si
riscontra anche in altre parole : "crano" invece di "grano",
"crande" invece di "grande" fenomeno che si contrappone alla
sonorizzazione dell'occlusiva intervocalica riscontrata, per
esempio, in "Mighele" per Michele, "oga" per oca ecc.
A questo si aggiunge l’altro fenomeno (anche questo ora scomparso
nelle nuove generazioni) che colpisce le parole proparossitone come
"càmera" detta "càmbera" , "sémola" detta "sembola", "prezzémolo"
detto "prezzembolo", "Làmole" pronunziato "Lambore", " Gombito" per
"gomito", "Cendere" per "cenere" "Rombice e Rombiciaio" per "romice
e romiciaio" tutt'ora riscontrato nell'area più marginale della
Garfagnana. È un fenomeno di dissimilazione della geminata MM in MB
attraverso il passaggio CAMERA < CAMMERA > CAMBERA, ecc. e
rappresenta la fase iniziale dell’eliminazione dei proparossitoni
ereditati dal Latino in area soggetta ad influssi gallici; in
effetti è uno di quegli strumenti di cui si sono serviti il
Provenzale ed il Francese, ed i dialetti da loro influenzati, per
l'eliminazione del ritmo proparossitono (CAMERA > chambre in
Francia; LAMULA > Lambro attraverso la fase Làmboro nell’ Italia
settentrionale ecc.).
Fra i fenomeni di dissimilazione tipici dell’ area apuano-garfagnina
dobbiamo segnalare anche la presenza della parola MARLO al posto del
normale "Mallo" che è il guscio molle della noce.
Fra gli elementi morfologici c’è da segnalare il fenomeno di
metaplasmo in numerose parole del vernacolo che si manifesta con la
trasformazione della desinenza finale nelle parole: carpine per
carpino; abeto per abete; mèlo per miele; bracia per brace; la lapa
per l’ ape.La presenza di questi esiti ci dà quindi l'indicazione
che le correnti di traffico, che rappresentano il veicolo attraverso
il quale si diffonde la cultura e quindi anche il linguaggio,
provenivano dall'area lucchese attraverso la valle del Serchio e del
Lima, e dall'area emiliana attraverso la valle del Reno per la zona
a N.E ed i valichi dell’ Appennino per la zona N.O, mentre la zona
Sud e Sud - Ovest, ossia l'alta Valdinievole e l'alto Pescia
subivano direttamente l'influenza lucchese proveniente dalle linee
di traffico attraverso la palude di Fucecchio e le valli del Pescia
e del Nievole.
Fra le espressioni caratteristiche del linguaggio (ora del tutto
scomparse) riferito però all’area ad ovest del Reno, c’è da
segnalare la frase: m’è venuto l’aschero delle more, son ito per i
grebicci e ne ho colte una gualca dove notiamo su una base di parole
derivanti dal latino alcuni relitti linguistici appartenenti ad una
stratificazione storica di popolazioni che di volta in volta si sono
succedute o passate sulla montagna. Analizziamole nel particolare:
aschero dalla voce greco-bizantina eschairon col significato di
piaga purulenta ma qui di braciere, di qualcosa che brucia dentro e
perciò desiderio smodato;
grebiccio dal lemma latino gleba, che ha subito la dissimilazione
l/r ed il suffisso in –icius che dà il significato di terreno
incolto, prunaio;
gualca dal longobardo walkein quantità di lana necessaria per fare
una pezza di feltro e quindi quantità indeterminata (tale parola si
ha anche nell’espressione: ti do un gualca di scapaccioni per dire
che te ne do tanti).


Si ha anche un relitto linguistico grucchio/gucchio (castagna
atrofizzata) riferito al linguaggio preindoeuropeo (linguaggio delle
popolazioni preistoriche).
(1) Attualmente scomparso con la morte delle persone nate intorno
alla metà del XIX sec. e modificato profondamente dall'influenza
dell'area linguistica fiorentina.
(2) E' il caso del termine "cavagno" ad indicare quello che per
l'area pistoiese e fiorentina è il cestone e di "teggia" a indicare
un abituro di due piani con l'ovile al piano terra e fienile al
primo piano.
(3) In particolare K e G, ma anche P, B, T, D.
(5) cfr anche G. ROHLFS, Grammatica storica della lingua italiana e
dei suoi dialetti, Torino 1968, par. 369.
(6) ibidem
(7) cfr. IGM, foglio 98
(8 10) G.ROHLFS, Grammatica della lingua italiana e dei suoi
dialetti, Torino 1966 "fonetica p.331".
(9) L’ esito normale della “I” breve latina è la “E” chiusa in
Italiano: Dignum > dégno; Magistrum > maéstro; Pignum > pégno.
(10) Cfr. G. Rohlfs cit, par. 311

In merito all'articolo di G. Jori riteniamo opportuno fare le
seguenti precisazioni:
1) il termine frugiata è in uso anche nella città di Pistoia. Altri
autori ritengono che la parola sia il frutto di un incrocio fra
bruciare e frugare. Si rimanda alla pagina di questo link sui
dialetti altorenani dedicata all'argomento;
2) Per il termine "aschero" alcuni autori propendono invece per una
origine longobarda. Si rimanda alla pagina di questo link dedicata
all'argomento e col titolo di "un vocabolo greco in Alto Reno";
3) la presenza di gorgia toscana in "k" è attestato dal Rohlfs per
Pracchia e Gavinana nella forma attenuata "ch" (G. ROHLFS,
"Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti",
Torino, Einaudi, 1999, p. 266). Per Gavinana il Rohlfs attesta un
anomalo caso (per il pistoiese) di gorgia toscana in "t", sia pure
in forma attenuata (G. ROHLFS, op. cit., p. 272);
4) per la non "toscanità" del passaggio talpa > topo è anche il
linguista Guarnerio (cfr. pagina 127 di "Fonologia romanza"
pubblicato da Cisalpino - Goliardica nel 1978).
5) circa il passaggio di m >mb è da ricordare che lo stesso è ben
attestato in tutti i vernacoli lucchesi e pistoiesi, compreso il
pistoiese cittadino (cfr. le voci prezzembolo, gombito, cocombero,
etc. attestate nel "Vocabolario Pistoiese" edito dalla Società
Pistoiese di Storia Patria nel 2000). Si segnala, tuttavia, che
anche il Rohlfs considera il nesso "mb" come una evoluzione da un
originario "mm" (si ricordi che nel pistoiese e nel lucchese si
assiste al raddoppio di "m" semplice per probabile influsso
settentrionale (cfr. G. Rohlfs, op. cit., p. 311) e cita in
proposito oltre al pistoiese "cambera" anche il "pombo" di Sillano
(G. ROHLFS, op. cit, p. 334). Come è noto a Sillano (provincia di
Lucca) si parla un dialetto con influssi emiliani. Tutto ciò fa
propendere che il nesso "mb" sia una evoluzione di tipo gallo -
romanzo presente nelle aree toscane maggiormente a contatto con la
cosiddetta "Gallo Italia" e ciò pare confermato dall'analogo
sviluppo del bolognese (ma con nesso 'nb' in luogo di 'mb', mentre
in Alto Reno si usa il nesso pistoiese 'mb'):
ITALIANO gomito PISTOIESE CITTADINO gombito BOLOGNESE gommt - gonbt
ITALIANO cocomero PISTOIESE CITTADINO cocomboro BOLOGNESE cuconbra
ITALIANO stomaco PISTOIESE CITTADINO stommaco - stombaco BOLOGNESE
stommg
Da segnalare anche il caso di 'cenere' che viene reso a Pistoia e a
Bologna nel modo che segue:
ITALIANO cenere PISTOIESE CITTADINO cendere BOLOGNESE zander (il
francese ha 'cendre').
Vale la pena, a questo punto, ricordare le parole contenute in un
celebre reprint Hoepli dedicato alla fonologia romanza.
"Anche nel francese -M'R- non è tollerato e si svolge in -mbr- che
nasalizza la vocale precedente come si trattasse di N(cons.):
CAMERA > chambre, NUMERU > nombre ... Qualche caso simile occorre
pure nel ladino: engadinese 'chiambra', soprasilvano 'diember' ...;
e pur nel provenzale e catalano nombre, nombrar, lembrar, che è pur
portoghese. Nell'italiano si trova -mber- in luogo di -mer-:
gambero, sgombrare, bombera, CHE SPETTANO IN SPECIE A PISTOIA" (P.E.
GUARNERIO, "Fonologia Romanza", Cisalpino Goliardica, Milano 1978)
Sulla questione della cacuminale treppiese rimandiamo alle pagine
dedicate a questo dialetto
Sulle caratteristiche emiliane (e settentrionali in genere) del
vernacolo parlato a Pistoia si rimanda alla pagina di questo link
dedicata all'argomento.


RIFLESSIONI ULTERIORI SUL DIALETTO DELL'ALTA MONTAGNA PISTOIESE
Da una e - mail inviata a Daniele Vitali lo 08.05.04
Ho recentemente comprato un piccolo libriccino "in lingua"
contenenti stornelli, filastrocche, indovinelli detti e proverbi
raccolti a Piteglio (importante non solo perché il Reno nasce in
questo Comune, ma anche perché è una delle realtà indicate da Jori
come maggiormente influenzata dall'Emilia e dalla Lucchesia
piuttosto che da Pistoia). Il libro è di Adua Fanoi Andreotti e
s'intitola "Acqua Corrente" (A. FANOI ANDREOTTI, "Acqua Corrente",
Armonia - Pro Loco Piteglio, Pistoia, 2004), ho trovato questo libro
di estremo interesse per valutare la correttezza dell'ipotesi dello
Jori. A conclusione della lettura, onestamente, credo che abbia
proprio ragione lei e che si dovrebbe andare molto cauti
nell'attirbuire una influenza emiliana per questi dialetti; gli
unici dati di origine emiliana, infatti, sembrano:
1) un certo numero di prestiti lessicali che non sono, in quanto
tali, particolarmente significativi (ad esempio non possiamo certo
considerare un dialetto toscanizzante quello di Castello di
Serravalle (a pochi chilometri da Bologna) perché usa "frusà" per
indicare le caldarroste);
2) l'assenza della cosiddetta gorgia toscana da attribuire,
tuttavia, più ad una azione conservatrice che innovatrice (la gorgia
toscana non è un fenomeno originario pantoscano, ma ha origine da
Firenze). Peraltro la gorgia toscana venne registrata nella prima
metà del '900 da Rohlfs proprio a Gavinana e, addirittura, per T!
Per il resto mi pare si debba parlare di un dialetto di tipo
espressamente toscano, nel quale l'elemento lucchese non sopprime
quello pistoiese.
Il pistoiese cittadino, infatti, presenta tutti gli elementi che lo
Jori attribuisce al lucchese e all'area alto appenninica:
1) sonorizzazione della palatale (CI > GI) e assibilazione della
bilabiale (B > F) dato che frugiata c'è a Lucca come a Pistoia;
2) pronuncia aperta della vocale -e- derivata dalla "Ĭ" breve
latina, per cui si pronunciava "nève" invece di "néve",
3) fenomeni di ipercorrettismo del genere "robba" anziché "roba";
4) sonorizzazioni delle occlusive sorde intevocaliche in parole come
"polenda", "siguro", "bicigletta" e della velare inziale in parole
come "grosta", "gabina";
5) fenomeni corrispondenti di iperocorrettismo in parole come
"bucicattolo" e "crissino";
6) raddoppio di m intervocalico in parole come "fummo", "fiumme",
"cammommilla";
7) dissimilazione della geminata "mm" in "mb" con i suoi
innumerevoli esempi: "cambera", "cocombero", "prezzembolo", etc.;
8) il metaplasmo rappresentato da termini quali "prune", "lapida",
"mana".
Tutte cose che potrà constatare anche leggendo l'ottimo "Vocabolario
Pistoiese" pubblicato nel 2000 dalla Società Pistoiese di Storia
Patria
Che cosa intenda poi lo Jori per "maggiore sonorizzazione della
fricativa (S) e dell' affricata (Z), rispetto al vernacolo
fiorentino-pistoiese" francamente, come lei peraltro, lo ignoro!

Detto questo direi che possiamo parlare del libro della Adua Fanoi
Andreotti:
Partiamo con qualche termine ed espressione che in linea ipotetica
sembra indirizzarci nella direzione indicata da Jori:
"La cicala dice: cra! cra! Quest'inverno mi vò fa una cà"
La forma cà è sorprendente dato che corrisponde pienamente al tipo
sambucano e nord - italiano, ma si tratta di una falsa prova. A
Piteglio si usa "casa" e non "cà" (e questo lo sa benissimo anche lo
Jori), in questo caso la scelta di "cà" è avvenuta esclusivamente
per ragioni di natura metrico - poetica; gli unici dati che si possono
trarre è che i pitegliesi sono a conoscenza del fatto che in zone
più o meno vicine (si pensi a Sambuca e Lagacci) il termine "casa" è
reso con "cà" e che "c&grave" è talvolta usato nella toponomastica pistoiese (vedi Cà dei Prati a Pistoia).
"Qundo l'alpe mette la braca, vendi il mantello e compra la capra"
Il termine "braca" è chiaramente nord - italiano, ma ciò non
sorprende dato che il lessico è l'elemento più viaggiatore e che la
"Padania" non è poi tanto lontana; in ogni caso il trattamento
fonetico è tutt'altro che settentrionale e non risponde neppure al
modello dello Jori (avremmo dovuto aspettarci un "braga" e non un
"braca")
"Questo foco non fa razza (quando il fuoco non arde)"
Non ho presente per il pistoiese nessun termine paragonabile a
'razza' propendo, quindi, per un prestito emiliano (bolognese "raaz"
= raggio). Anche in questo caso si tratta di un prestito lessicale e
non di un evento fonetico come dimostra la geminazione consonantica
(l'uso di z in luogo di g, a mio avviso, deriva semplicemente dal
fatto che il termine è stato preso a forza senza meditazione sul
contenuto linguistico). Peraltro nella stessa frase possiamo leggere
un "foco" che mostra, con chiarezza, la riduzione del dittongo "uo"
a "o" aperta secondo l'uso toscano e la mancata sonorizzazione di K.
"La granata è nuova e spazza bene"
La forma granata è Nord - Italiana, ma è anche ben distribuita nel
territorio toscano (è quindi difficile stabilire se si tratta di un
prestito lessicale o meno). In ogni caso è evidente che manca la
sonorizzazione di T.
"Quando la favagella è nata la pecora è svernata"
La parola "favagella" potrebbe presentare una sonorizzazione di K
intervocalica, ma si tratta di una supposizione senza prove. In ogni
caso vale la pena ricordare come Rohlfs segnalasse per la città di
Pistoia un "ugertola" per lucertola che mostra una simile
sonorizzazione di K. Parole come "favagella" non mostrano per la
montagna pistoiese nulla di quanto non avvenga (avveniva) già nella
città di Pistoia.
"Fior di patata, tu saresti bellina ma tu sei troppo melata"
Quel melata potrebbe riferirisi alle "mele", ma io propenderei -
visto il contesto - per una cosa "mielata". L'esito della e breve
tonica in sillaba libera che dà é anziché il dittongo toscano "iè" è
ben attestato per la montagna pistoiese come dimostra il Rohlfs.
Prima di dar ragione a Jori, tuttavia, dovremmo ragionare sopra a
quello strano dittongo "ié" presente nel lucchese e, sia pure in
forma residuale, nel pistoiese... Il mio dubbio è che, in un passato
non precisabile, anche nella restante provincia di Pistoia fosse più
diffusa la risoluzione "é" della e breve tonica latina.
"Che sgrenna (detta di donna molto magra)"
Non ho presente alcun termine toscano "sgrenna" e propendo per un
originale "scranna" con trattamento fonetico paragonabile a quello
proposto da Jori... Una rondine, tuttavia, non fa primavera!

Fatta questa doverosa introduzione passerei a indicarle alcuni degli
elementi più tipicamente toscani
"tu sembri il mi' ciuco" - Il trattamento fonetico settentrionale
prevederebbe "ciugo"
"grillo, grillo panicale" - ll trattamento fonetico settentrionale
prevederebbe "panigale"
"prese l'acqua, accese il foco" - ll trattamento fonetico
settentrionale prevederebbe "fogo" con "o" chiusa anziché "o" aperta
"finché il fico non s'infoglia è minchion chi si spoglia" - ll
trattamento fonetico settentrionale prevederebbe "figo"
"chi fa l'ovo nel corbello" - ll trattamento fonetico settentrionale
prevederebbe "gorbello" con "o" chiusa anziché "o" aperta
"tu sei un abbriccico" - ll trattamento fonetico settentrionale
prevederebbe "abbriccigo"
"per me se caca oro, caca merda" - ll trattamento fonetico
settentrionale prevederebbe, con rispetto, "caga".
E ancora:
"che bella civettuola che tu sei"
Si tratta della tipica pronominalizzazione obbligatoria del soggetto
in seconda persona propria del toscano (non sono presenti invece
pronominalizzazioni gallo - italiche come quella in prima persona).


IL DIALETTO 'GALLO TOSCANO' DI ABETONE
(PROVINCIA DI PISTOIA)

Riportiamo integralmente il testo di una breve corrispondenza che
abbiamo avuto con la Dr. Laura Tonarelli del Comune di Abetone circa
il dialetto di tipo fiumalbino parlato in certe località del Comune
di Abetone

LA RISPOSTA DEL COMUNE DI ABETONE IN DATA 17/07/2003

Si, è vero, ma tutto ha orgine dal fatto che fino al 1936, data di
costituzione del nostro Comune, parte del territorio era sotto la
Provincia di Modena, praticamente fino al valico.

Infatti già in Abetone paese, come si attraversa il passo e si
scende verso Modena, la metà delle persone parlano il dialetto di
Fiumalbo. In loc. Faidello parlano tutti in "fiumalbino"
Ho visitato il link: interessante ed anche divertente. Il
vocabolario è utile anche a me.

Saluti
Luana Tonarelli - Comune di Abetone

LA NOSTRA LETTERA IN DATA 15/07/2003


Salve!

Sarei curioso di conoscere quale è la situazione linguistica di
Abetone. Ho ricevuto infatti una strana e - mail da parte del
curatore di un sito sulle lingue "padane" che sostiene che alcune
frazioni di Abetone parlano un dialetto molto simile a quello di
Fiumalbo (in provincia di Modena ma ai confini con la provincia di
Pistoia). Personalmente conosco il dialetto di Fiumalbo, ma non
sono a conoscenza di località dell'Abetone dove si parli un
dialetto di tipo fiumalbino. Potete darmi qualche ragguaglio?

Grazie


P.S. la pagina sul dialetto fiumalbino è la seguente:

http://beta.communities.msn.co.uk/ALTORENOETOSCANA/ildialettodifiumalbo.msnw


Relativamente alle altre località in Comune di Abetone abbiamo
ricevuto questa e - mail da Giancarlo Jori dell'Istituto di Ricerche
Storiche ed Archeologiche di Pistoia:

"Per quanto riguarda il dialetto dell'Abetone, è un dialetto dei
confine molto più accentuato rispetto all'area linguista ad oriente
della linea Cutigliano - Pian di Novello. La forte influenza
settentrionale di tipo modenese ( dialetto fiumalbino e di
Pievepelago che risentono anche del dialetto lucchese) è dovuta al
fatto di un insediamento recente formatosi nella seconda metà del
1700 in concomitanza con la costruzione della strada Ximenes
Giardini detta del Brennero con l'immigrazione di alcune famiglie
provenienti dall'area modenese.
Si tratta così di un dialetto Toscano con forti influenze modenesi e
lucchesi nella pronuncia di alcune vocali aperte e nell'indicazione
di alcuni attrezzi di uso comune, fenomeno questo che si riscontra
anche nell'area di Rivoreta, della Secchia e del Bicchiere".


NOTA SUL DIALETTO DI ORSIGNA
(Frazione di Pistoia)

PREMESSA La frazione di Orsigna è la frazione più settentrionale del
Comune di Pistoia, costituita da alcuni abitati e da un centro più
importante che porta il nome della stessa frazione, essa è posta
nell'omonima valle. Questa frazione è collegata a Pracchia
attraverso una strada carrozzabile.
NOTA SUL DIALETTO Poiché la località si trova lungo la linea La
Spezia - Rimini, e poiché l'omonima valle confina con i Comuni di
Granaglione (Vizzero), Porretta Terme e Lizzano in Belvedere, si può
ipotizzare che il suo dialetto abbia subito influssi di tipo
emiliano (1).
Per questa località si può, anzi, sicuramente affermare l'uso in
passato del dialetto alto pistoiese trattato dallo studioso
dell'IRSA G. Jori in altra pagina di questo sito.
Tuttavia la situazione attuale, ci pare di comprendere, è quella di
un dialetto di tipo marcatamente toscano.
ESITO DI DUE MICROINTERVISTE In data 27 agosto 2003 abbiamo fatto,
come molti in Alto Reno, un'escursione fino al Rifugio di Porta
Franca. Questa escursione ci ha consentito di poter discutere
velocemente con due anziani di Orsigna (un uomo e una donna di circa
70 / 75 anni residenti in loco durante tutto l'anno). Il poco tempo
a disposizione ci ha consentito di porre solo quattro domande:
1) come si dice casa ad Orsigna?
2) come si dice ramarro ad Orsigna?
3) come si dice mirtilli ad Orsigna?
4) come si dice miele ad Orsigna?
Le domande n 2 e n. 3 servivano a valutare la conoscenza dialettale
(se avessero risposto come in italiano avremmo dovuto considerare
gli informatori (per quanto anziani) non attendibili), mentre le
domande n. 1 e n. 4 servivano a valutare il grado di "emilianità"
del loro dialetto.
Le risposte sono state:
1) casa = casa;
2) ramarro = ramallo;
3) mirtilli = piuli;
4) miele = miele.
Le risposte n 2 e 3 dimostrano che i parlanti conoscono il dialetto
("piuli" è usato ad esempio nelle vicine Vizzero e Frassignoni,
mentre "ramallo" è di tutto l'Alto Reno). Le risposte n 1 e n 4
inquadrano però questo dialetto fra quelli di tipo marcatamente
toscano.
Abbiamo anche provato a suggerire la risposta "Ca'" e "méle", ma per
tutta risposta l'anziano signore d'Orsigna ha detto che da loro "non
usa" e analoga risposta abbiamo ricevuto dalla signora (2).

Si seganala inoltre la presenza di gorgia toscana e raddoppio fonosintattico.
NOTA:
(1) La strada di Orsigna (che passava per Porta Franca (già Porta
Galla)) rappresentò nel medioevo un importante collegamento fra
Toscana e Nord Italia.
(2) i due anziani sono stati intervistati separatamente.
sul dialetto di Orsigna clicca anche su: Una lettera sul dialetto di
Orsigna
e anche su: Lavacchio e Lavacchina

NOTERELLA SUL DIALETTO DI PRACCHIA
(Comune di Pistoia)
Anche il dialetto di Pracchia risente di alcuni elementi
gallotoscani. Secondo la testimonianza di Rohfs ad esempio:
1) sono presenti alcuni vocaboli d'origine settentrionale, ad
esempio:
il pracchiese "raggia" per rovo (cfr. G. ROHLFS, "Studi e ricerche
su lingue e dialetti d'Italia", Sansoni, Firenze, 1997, p. 175)
che deriva dal bolognese "raaza";
il pracchiese "fioppo"per pioppo (cfr. T. ZANARDELLI, "Saggi
folklorici in dialetto di Badi, Zanichelli, Bologna, 1910, p. 68)
che deriva dal bolognese "fiopa"(da segnalare che lo stesso
Zanardelli (ibid., p. 67 - 68) afferma che a Porretta il pioppo è
detto "fioppa" con raddoppio consonantico di tipo toscano).
2) determinate pronuce erano di tipo settentrionale "méle" anziché
miele (cfr. G. ROHLFS, "Grammatica storica della lingua italiana e
dei suoi dialetti" § 85);
3) la gorgia toscana risulta presente solo in "K" (la "c" di casa) e
in forma indebolita (non "h", ma "ch" tedesco (cfr. G. Rohlfs,
"Grammatica Storica" § 195)).
Sono inoltre presenti tutti gli elementi di tipo settentrionale
presenti anche nel dialetto della citta di Pistoia (raddoppio di m,
degeminazione di r, etc.).
E' altresì vero, tuttavia, che la base del pracchiese è propriamente
toscana / pistoiese, come dimostrano anche i due piccoli esempi
riportati di seguito:
1) "questo vuol dire scanzare la fatica" (da una 'poesia' del poeta
di paese (letta il 27/08/03))
2) "meglio un bove gentil di chi coi versi raglia" (dalla risposta
(letta il 27/08/03)).
Il primo esempio riporta la classica affricazione pistoiese (s>z).
Nel secondo esempio si può leggere un tipico termine della lingua
toscana ("bove") che risulta ben attestato anche nel restante Alto
Reno (Biagioni, Lagacci, etc.).
Tre piccole, interessanti, note sul dialetto di Pracchia sono anche nel libro dedicato alla sintassi della Grammatica di Rohlfs: "A Pracchia (nell'appennino pistoiese) annotai felciaio, ginestraio, orticaio, stipaio, ma anche fungaia, giuncaia, fioppaia)" (G. ROHLS, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti - sintassi”, Einaudi,Torino, 1986, pp. 394 - 395); "L'antica forma [per tre] neutra 'tria' si ritrova... nel vernacolo toscano (Versilia, Pracchia), 'trea'" (Ibid. pp. 310-311) ; "alcune forme antiche [per i numeri ordinali] sono state rifatte col suffisso -esimo... per esempio in provincia di Pistoia (Pracchia) 'novesimo'" (ibid. p. 316).


LAVACCHIO E LAVACCHINA
Storia di un vocabolo dell'Orsigna attraverso un toponimo
Orsigna è una frazione del Comune di Pistoia che sorge lungo
l'omonima valle. La frazione di Orsigna è suddivisa in più nuclei
abitati e case sparse, uno di questi nuclei (indicato anche nella
cartellonistica locale) viene chiamato Lavacchina.
Apparentemente il nome sembra collegarsi a una qualche leggenda o
storia legata alla vita di una vitellina (vacchina). Tuttavia
l'origine più probabile è da ricondursi a un vocabolo dei dialetti
rustici pistoiesi: lavacchio.
Leggendo il piccolo dizionario allegato alle "Cincelle da bambini in
nella stietta parlatura rustica di Montale Pistoiese" del Nerucci
(Pistoia, Tipografia Rossetti, 1880), troviamo:
"Lavacchio, fracidume di liquido versato".

E, non a caso, Lavacchina non solo ospita una sorgente, ma appare un
luogo piuttosto umido, specie in autunno e inverno.


UNA NOSTRA LETTERA SULLA PARLATA DI ORSIGNA

> Non c'è nessuna Pro Loco ad Orsigna, ma c'è una Cooperativa:
> Cooperativa Val
> d'Orsigna 51020 Pistoia (PT). Secondo me non andiamo però
> molto lontano; ad
> Orsigna, bene o male, mi sono fatto una idea e allo stato
> attuale (almeno)
> sono "bei toscani".
>
> In ogni caso c'è qualche dato interessante (che però si
> inquadra nella
> situazione che già conosciamo) l'ho trovato.
>
> Qualche termine presente nel libro "Val d'Orsigna" di Rita
Becherucci
> Corrieri (Editrice CRT,Pistoia, 2000):
>
> 1) "zuccherini" (p. 23 - gli zuccherini sono presenti anche a
> Frassignoni ma
> sappiamo bene che a Frassignoni parlano toscano senza aspirazione
> consonantica);
> 2) "roste" (p. 51 - bel longobardsimo! Le roste sono una
> sorta di argine per
> impedire che le castagne cadute a terra ruzzilino chissà dove)
> 3) "bugione" e variante "bugio" (p. 70 - ecco un termine che
dovrebbe
> davvero interessarla! Indica i castagni cavi e non è
> difficile ipotizzare
> l'origine da "bugo" con sonorizzazione di c > g, ma
> attenzione nell'Alto
> Appennino Pistoiese troviamo anche "oga" per "oca" e quindi non si
va
> lontani dal quadro tracciato da Jori. Il termine bugione si
> ritrova anche
> nell'Alto Reno Emiliano (a Monte di Badi c'è un castagno cavo
quasi
> bimillenario che è chiamato "osteria del buggeone" perché al
> suo interno c'è
> un piccolo tavolo dove la gente poteva mangiare);
> 4) ciuco (p. 84 - evidente toscanismo e senza alcuna
sonorizzazione)
> 5) verzura (p. 90 - stupendo arcaismo: "Avete 'n voi li fiori
> e la verzura /
> e ciò che luce od è bello a vedere" (Guido Cavalcanti));
> 6) stracco (p. 90 - termine pistoiese);
> 7) zana (p. 105 - cesta (era usato anche per indicare le
> piccole bare dei
> bambini) dal longobardo zanja > cesta).
>


Noterella sul dialetto parlato in località La Collina (Pistoia)
La Collina è una piccola frazione del Comune di Pistoia posta lungo
lo spartiacque Limentra Occidentale - Ombrone Pistoiese e
costituisce, di fatto, l'ultima propaggine altorenana e la prima
propaggine propriamente pistoiese di questo settore della Toscana.
Ci è parso pertanto interssante cercare di capirne qualcosa di più.
L'occasione propizia si è presentata il 05/09/2003 durante una
escursione tra i monti e i boschi della zona.
La nostra interlocutrice è stata una anziana abitante del posto
originaria di Torri (frazione di Sambuca Pistoiese). Questa signora,
dopo averci fornito, poche ma preziose informazioni sul dialetto di
Torri ci ha spiegato che alla Collina "si parla come a Pistoia".
Inoltre, a nostre specifiche domande, ci ha spiegato che alla
Collina non si dice "Ca'" ma "Casa", che il "ramarro" è detto
"ramallo", "mirtillo" è detto "baggiolo" e che la parola "miele"
viene pronunciato come in italiano. Era inoltre presente gorgia toscana e raddoppio fonosintattico
La frazione de La Collina riteniamo, pertanto,debba essere esclusa
dall'elenco delle località dove si parla il gallotoscano.


LA TOPONOMASTICA DELLE VALLI DELLA BURE (PROVINCIA DI PISTOIA)
Una breve corrispondenza relativa alla presenza di elementi gallo -
italiani nella toponomastica locale
Nostra lettera del 20 aprile 2004
Sto consultando "Il dizionario toponomastico delle Valli delle Bure"
(Società Pistoiese di Storia Patria, Pistoia 1999) è ho trovato
qualche risultato (si tratta di casi eccezionali ovviamente)
piuttosto strano.

Il più eclatante è "Acquifredola" con freddo reso in d scempiata
(per il Mastrelli e il Pieri l'origine è dal latino frigidus il che
avvalora l'ipotesi della scempia). Per quanto mi sforzi non capisco
come sia arrivato (il bello è che il termine è attestato fin dal
lontano 893 "qui dicitur ad Acquifridule, ubi Pettiana vokatur").

Ho poi riscontrato un "fravolaio" per una località piena di fragole.
Per quanto ne so la forma bolognese è propria frevla... Tuttavia
posso immaginare (visto che il toponimo "fravolaio" è attestato solo
qui) che sia un ipercorrettismo del superstrato germanico v > g
molto presente nel contado pistoiese (golpe per volpe ad esempio).
Allo stesso tipo credo si riconduca il toponimo "Fravolanda" (nei
pressi di Treppio (oggi Fragolanda)) citato nel Catasto Granducale
del 1664.

Una ulteriore cosa che mi ha fatto pensare è la presenza di qualche
scempiamento consonantico ulteriore come nei toponimi:

Batisti > non dovrebbe essere Battisti? Se è così possiamo
immaginare che sia l'antroponimo di un qualche emigrato originario
della parte settentrionale del crinale appenninico?

le forme tole sono forse forme con t scempiata? Ad esempio Buetole
(in italiano credo si dovrebbe dire buchettole), campaccetole (e
perché non campaccettole?), Poretole (in italiano dovrebbe essere
Porrettole). Nel caso si Poretole non mi meraviglia la r scempia
(che è del pistoiese), ma la t almeno apparentemente scempia.

Ho notato, infine, una certa (assai relativa ovviamente) propensione
(rispetto all'italiano) per le forme con -n finale (Sasson della
Rovina, gli infiniti "Pian del" o "Pian di", Foron del diavolo,
etc.). Il che mi lascia ulteriormente indurre (il dato in effetti lo
davo da tempo scontato, ma in ogni caso ne trovo una ulteriore
conferma) che i dialetti gallo - toscani abbiano sviluppato la
tendenza alla -n finale solo perché è la maggiormente tollerata nel
toscano e, specialmente, nel toscano appenninico (in altre parole è
stata accolta l'innovazione gallo italiana della caduta della vocale
finale solo per -n perché già nella Toscana (specie nelle zone
appenniniche toscane più prossime al crinale come la Valle della
Bure) era tollerato (più tollerato della -r finale che trova un
assai minor numero di esempi).

Ho notato anche la presenza di alcuni "borra" / "borro" in luogo di
burrone che dovrebbe essere (stando anche al Maestrelli) di origine
settentrionale.

Mi faccia sapere

P.S. le segnalo ancora tre toponimi:

I topolini > secondo Mastrelli non deriva da topo, ma da toppo (nel
senso di ceppo d'albero). Anche qua c'è una degeminazione consonantica
forse, tuttavia, interpretabile nel senso non di una qualche
influenza settentrionale, ma di un aggiustamento eufonico (cioè
qualcuno avrà detto "Che mai vuol dire toppolini? Non sarà
topolini?" e avrà ribatezzato il luogo)

Gavonaie e Gavozzoli che il Mastrelli riconduce al latino "cavus".
Ora qua c'è sonorizzazione ed una sonorizzazione ben ricorrente nel
pistoiese (gabina per cabina, grostino per crostino etc.).

P.S.S per intenderci la Valle della Bure è in Comune di Pistoia e
parte non molto lontano dalla Città di Pistoia per arrivare (nelle
sue propaggini settentrionali) a confinare con Sambuca Pistoiese e
comprendere le estreme propaggini meridionali della Valle del
Limentra Orientale (l'intero percorso del Torrente Limentrino,
alcuni tratti dello stesso Limentra Orientale, etc.)


Risposta di Daniele Vitali del 21 aprile 2004
Non saprei perché la toponomastica sia così capricciosa ma,
ammettendo che
la Sambuca Pistoiese sia sempre stata gallo-toscana, allora il
confine
meridionale di certi fenomeni passa molto vicino a Pistoia
capoluogo, e
dunque forse non è troppo strano che certe forme siano penetrate fin
giù?
Guarderei anche ai grandi numeri: Lei mi dice che in genere si
tratta di
eccezioni.


Daniele



BREVE NOTA SULLA SITUAZIONE DIALETTALE DI CANTAGALLO
( Provincia di Prato)
Stemma del Comune di Cantagallo

In altra pagina di Alto Reno Toscano abbiamo riportato un intervento
dello studioso pistoiese G. Jori sui dialetti dell’Alto Appennino
Pistoiese. Sempre in merito a questo articolo sappiamo esserci stata
una breve corrispondenza fra lo Jori stesso e lo studioso bolognese
Daniele Vitali. Circa la delimitazione territoriale del fenomeno lo
Jori ha scritto a Vitali che:
“l'area rappresentata è compresa nelle valli dell'alto Nievole, del
Lima,
Limestre, Reno e Limentre
quindi l'alta montagna di Pistoia. I comuni sono quelli di Marliana,
Piteglio, Abetone, Cutigliano, S. Marcello e Sambuca pistoiese oltre
a
Cantagallo”
Il Comune di Cantagallo si presenta pertanto simile alla situazione
linguistica degli altri comuni Alto Pistoiesi. Tale informazione
appare sicuramente interessante, tenuto anche conto che una sua
frazione (Fossato) non soltanto si trova nell’Alta Valle del
Limentra Orientale (bacino idrografico del Reno), ma che è
appartenuta alla Diocesi di Bologna fino al 1784. E' tuttavia da
precisare che, presumibilmente, gli elementi galloromanzi nel
dialetto di Fossato devono essere stati di natura limitata (qualche
prestito lessicale, la pronuncia "méle" anzichè "miele", etc) come
ci può, indirettamente, illustrare la relazione (stilata a inizio
'800) dal Parroco di Fossato sul vicino dialetto di Torri (1)
nota:
(1) il 03/09/2003 siamo stati a Fossato e abbiamo potuto parlare con
l'anziana esercente di un bar ubicato nel paese. La signora parlava
un toscano molto fluido e molto bello, senza alcuna inflessione di
natura galloromanza. A nostra espressa domanda ha risposto che a
Fossato non viene usato "Ca'" per casa né "méle" per miele ma si
"dice come in italiano". Gli eventuali (probabili) elementi
linguistici e fonetici di tipo settentrionale sono dunque spariti da
molto tempo. Il dialetto di Fossato (come peraltro quello di Montepiano) dimostra alcune caratteristiche tipiche del dialetto pistoiese (e, infatti, >Fossato appartiene alla DIocesi di Pistoia, mentre Montepiano e le altre località di Cantagallo e Vernio sono appartenute alla Diocesi di Pistoia fino al 1975)
Aggiornamento del 21/02/2004
Abbiamo fatto una interessante scoperta su quello che doveva essere
l'antico dialetto di Fossato (un dialetto di tipo gallo - toscano).
Si riporta in merito il testo di una e - mail inviata al Dr. Daniele
Vitali.
"CAPITOLI DI FOSSATO DEL 1592
Come promesso ho rintracciato nel n. 51 di Nueter il piccolo
documento sui Capitoli di Fossato relativi al pascolo nei
castagneti: Il documento reca la data 6 maggio 1592. A parte il nome
Fossato non ricorrono (o non paiono ricorrere) altri toponimi della
zona, vi è tuttavia un lungo elenco di persone. Significativi per il
nostro ambito di ricerca, inteso a verificare la presenza di
fenomeni settentrionali nell'antica parlata di Fossato, risultano
essere otto nomi:
1) Iacopo di Pierantonio di MENICHINO;
2) PUGHA di Bettino di PUGHA;
3) PEDRINO di Croce di Matteo;
4) SALVADORE di Carlo di Sansonetto;
5) Meno di Ceri di PALADINO;
6) Lorenzo di Giovanni di SALVADORE;
7) BECHINO di Nanni di Simone;
8) BATISTA di Andrea di BATISTA
Il primo nome è sicuramente una delusione dato che non presenta
alcun fenomeno di sonorizzazione per K (avrebbe dovuto essere
"Menighino"), ma tutti gli altri risultano presentare la
sonorizzazione per K e per T oppure la degeminazione consonantica:
a) PUGHA anziché PUCA
b) PEDRINO anziché PIETRINO
c) SALVADORE anziché SALVATORE
d) PALADINO anziché PALATINO
A parte il caso d) che potrebbe anche non essere derivato da
sonorizzazione settentrionale (es: i paladini di Carlo Magno) tutti
gli altri casi (a), b), c)) testimoniano in maniera piuttosto decisa
a favore della sonorizzazione settentrionale.
Il caso di Pedrino dimosta altresì che a Fossato la "e" breve tonica
in sillaba libera dava come esito "é" anziché il dittongo toscano
'iè' (e quindi il tipo settentrionale 'méle' anziché il toscano
'mièle').
Anche i nomi Bechino e Batista testimoniano in favore di un evento
fonetico settentrionale (la degeminazione consonantica).
Aggiungendo a queste riflessioni linguistiche alcuni dati storici:
1) Fossato appartenne alla diocesi di Bologna fino al 1784;
2) all'epoca tutte le altre realtà sambucane mostravano una spiccata
presenza di eventi fonetici settentrionali (i quasi contemporanei
Statuti di Treppio riportano "Luvaia" anziché "Lupaia" con
sonorizzazione in P)
3) secondo gli studi di Jori nel Comune di Cantagallo era possibile,
fino a 30 / 40 anni fa, trovare eventi fonetici di tipo
settentrionale.
Credo, ragionevolmente, di concludere che anche Fossato doveva
rientrare tra le parlate di tipo gallo - toscano."

22 aprile 2004: Una altra prova della gallo - toscanità dell'antico
dialetto di Fossato cliccando sotto:
un toponimo gallo toscano a Fossato

nota su Marliana: onestamente non conosciamo il dialetto di Marliana
e quindi non possiamo stabilire quanto sia corretta l'attribuzione
di Marliana come dialetto alto - pistoiese indicata dallo Jori. A
favore dell'ipotesi dello Jori possiamo rilevare che il finitimo
Comune di Piteglio presenta sicuri prestiti galloitaliani (tipo
"raggia" per rovo o "peterlinga" per "rosa canina"). Tuttavia è bene
precisare che il capoluogo di Marliana si trova, all'incirca, alla
stessa altezza del centro urbano di Pistoia.


UN TOPONIMO GALLO TOSCANO IN QUEL DI FOSSATO
Da una e - mail inviata il 22 aprile 2004
Oggi pomeriggio ho consultato una mappa turistica dell'Appennino Pistoiese (un lenzuolo). Ovviamente ai suoi estremi c'erano anche località vicine del bolognese, della lucchesia, del modenese e del pratese. Vista la annosa vicenda di Fossato sono andato subito a guardare la relativa zona di Fossato e ho trovato immediatamente a nord del paese (all'interno dei confini amministrativi del Comune di Cantagallo, ovviamente) il toponimo "Valligella" che ho per istinto ricondotto a piccola valle, ovvero "Vallicella". E' evidente che se Vallicella esiste allora Valligella è la sua variante con sonorizzazione intervocalica di K.
Ho fatto una verifica in internet (Google) ed è saltato fuori un numero imprecisato di "Vallicella" in Toscana, Lazio e in Corsica
quali:
Vallicella Scarlino (Gr), La Vallicella (Corsica), Santa Maria in Vallicella (Roma), Vallicella di Marina di Campo (Isola d'Elba), Via Vallicella nei pressi di Vinci (FI), etc.
Nonché un dipinto di Rubens della "Madonna di Vallicella".
Ma adesso viene il meglio... In internet è riportato lo stesso toponimo ma con degeminazione consonantica "Valigella"... e questo toponimo è relativo proprio a una località immediatamente a nord di Fossato!
http://www.itinerarintoscana.it/prov_prato.php
http://guide.supereva.it/mountain_bike/interventi/2004/01/147592.shtml
Inoltre ho rintracciato il toponimo "Poggio di Valigella" anche in una mappa che ho a casa del Comune di Sambuca Pistoiese (che ovviamente comprende anche le realtà più prossime al comune sambucano) e, anche in questo caso, si tratta di una località subito a nord di Fossato e all'interno dei confini amministrativi di Cantagallo.
Quindi il toponimo Valigella dimostra per Fossato che, almeno in passato, si usava la degeminazione consonantica e la sonorizzazione delle consonanti occlusive sorde intervocaliche (K, T, P).
A questo punto, se consideriamo anche i "Capitoli di Fossato" del 1592 e quei numerosi nomi che presentano sonorizzazione settentrionale quali Salvadore o Pedrino (http://groups.msn.com/ALTORENOETOSCANA/suldialettodicantagallo.msnw) direi proprio che a Fossato si parlava un dialetto di tipo gallo - toscano.


Da una e mail del 24 aprile 2004

"Ut in vico qui nuncupatur Fosatus ambobus consentientibus ecclesiam aedificatretur in terra suprascripti abbatis"

Questo brano è in un documento del 1057 ed è l'atto di nascita della Chiesa di Fossato (Nueter, XXV, n. 49, 1999, pp. 76 ss.)

Come sicuramente saprà la forma latina per fossato è "fossatus" e non "fosatus", la forma "fosatus" presenta la tipica degeminazione settentrionale... In testi medioevali lombardi si trova proprio "fosatus", ad esempio:

"pro communi, a meridie via, a sera fosatus, a monte Molinarius" (Designationes terrarum Regesto
1191 gennaio 19, 20 e 21, Maderno.).

Quindi al momento abbiamo per la toponomastica un Valigella e un Fosatus... Forse anche il Molin di Fossato* potrebbe esserci di aiuto (con molta cautela, tuttavia, visto che la forma -n a fine parola è ben attestata anche nelle vicine Valli della Bure e in altre località pistoiesi).

E poi abbiamo ancora la storia a favore (fino al 1784 appartenne alla diocesi di Bologna), la geografia e quei nomi di persona dei Capitoli di Fossato del 1592.

Già che ci sono le faccio presente che nello stesso numero di Nueter citato a inizio lettera (n. 49/1999, pp. 117 - 119) c'è un piccolo articolo di Lia Bonzi sul dialetto di Treppio, un articolo senza notizie particolari (per chi conosce già il suo piccolo dizionario) tranne la seguente:

"D'Agosto trovai alloggio, quasi pellegrina, alla Casa Madre delle Suore Mantellate in una celletta bianca e nuda. Il Sinatti [Gino] mi portava in giro dai vecchi del paese e delle frazioni vicine: la sua presenza li rassicurava e li induceva a rispondre alle mie domande; nonostante questo non ho registrato conversazioni, ma solo parole o brevi frasi, poiché già allora il dialetto era usato da pochi anziani ed esclusivamente a casa". (p. 117).

E ancora:

"Ho conosciuto molti abitanti di Treppio ed alcuni orami non ci sono più. Di tutti ricordo la gentilezza, la curiosità mal celata per quella figliola che girava con quaderni e registratore, il desiderio di aiutarmi e trovare delle belle parole che servissero, la ritrosia (o timidezza) che a qualcuno poteva sembrare scontrosità, che cadeva spesso con l'aiuto del Sinatti, talora invece per simpatia: una volta il 'contatto' ci fu grazie a un bicchiere di vino rosso che preferii a una Coca Cola, per far compagnia a due anziani informatori alle dieci di mattina" (idem).


* il toponimo si trova nelle varianti Mulin di Fossato / Molin di Fossato / Molino di Fossato e Mulino di Fossato


FOSSATO E SAN MOMME'

Da una e - mail del 25 aprile 2004

"Circa a Fossato si dice che fosse abitato in prima da certi pastori venuti
da San Mommè: il dialetto del parlare di San Mommè assomiglia a quello di
Fossato" (dalle memorie di M. P. Mattei 1810 - 1856 citato in L. Battistini,
"Lentula", pubblicato presso l'editografica Rastignano, Pianoro, 2000).

La notizia appare sorprendente e in apparentemente in contrasto con tutto
quello che le ho scritto. In realtà credo che sia una ulteriore prova a
favore dell'ipotesi che il dialetto di Fossato in passato fosse simile a
tutti gli altri dialetti gallo - toscani.

In primo luogo partiamo dai dati che proverebbero che il dialetto di Fossato
doveva essere come gli altri dialetti gallo - toscani:

1) la presenza di alcuni toponimi di tipo settentrionale quali "Valigella"
anziché "vallicella" oppure "Fosatus" anziché "Fossatus";

2) la presenza di nomi come Pedrino e Salvadore nei Capitoli di Fossato del
1592;

3) la posizione geografica di Fossato;

4) l'appartenenza di Fossato fino al 1784 alla Diocesi di Bologna;

5) l'appartenenza storica di Fossato alle Comunità Sambucane

In secondo luogo consideriamo l'antichità di Fossato (la Chiesa di Fossato
viene fondata nel XI secolo, ma il paese è ancora più antico) e quindi i
pastori di San Mommè sono da escludere come fondatori del paese di Fossato

Detto questo io appartengo alla categorie di persone che credono che le
leggende abbiano sempre un qualche contenuto di verità... un contenuto di
verità che m'induce a confermare l'ipotesi che l'antico dialetto di Fossato
fosse simile al sambucano, al porrettano antico, al pavanese, al lizzanese.

Se ipotizziamo che il dialetto di Fossato sia passato da una situazione di
tipo gallo - toscana a una situazione sostanzialmente toscana (come ad
esempio Frassignoni) dovremmo trovare, specialmente, all'inizio ancora dei
residui più o meno marcati dell'antica situazione linguistica...

Molto probabilmente gli ultimi elementi dell'antica matrice gallica
sopravissuti nel dialetto di Fossato saranno stati l'assenza di gorgia
toscana e l'uso di un infinito non apocopato. Possiamo, così, immaginare che
nella prima parte del XIX secolo il "fossatese" dovesse presentarsi in
queste condizioni (attualmente l'infinito può presentarsi troncato). Ora
immaginiamo di essere dei montanari di Fossato e di guardarci intorno... Le
località limitrofe sono:

1) a est il pratese (con gorgia toscana in K e in T, troncamento
dell'infinito, uso delle affricate mediopalatali, etc.);

2) a ovest Treppio (con sonorizzazioni settentrionali, cacuminali, etc.);

3) a nord e ancora a Ovest di Treppio altri dialetti gallo toscani con
marcate caratteristiche settentrionali;

4) a sud ovest Torri (che all'epoca parlava ancora un dialetto simile al
Modenese!);

5) a sud di Torri il pistoiese (con gorgia toscana in K e troncamento
dell'infinito).

Praticamente il fossatese risultava un dialetto completamente isolato (e
all'epoca non esisteva né la grammatica storica, né (tantomeno) la tipologia
linguistica). L'unico dialetto simile risulta essere (per elementi evidenti)
il sammomeano dato che il sammomeano non presenta né sonorizzazioni
settentrionali, né elisioni, né apocope dell'infinito e ha una debole gorgia
toscana (forse nel XIX secolo il sammomeano poteva anche essere del tutto
privo di gorgia toscana).

E' evidente che da un punto di vista storico il dialetto di San Mommè è un
dialetto conservativo mentre il fossatese del XIX secolo era un dialetto che
non aveva ancora completato il suo percorso, ma (ripeto) all'epoca non
esisteva la grammatica storica e soprattutto non si poteva pretendere che a
scoprirla fossero dei montanari!

Per pura coincidenza il fossatese della prima metà del XIX secolo e il
sammomeano sostanzialmente coincidevano!

Inoltre è da considerare che San Mommè non è tanto lontana da Fossato (le
ricordo che uno zio del gestore di San Mommè era postino a Torri e
Treppio)... Non era quindi difficile viste tutte queste coincidenze credere
che Fossato fosse fondata da qualche pastore (ci pensi ... pastore! ...
gente abituata a spostarsi!).

In realtà la testimonianza del Mattei, quindi, più che attestare l'origine
sammomeana del dialetto fossatese sembra confermare l'origine
settentrionale* del fossatese stesso.


* per settentrionale (sarà bene precisarlo) intendo gallo - toscana dato che
le testimonianze storiche attestano importanti caratteristiche toscane dei
nostri dialetti fin dal lontano XI secolo (Scolachio con degeminazione
consonatica, ma risoluzione ch del nesso latino cl).

_______________________________________________
NOVITA' DA FOSSATO E DINTORNI


Da una e mail inviata al Dott. Daniele VItali il 16 aprile 2005

Finalmente sono tornato a Fossato, ma non ho trovato il libro di Silvio Benelli sui mille anni di stoiria della Comunità di Fossato di cui avevamo parlato in una precedente e mail. Tuttavia il viaggio è stato, in ogni caso, tutt'altro che inutile dato che in uno dei bar del paese ho potuto acquistare un'altro libro dello stesso autore contenente informazioni di una certa utilità per la nostra ricerca: S. BENELLI, "La società di mutuo e pronto soccorso di Fossato - Con alcune notizie storiche sulla loclaità", Essebililibri, Firenze, 1997

In questo libro ho potuto infatti leggere un paio di notizie interessanti e un prezioso documento. Incomincerei subito col documento:

Si tratta di un verbale redatto dagli uomini della Comunità di Fossato riunitesi il 14 giugno 1654 per deliberare le modalità con le quali garantire un prestito ricevuto dal Monte di Pietà della Ciità di Firenze (a pagina 11 del libro citato):

"Fatto il consiglio di li huomini de la Comunità di fossato, et hanno determinato di fare la compositione di pagare ogni anno scudi trenta in due paghe, una paga a settembre e una a marzo et assegnare per casado de beni stati di detti loro
primo Domenico di Chello Chelli
secondo Jacopo di Giovanni Chelli
primo Andrea di Pedrino Mattei
secondo Nicola di Domenico Mattei
primo Antonio di Matteo Tonini
secondo Andrea di Silvestro tonini
.... omissis...
et detta Comunità domanda che si veda in bona somma chi ha debito"

Pur nel tono ufficiale questo atto, vecchio di tre secoli e mezzo, tradisce  in un paio di parole che ci illustrano la situazione linguistica dell'epoca: quel "Pedrino" che avevamo già incontrato nei Capitoli di Fossato del 1592 (con sonorizzazione di T e riduzione del dittongo "iè" in "e" (si trattera sicuramente di una "e chiusa") e il termine "casado" (con sonorizzazione di T intervocalica). In grazia a queste piccole spie lessicali e onomastiche possiamo avere un quadro del dialetto parlato in antico a Fossato che conferma il quadro già delineato di un dialetto gallo - toscano (o se preferisce d'area sambucana) che è sparito nel tempo (e di cui rimane traccai in quel toponimo Poggio di Valigella e in qualche atto archivistico, come abbiamo già avuto modo di disquisiire).

Passando alle notizie partirei dalla testimonianza dell'autore, basata su datti archivistici, sull'appartenenza fino al XVI secolo di Chiapporato (attualmente in Comune di Camugnano) alla Comunità di Fossato:

"Aspre contese avvennero nel corso del 1500 con gli abitanti di Bargi - Stagno, nello Stato Pontificio, per il possesso della zona di Chiapporato, inizialmente appartenente a Fossato e conseguentemente alla Toscana, ma che venne successivamente reclamata dai Bolognesi. Solo dopo il 1560 si giunse ad una delimitazione definitiva delle rispettive zone di appartenenza, mediante una linea, evidenziata da pali di legno, che dalla cima del Monte Cornacchione arriva fino al puntp in cui il rio Chiapporasto si getta nella Limentra" (p. 8 del libro citato)

Notizia preziosa anche questa dato che testimonia di un passato della Comunità di Fossato rivolto più a nord di quanto non sia oggi, comprendendo quella Comunità addirittura un pezzo dell'odierno territorio bolognese! Questa situazione pare corroborare gli elementi a nostra disposizione che portano a classificare tra i dialetti altorenani anche l'antica paralata di Fossato.

La seconda notizia è invece realtiva a un toponimo: Foraceca

"La festa, con balli, canti, vendita di cocomeri e mescita di vino, si svolgeva, oltre che in paese, fino all'aano 1970, nel luogo chiamato 'Il Ponticino', mente negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale si teneva in Foraceca; riterniamo che questa località fosse stata prescelta dopo la costruzione nel 1896, dell'acquedotto che dalla sorgente della Polla porta l'acqua al paese" (p. 18 del libro citato)

Il toponimo mostra chiaramente una riduzione del dittongo "ie" ad "e" che non può essere altro che iuna antica "e chiusa" di tipo settentrionale. A questo punto, tuttavia, viene il meglio: guardando su google, infatti, ho scoperto che Foraceca non è solo un toponimo presente a Fossato, ma è pure un toponimo presente a Vernio. Dunque anche a Vernio doveva essere diffuso l'uso della e breve tonica in sillaba libera che da é anziché il dittongo toscano "ié". Forse che a Vernio fosse diffuso un dialetto di tipo gallo - toscano come a Fossato e  Frassignoni in passato? In quest'ultimo casopotrebbe essere un dato linguistico acquisito dai dialetti pistoiesi settentrionali. La "é" in luogo di "ié" ad esempio è attestata da quel monumento della linguistica che è Rohlfs per Pracchia, Gavinana, Cutigliano Prunetta (G. Rohlfs, "Grammatica Storica della lingua italiana e dei suoi dialetti - Fonetica", § 85, Einaudi, Torino, 1999, pp. 103 - 104:. E Vernio è un territorio pistoiese, almeno dal punto di vista ecclesiastico, fino al 1975.

Lei cosa ne pensa?

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RISPOSTA DI VITALI DEL 22 APRILE 2005

Come dicevo,

ritengo molto convincenti le sue argomentazioni e per me Fossato in un tempo
remoto fu probabilmente di tipo sambucano. La cosa strana è la mancanza di
continuità territoriale, visto quel che sappiamo su Torri.

Però Valigella, casado e Fosato sono indizi per me più indicativi di ie > e perché
questo dittongo è possibile solo in sillaba accentata (nelle parole genuine,
cfr italiano toscaneggiante "novissimo"), per cui Pietro ma Petrino non è
necessariamente indice di cancellazione del dittongo. Ben più pregnante il
fatto che tr > dr.

Idem per Foraceca, bisogna essere prudenti perché anche in italiano la i di
cieco non si legge.

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ANCORA NOVITA' (17 MAGGIO 2005)

In un libro di Silvio Benelli su Fossato (S. BENELLI, "Fossato: note su mille anni di storia di una Comunità", Essebilibri, Firenze 1994) compaiono alcune interessanti informazioni di natura linguistica. In un documento sulla disputa per il possesso di Chiapporato scritto da fossatesi per le autorità Granducali e risalente al 1560 la stessa località di Chiaporato è detta "Chiaporado" e la località Fabbriche è detta "Fabriche" (pp. 115, 117). In un inventario dei beni della Chiesa di San Lorenzo di Fossato del 1566 Fossato è detta Fosado e poi Fosato (p. 128). In un testamento risalente al 1608 è riportato il toponimo "pian del Bagho" (p. 179) con evidente sonorizzazione di K intervocalica.

NOVITA' DEL 6 AGOSTO 2005

Nel libro "Il Virgulto di Castagno" di Elio Carocci (Mauro Traverso Editore, Gavi, 2003) è stato possibile rintracciare altre tracce toponomastiche importanti quali: "Cegiale" per "Ceciale" con sonorizzazione di K intervocalico (pp. 16, 30, etc.); "Castagno Ridondo" per "Castagno Rotondo" con sonorizzazione di T (p. 30), "Camortola" forse da un originario "Cà Mortola" (p. 47)



IL DIALETTO DI PRATACCIO DI PITEGLIO http://it.geocities.com/kenoms3/altorenotoscano/dialetto_prataccio_di_piteglio.pdf