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DENUNCE:

"Le mie parole sono un sussurro ... La vostra sordità un urlo"

(JETHRO TULL)

"Nessuno si è mai curato di noi: gli uomini dei grossi centri fanno sentire la loro voce, e per questo ottengono qualcosa. E perché noi dovremmo continuare a tacere? facciamo sentire anche noi la nostra voce, e forse, prima o poi, qualcuno ci ascolterà"

(Il Falco della Montagna, anno I, n. 1, 10/08/1947, p.1)


AFFRESCHI E PITTURE CHE SCOMPAIONO

Il caso della ex Casa del Fascio non è tuttavia isolato... Rimanendo a Porretta ricordiamo la orami quasi illeggibile pittura dell'aquila con ali spiegate fra monti, rappresentata in una delle ville semiabbandonate poste fra l'albergo Salus e il passaggio a livello della Ferrovia Porretta - Pistoia. Si tratta di un patrimonio che, in assenza di catalogazione, andrà completamente perduto, senza che ne rimanga traccia neppure nella memoria delle persone.


SAN GIOACCHINO DI MOSCACCHIA

E' proprio un mondo che scompare...

Parliamo degli affreschi contenuti al suo interno. Si confronti la pagina 363 del Numero 38 di Nueter del 1993 (anno XIX) con le pagine 212 e 213 del numero 56 del 2002 (anno XXVIII) per rendersene conto.


ANIMALI DI AFFEZIONE

Cani e gatti

Va detto con sincerità: in Alto Reno non c'è un particolare interesse delle nostre amministrazione per i cani e i gatti. Ciò ha delle ricadute non solo "etiche", ma anche sanitarie:

In tutto l'Alto Reno non esiste un rifugio per cani abbandonati gestito da una amministrazione pubblica

Nei comuni emiliani d'Alto Reno non esiste alcun programma di censimento, protezione, sterilizzazione delle colonie feline (cosa che accade a Pistoia e per i Comuni della Valle del Samoggia).

Qualcosa vorrà dire ...


APPROFONDIMENTO SULLE PRESCRIZIONI DI MASSIMA E DI POLIZIA FORESTALE PUBBLICATE SUL BUR EMILIA - ROMAGNA N. 88 DEL 17 MAGGIO 1995

1) ART. 25 il primo paragrafo vieta normali ripuliture di aree forestali da cespugliame quale scope, ginestre, biancospino, pruno, rosa canina e simili. Nell'ambito poi dell'utilizzazione dei boschi cedui divengono problematiche le operazioni di taglio se contestualmente non vengono tagliati altri arbusti oltre ai rovi, alle vitalbe e alle felci. Al rguardo si deve tenere conto che molto spesso la vegetazione arbustiva oltre a costituire una più facile esca per l'insorgere di incendi boschivi quasi sempre aggrava e complica notevolmente le operazioni di spegnimento del fuoco stesso.

2) ART. 27 tale norma rende più difficile l'impianto di conifere destinate alla produzione di alberi di natale.

3) ART. 28 Viene impedito ciò che è impossibile impedire: è infatti abbastanza normale che durante le varie fasi inerenti le "utilizzazioni dei boschi" (taglio, allestimento ed in modo particolare esbosco) si debba arrecare danni peraltro inevitabili, non tanto a piante arboree, quanto ad essenze arbustive e maggiormenge erbacee appartenenti anche alla "flora spontanea protetta", compreso ovviamente il micelio fungino.

4) ART. 30 La norma appare estremamente discriminatoria in quanto ad eccezione degli equini non ammette tassativamente il transito lungo la viabilità di altri animali (pecore, capre) anche se condotti o quantomeno sotto stretto controllo.

5) ART. 69 La norma pare in contrasto con l'art. 33 che consentirebbe l'abbruciamento controllato del materiale di risulta. Durante poi l'esecuzione delle normali operazioni colturali di miglioramento molto spesso risulta assai problematico evitare il danneggiamento di eventuali arbusti e fiori appartenenti alla flora protetta.

Si tenga presente che il complesso delle disposizioni costituente questa norma rende impossibile (se puntualmente applicato come la norma pretende) il recupero dei castagni. Si legga sotto in cosa consiste l'operazione del "roncigliare":

"La farina di castagne era la base dell'alimentazione e chi possedeva un castagneto possedeva un tesoro. Si potavano gli alberi, se ne spiava la fioritura e alla fine dell'estate, si provvedeva alla pulitura del suolo sottostante, perché nessun frutto andasse perduto. Roncigliare si chiamava questa operazione, e consisteva nel tagliare l'erba e gli arbusti, rastrellare le foglie dell'anno precedente, bruciarle insieme agli sterpi, e riparare le roste. Queste ultime erano piccole fosse che nei castagneti in pendio arrestavano i ricci caduti" (BILL HOMES, Le pietre dell'Alta Limentra Orientale, Porretta Terme - Pistoia, 1996, p. 37)


POCHE RIGHE SU UNA DENUNCIA TUTTA "ALTO RENANA"

Si provvede a potenziare la linea fino a Marzabotto con nuove corse, ma nessuna nuova corsa è prevista per l'Alto Reno

Si provvede a realizzare nuove stazioni prossime a Bologna, ma nulla in Alto Reno

Conseguenza: nessun guadagno per chi abita in Alto Reno e il concreto rischio di un ulteriore aumento dei tempi di percorrenza per giungere a Bologna.

Cose tutte note a chi usa la Porrettana e sale a Porretta, Silla o Riola, ma non a chi sta a Bologna.Se volete fare una bella protesta cliccate a questo indirizzo: http://www.ferroviaer.it/contatti.html


RISORSE DA SFRUTTARE L'Alto Reno: Una terra da usare

Per comprendere i meccanismi con i quali Bologna intende sfruttare le nostre risorse si rimanda a Bologna e la nostra acqua Qui ci limitiamo a ricordare alcuni "campi d'interesse" di Bologna:

1) l'acqua;

2) l'energia elettrica (secondo fonti ENEL il sistema idroelettrico altorenano già oggi produce energia elettrica per 200.000 famiglie);

3) l'ambiente incontaminato.

A questi tre aspetti, in futuro, potrebbero tornare di interesse i piccoli giacimenti di metano in Alto Reno, sempre che (su questo punto) la memoria non c'inganni (1).

Una terra comunque da sfruttare (metano o meno) nell'interesse di Bologna.

NOTA:
(1) Dalla "Guida dei Bagni della Porretta e dintorni" di Demetrio Lorenzini (pubblicata da Zanichelli a Bologna nel 1910): "[oltre a Porretta] altre abbondanti emanazioni di gas idrogene carbonato si hanno quipresso nelle rovine dei Salgastri, a Grecchia, al Mulinaccio alla sponda sinistra del Reno, e a Gaggio Montano" (p. 66). "L'esistenza del Petrolio in queste formazioni fu accertata nel perforare la galleria di Mezzola sotto Lustrola, ove ne fu trovata piccola vena che fu trascurarata. Oltre a ciò presso Vidiciatico (Lizzano in Belvedere) trovansi calcari che appena spezzati tramandano odore di Petrolio: e il Calindri afferma che al Farné esiste una scaturigine di olio di sasso" (pp. 109 - 110). "A mezzogiorno alla Casetta nelle Saldine vi sono scaturigini abbondanti d'idrogene carbonato, ottimo combustibile... E' chiaro che questo prezioso combustibile in mano di potenti industriali potrebbe dar moto e vita a grandiosi opifici" (p. 283)


BRASIMONE

Tra le risorse da usare c' anche il nucleare?

Vicino all'Alto Reno sorge il Centro di Ricerche del Brasimone (ex PEC) in questo Centro di Ricerche è stato stoccato (e forse è ancora stoccato) un quantitativo indefinito di sodio, un metallo alcalino che reagisce violentemente al minimo contatto con l'acqua.

Al Centro di Ricerche si trova anche del berillio, una sostanza pericolosissima, questa sostanza viene usata per il progetto ITER (un progetto internazionale per la fusione nucleare).

Secondo i deputati verdi ITER è "una grande macchina in cui si opera la fusione di sostanze in parte radioattive, attraverso un processo che trasforma il reattore stesso in una gigantesca scoria nucleare" (l'Unità 2 del 21 gennaio 1998).

Intanto al Centro del Brasimone si pensa di usare l'Americio (una sostanza radioattiva) come sistema antincendio. P.S. Il professor Carlo Rubbia, che è interessato dal programma ITER, è un fautore dell'utilizzo nucleare dell'Americio nella propulsione spaziale (sarà un caso?).


PERCHE' ALCUNI VOGLIONO FARE DI SAMBUCA PISTOIESE IL 61^ COMUNE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA?

Chiunque abbia letto questo sito comprenderà appieno che noi siamo contrari a qualsiasi ipotesi volta a fare di Sambuca Pistoiese il 61° Comune della Provincia di Bologna; questa contrarietà come è chiaro discende da ragioni storiche, culturali, ma anche economiche e di assetto politico dell’intero comprensorio dell’Alto Reno. Sambuca Pistoiese in provincia di Pistoia è una ricchezza per l’intera comunità locale, il suo inglobamento nella provincia di Bologna sarebbe una perdita.

Per le medesime ragioni siamo contrari anche alla proposta (non sappiamo quanto seriamente concepita) dell’Assessore Porrettano all’Ambiente di fare di Cantagallo il 62° Comune della Provincia di Bologna.

Tuttavia l’oggetto di questa pagina non vuole vertere su questi temi, ma su una importante ricaduta ambientale che presumibilmente sarà conseguente alla "annessione" di Sambuca Pistoiese (e a maggior ragione di Cantagallo e Sambuca) a Bologna.

Come forse saprete negli anni 60 – 70 furono portati avanti da AMGA (successivamente ACOSER ed oggi SEABO) i primi importanti lavori per la realizzazione dell’Invaso di Treppio, la cui realizzazione avrebbe comportato la sommersione di località come Lentula (tra le province di Prato e Pistoia), Molino di Fossato (in provincia di Prato), Acqua (tra le province di Prato e di Pistoia). Tale progetto, pur inviso dalla popolazione locale, sarebbe comunque stato portato a termine se non ci fosse stato il decisivo veto della Regione Toscana (1).

Tuttavia il progetto dell’Invaso di Treppio non è stato abbandonato, ma ha mantenuto l’originale funzione di III Stralcio del grande "Progetto Acquedotto del Reno" (2), progetto che da lungo tempo prevede (al II Stralcio), in alternativa al realizzazione dell’Invaso di Castrola, il famoso "Tubone asciugafiumi" (3).

E’ lo stesso Giorgio Sirgi eminente rappresentante del Comune di Castel di Casio (già Sindaco di questi ed oggi Assessore alla Comunità Montana Alta e Media Valle del Reno) che, in una intervista rilasciata nel 1991, definisce Treppio una necessità inderogabile per Bologna (4).

Ma fin quando Sambuca Pistoiese sarà in Toscana, la Regione Toscana potrà ribadire (in maniera decisiva) la propria contrarietà ad ogni tentativo di realizzare sia l’invaso di Treppio che il "Tubone Asciugafiumi" .

Il Tubone infatti non sarebbe solo un disastro per la valle bassa del Limentra Orientale, ma anche per il Limentra Occidentale (Pavana e non solo) e per l’Alto Reno emiliano e sambucano (5). La Regione Toscana potrebbe quindi opporsi (come già fece negli anni ’70) in maniera favorevolmente risolutiva agli interessi dei montanari.

E’ evidente, tuttavia, che laddove Sambuca Pistoiese diventasse un Comune emiliano, la Toscana non avrebbe alcuna voce in capitolo circa il "Progetto Tubone" e ben poco potrebbe anche per limitare o bloccare il progetto del nuovo invaso di Treppio.

Tornando all’invaso di Treppio occorre segnalare che la zona in cui andrebbe a sorgere è a rischio sismico e soggetta a movimenti franosi (6).

Pertanto, per queste ragioni (se proprio non volete considerare le altre) si ritiene che si debba seriamente riflettere sull’opportunità di promuovere e / o appoggiare iniziative intese a fare di Sambuca Pistoiese il 61° Comune della Provincia di Bologna.

NOTE: (1) "Costruire una diga a Treppio, in Toscana, nella località Lentula, posta circa 5 chilometri a monte del bacino di Suviana, e sul medesimo fiume. Si sarebbe trattato di una grande diga alta 100 metri sopra terra ed avente una capacità di invaso pari a 90 milioni di metri cubi di acqua ... Nel possibile bacino insistevano da vecchia data una ventina di abitazioni [questo escludendo l’Acqua e Molino di Fossato], tre ristoranti, due negozi, una fabbrica per l’imbottigliamento della famosa acqua minerale denominata appunto Lentula; lungo il fiume correva la strada di fondo valle Badi – Lentula – Acquerino – Prato che sarebbe stata sommersa; la diga avrebbe dovuto sorgere in Toscana, nei territori di Pistoia e Firenze [oggi Prato]e di due comuni, con tutti i problemi che sarebbero certamente sorti; il bacino idrografico posto a monte della diga non avrebbe mai prodotto acqua a sufficienza per un terzo della capacità dell’invaso, che si sarebbe voluto sostituire... Intanto nella valle della diga di Treppio si era costituito un comitato contro la diga e contro l’AMGA [successivamente ACOSER e oggi SEABO]che iniziò a organizzare manifestazioni e a tapezzare di manifesti muri e alberi, ovunque, cin le scritte "NO ALLA DIGA" – "AMGA VATTENE DA CASA NOSTRA". Poi, per la prima volta nel 1970, vennero eletti i consigli e i presidenti delle regioni a statuto ordinario, con pieni poteri sul territorio, sul suolo e sulle acque e la Regione Toscana fece subito sgonfiare ogni velleitarismo ai superficiali e improvvisati sognatori bolognesi che credevano di potere decidere essi i destini di un territorio altrui" (Sirgi, pp. 19 – 21). Sulle caratteristiche del progetto Treppio vale la pena riportare questo passo dal libro del Bartolini: "Le acque superficiali dei Torrenti Orsigna, Maresca e Limentra di Sambuca [quello occidentale], captate con traverse mobili di derivazione rispettivamente in località Vago, Pracchia, San Pellegrino e del torrente Limentrella, derivate in località Docciola con un piccolo sbarramento capace di 2 milioni di metri cubi, vengono convogliate, mediante gallerie, nella vallata del Limentra di Treppio e quindi raccolte in località Treppio, a monte dell’esistente lago artificiale di Suviana, con una diga ritenuta in grado di creare un invaso della capacità di 85 milioni di metri cubi" (Bartolini, pp. 98 – 99)
(2) "Il Progetto dell’Acquedotto del Reno ha possibilità di essere realizzato per stralci successivi e con inizio da monte a valle ... Sono stati individuati, per le opere principali, 4 stralci che prevedono rispettivamente: 1° stralcio – la costruzione del 1° modulo (ogni modulo ha una potenzialità di 1200 – 1500 l/sec.) dell’impianto di potabilizzazione Val di Setta, alimentato direttamente dal torrente Setta, nonché delle opere a valle di adduzione e stoccaggio; 2° stralcio – la costruzione dell’invaso di Castrola con annessa centrale idroelettrica del vettore Reno – Setta... 3° stralcio – la costruzione dell’invaso di Treppio e delle opere per il collegamento dei bacini tributari; 4° stralcio – la costruzione degli invasi di Scasocoli e Zenarella" (Bartolini, pp. 100 – 101)
(3) "Nel bilancio preventivo del 1983 del CAR ... veniva precisato: ‘in concomitanza con il completamento dei lavori del I stralcio dell’Acquedotto del Reno diventa particolarmente importante ed urgente procedere senza soluzione di continuità alla realizzazione del II e del III stralcio, all’interno del quale è posto, com’è noto, l’invaso di Castrola ...’ ... La Comunità Montana n. 1 di Vergato , in sede di parere sul bilancio di previsione 1982 del CAR, approvava a voti unanimi la deliberazione 297 che riportiamo di seguito: ‘Che nel progetto del secondo stralcio dei lavori venga eliminata la prevista galleria dal Limentra al Setta per i seguenti motivi: ... la galleria di collegamento fra il Limentra e il Setta presenta già oggi, e di più in futuro, costi di realizzazione proibitivi’" (Bartolini pp. 209 – 210)
(4) "Non ha senso parlare di mostri per un invaso di 20 milioni di metri cubi [Castrola]... Nel prossimo trentennio Bologna per esigenze idriche e per bloccare davvero la subsidenza avrà necessità di affrontare anche la realizzazione dell’invaso di Treppio, sul torrente Limentra, ipotizzato per 90 milioni di metri cubi d’acqua" (il Carlino, 12/07/91)
(5) "Una vera minaccia incombe su tutti i fiumi della montagna: quella della realizzazione del tubo asciugafiumi, un tubo cioè che, se verrà realizzato, porterà agli impianti di potabilizzazione di Pian di Setta nei pressi di Sasso Marconi una enorme quantità d’acqua, tanto enorme da far temere che tutti i fiumi della montagna possano subire, soprattutto nei periodi di magra fra i mesi di agosto e settembre, una tale diminuzione di portata da risultare davvero asciutti. Quello che Sirgi espone in queste pagine lascia pochi dubbi su questa catastrofica conseguenza che potrebbe comportare il progetto tubone, non solamente per la Limetra Orientale, quella per intenderci del Lago di Suviana, ma anche per la Limentra Occidentale (quella del Lago di Pavana) e per il Reno; tutti questi fiumi sono infatti collegati fra loro: dallo sbarramento del Reno a valle del Molino del Pallone l’acqua viene condotta per mezzo di una galleria nella Limentra occidentale e nel bacino di Pavana; di qui un’altra galleria conduce le acque a Suviana; si tratta di un sistema complesso idraulico che fu progettato e realizzato nella prima metà del novecento contestualmente alla costruzione delle dighe" (Sirgi, p. 3)
(6) E’ opportuno precisare che per il più piccolo invaso di Castrola l’atto autorizzativo del Ministero dell’Ambiente parla di "necessità di analisi dettagliata delle aree di dissesto ... frane di richiamo ... verifica sull’esistenza e l’attività della faglia (posizionata in asse diga) ipotizzata nella carta strutturale dell’Appennino settentrionale F.1 modificata ... consolidamento delle frane, in atto o potenziali, sui versanti limitrofi all’invaso o che l’interessino direttamente ... predisposizione di una rete di monitoraggio sismico intorno alkl’invaso ... carenze dello studio di impatto ambientale ... gravi risvoltidi dissesto idrogeologico che si andrebbero ad innescare in una vasta area geomorfologicamente dominata da "argille scagliose"" In un articolo pubblicato sul Manifesto oltre 10 anni fa è scritto relativamente alla zona Appenninica fra Bologna – Pistoia e Prato che "è una zona notevolmente sismica" .

Fonti

Federico Bartolini, Sulla Gestione Pubblica degli Acquedotti Bolognesi, Pitagora Editrice, Bologna 1986 (la pubblicazione era patrocinata dal Consorzio Servizi Reno, oggi SEABO);
Giorgio Sirgi, Il Bacino di Castrola 1910 – 2001, Nueter, Porretta Terme 2001;
Il Resto del Carlino, Tutti i Comuni bolognesi vogliono quella diga, 12 giugno 1991 (la diga in questione è Castrola, ma Sirgi si sofferma anche su Treppio);
Disposizione del Ministero dell’Ambiente del 06/04/1994 concernente Castrola


IN COSA CONSISTE LA GUERRA DELL'ACQUA?

1) l'espropriazione delle comunità locali a favore di un organismo centrale nella gestione dell'acqua (nel nostro caso ciò avviene sia attraverso le Agenzie di Ambito che attraverso la Città Metropolitana);

2) la privatizzazione delle aziende che si occupano di servizio idrico integrato (nel nostro caso SEABO / HERA);

3) la realizzazione di grandi invasi idrici e / o grandi progetti per la deviazione delle acque (nel nostro caso i progetti per le Dighe di Treppio e Castrola, nonché il cosiddetto "progetto tubone");

4) l'esacerbare conflitti etnici o culturali (nel nostro caso il movimento filobolognese portato avanti da parte della popolazione pavanese);

5) il disattendere la volontà popolare nella gestione del patrimonio acqua (nel nostro caso il referendum porrettano del 1994 sulla costituzione di un Consorzio dei Comuni Montani per la gestione del Servizio Idrico Integrato).


GUERRA DI COMUNITA' O GUERRA DI ACQUA?

Chi sta davvero dietro al movimento per la (oscena parola) "Sambuca Bolognese"?

_______________

"Accanto alle guerre di paradigma ci sono le guerre vere e proprie, conflitti per l'acqua che si combattono a livello regionale, o all'interno dello stesso paese o della stessa comunità... Ma molti conflitti politici sulle risorse sono celati. Chi controlla il potere preferisce fare passare le guerre dell'acqua per conflitti etnici o religiosi ... La cultura si riduce a un guscio negativo in cui la propria identità entra in competizione con "l'altro" per accaparrarsi le scarse risorse che definiscono il potere politico ed economico" (V. SHIVA, "Le guerre dell'acqua", Feltrinelli, Milano 2003, pp. 11 - 12).

Dobbiamo gridarlo con forza, bisogna dirlo a tutti: anche in Alto Reno assistiamo alla guerra dell'acqua, una guerra senza armi e senza sangue, ma di una guerra (e non di paradigma) si tratta ...

Nel caso della Sambuca Pistoiese il movimento (composto esclusivamente da parte della popolazione residente a Pavana) che vuole il passaggio in provincia di Bologna dell'intero Comune (che si chiama "PISTOIESE") è uno strumento di questa "guerra irregolare": il volto visibile e inconsapevole di un progetto politico - economico più complesso volto al controllo e al possesso delle risorse idriche e idroelettriche dell'Alto Reno (clicca su Bologna e la nostra acqua e su risorse da sfruttare)


IL BACINO DI CASTROLA

Tutti, almeno in parte, sono contrari al progetto del tubone, non tutti però sono contrari alla Diga.

Noi ci schieriamo dalla parte di coloro che sono contrari anche a questo progetto:

Castrola infatti non porterà alcun beneficio a chi abita in Alto Reno:"gli abitanti dell'area di Castrola non chidono nulla di tutto ciò" (G. SIRGI,Il bacino di Castrola, Nueter, Porretta Terme, 2001, p. 40)

e ancora:"i due Comuni interessati territorialmente non ritengono più necessario realizzare il bacino di Castrola" (Ibid., p. 39)

Per contro il bacino di Castrola rappresenta la pericolosa anticamera per la realizzazione del devastante bacino di Treppio:"Nel prossimo trentennio Bologna per esigenze idriche ... avrà necessità di affrontare la realizzazione dell'invaso di Treppio" (Il Resto del Carlino, 12/07/1991).

Per il Senatore Albertini l'invaso di Castrola "aprirà la strada al dissesto fluviale" ("Il Brocciolo", anno I, n. 3, marzo 1998). Per la CGIL di Bologna Castrola recherà solo danni, consentendo di concentrare "gli interessi di inquinatori, costruttori, industriali del cemento, Consorzi delle acque".Il Decreto del Ministero dell'Ambiente che autorizza la realizzazione del bacino di Castrola si sofferma in più punti sul rischio sismico (clicca su Bologna e la nostra acqua).

Perfino un partigiano sostenitore dell'invaso di Castrola come Sirgi ammette:

1) che le forti escursioni stagionali dell'invaso comporteranno "un maggiore impatto ambientale" (G. SIRGI, Il bacino di Castrola, p. 39);

2) che la diga avrebbe un impatto negativo "sotto l'aspetto visivo" (G.SIRGI, La difesa del Suolo, Nueter, Porretta Terme, 1998, p. 120);

3) che i lavori per il cantiere può essere "negativo per i problemi che creerebbe" (Ibid. p. 120).

Inoltre tutte le organizzazioni ambientaliste, il Comitato Bolognese del Bacino del Reno e altre organizzazioni si sono dichiarate contrarie a questa opera che si ritiene pericolosa perfino per la stessa città di Bologna.

E allora perché essere favorevoli a Castrola? A chi giova? Non agli Altorenani che, al contrario, hanno solo da rimetterci.


IL CASO PORRETTA

L'Affidamento a Sebo degli Acquedotti Comunali e le conseguenze per l'Alto Reno

Il 20 dicembre 1996 il Consiglio Comunale di Porretta Terme (con l’astensione del Consigliere Palmieri e il voto contrario della minoranza e del gruppo consiliare di Rifondazione Comunista) deliberò l’affidamento del servizio idrico integrato (depuratore e acquedotto) alla SEABO (già ACOSER e oggi HERA), motivandolo con l’assoluta mancanza di acqua fornita dalle sorgenti locali. In tale occasione l’allora Sindaco Mauriti dichiarò che l’88% dell’acqua consumata a Porretta nel 1996 era stato acquistato da ACOSER (480.000 mc su un totale di 545.000 mc distribuiti). Tuttavia ciò cozzava (e cozza) coi dati comunali forniti nel 1989 dall’Ufficio Tecnico Comunale (vedi sotto) e dai dati forniti dallo stesso Comune nel 1996 (vedi intervento del Consigliere Facci durante la seduta del Consiglio Comunale del 20/12/1996), dai quali emergeva (ed emerge) che gli acquedotti di Porretta Terme assicurano (come portata minima!) un approvvigionamento di 1,2 milioni di mc d’acqua (più del doppio del fabbisogno comunale), ciò anche non considerando i pozzi inquinati del Castanea (5 litri / secondo). Altri dati comunali peraltro facevano emergere una situazione paradossale:

1) gli attingimenti provenienti da ACOSER (che costituivano per il Sindaco l’88% di tutta l’acqua consumata nel territorio Comunale) potevano (e possono) essere distribuiti al solo 50% della popolazione comunale, il rimanente 50% non può attingere acqua attraverso collegamenti con reti di approvvigionamento ACOSER;

2) le più importanti fonti di approvvigionamento locale (es: Podirolo con una portata minima di 7 litri/sec.) servono il 50% della popolazione che può attingere ad ACOSER, dunque il rimanente 50% dovrebbe farsi bastare meno del 12% dell’acqua complessivamente consumata a Porretta;

3) gli incrementi più consistenti di acquisti di acqua da ACOSER sono avvenuti durante i mesi invernali anziché durante i mesi estivi (con percentuali d’aumento fino al 3170%!!).

L’affidamento a SEABO degli acquedotti comunali di Porretta (peraltro pagati pochissimo da SEABO come dimostra il caso Podirolo: 33 milioni per l’uso trentennale di sorgenti di altissima qualità e di sistemi idraulici considerati un capolavoro dall’Ing. Ghelli di SEABO) fu dunque quantomeno un errore. Un errore che è costato e ci costerà caro, a Porretta e all’intero Alto Reno: non ha reso possibile la realizzazione di un Consorzio Acquedottistico dei Comuni Montani e, quindi, ha reso più facile il lavoro di Bologna per il possesso e la gestione della nostra acqua, un progetto a cui oggi manca il solo tassello di Sambuca Pistoiese (vedi Bologna e la nostra acqua).

Due curiosità per concludere, ma che nel loro piccolo inducono a pensare:

1) il Podirolo, che come portata minima assicura 220.752 mc annui, è un gruppo di sorgenti che sorgono sopra Lagacci (Comune di Sambuca Pistoiese);

2) l’inquinamento da gasolio dei pozzi del Castanea (una delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione Comunale ad affidare a SEABO gli acquedotti di Porretta), sulla base di sentenza di un Tribunale, non è da addebitarsi alle Terme SpA. Potrebbe esserci un altro colpevole? E chi?

APPENDICE

Dal "Piano di riassetto degli acquedotti comunali" (fonte UTC di Porretta 31/03/1989)

Captazione

Pizzacchera 1,25 litri/sec. come portata minima

Podirolo 7,00 litri/sec. come portata minima

Madonna Elta 0,10 litri/sec. come portata minima

Piastrola 0,35 litri/sec. come portata minima

Gaide 1,50 litri/sec. come portata minima

Tresana 2,00 litri/sec. come portata minima

Foiado 1,00 litri/sec. come portata minima

Corvella 0,35 litri/sec. come portata minima

Cà Falchi 0,20 litri/sec. come portata minima

Gaggiano 0,35 litri/sec. come portata minima

Pra Lungo 0,35 litri/sec. come portata minima

Cà Giannino 0,20 litri/sec. come portata minima

Rio Albareto 1,00 litri/sec. come portata minima

Lago di Canale 0,60 litri/sec. come portata minima

Rio Ombrighenti 2,00 litri/sec. come portata minima

Pallareda 13,00 litri/sec. come portata minima

Rio Baricello 6,00 litri/sec. come portata minima

___________

TOT. 37,25 litri/sec. come portata minima

pari a 1.174.716 metri cubi/anno

Ciò non considerando i Pozzi del Castanea (5 litri/sec.)

Da leggere anche gli articoli pubblicati sull'argomento nei numeri 2 e 5 de "Il Brocciolo", anno 1998


SULLA PERICOLOSITA' DELLE DIGHE

Una riflessione per le Dighe di Castrola e di Treppio

"Un mezzo particolarmente diffuso per trasferire il controllo dalle comunità a governi centrali, e per colonizzare fiumi e popolazioni è quello delle dighe ...

Si dice che i vasti progetti di deviazione idrica aumentino la quantità di acqua. In realtà, essi trasferiscono l'acqua da una comunità a un'altra e da un ecosistema a un altro...

La disputa per le dighe sono lotte tra comunità e tra regioni che vertono sulla quantità di acqua che una regione può sottrarre a una altra, o sulla misura del danno ambientale che un gruppo deve sopportare perché un altro gruppo possa soddisfare le proprie esigenze di irrigazione o di energia".

***

"I pioppi che delimitano le rive dei fiumi non pensano che l'acqua vada sprecata. Né lo pensano gli uccelli e gli altri animali che vivono sugli alberi ... Tutto questo non è uno spreco, a meno che naturalmente tu non sia una società che cerca di accaparrarsi sempre più acqua per i bisogni dello sviluppo maniacale delle città".

Tutte le citazioni sono tratte dal libro di V. SHIVA, "Le guerre dell'acqua", Feltrinelli, Milano, 2003


UN MISTERO PORRETTANO ....

Da un articolo de "il Brocciolo" (rivista porrettana edita in cinque numeri nel 1998)

"... Un mistero è relativo all'inquinamento del 1992, quando una quantità ingente di idrocarburi contaminò i pozzi del Castanea, minando così una importante fonte di approvvigionamento idrico del nostro Comune.

Il processo che si è celebrato a Bologna ha assolto le Terme di Porretta da ogni imputazione, lasciando nei fatti come unica possibilità quella del sabotaggio da parte di ignoti. Resta dunque da individuare colui, o coloro, che avevano un qualche interesse a contaminare le falde acquifere comunali ..."

("Vicenda Acqua: due piccoli misteri" - Il Brocciolo, Anno I, n. 5, Ottobre 1998, p. 5)


LE BRIGLIE DEL RIO MAGGIORE

Una buona notizia con dei "ma"

Dopo anni di abbandono abbiamo visto finalmente lavori di ripristino di briglie e sistemazioni spondali sul Rio Maggiore. Questa è sicuramente una buona notizia, in una epoca in cui perfino chi abita in montagna non ha né tempo, né interesse a tenere dietro alla regimazione delle acque, la salvaguardia di queste opere è l'ultima barriera contro il dissesto generalizzato con perdita di funzionalità di numerose opere di regimazione e frane diffuse.

Ma l'intervento non può essere un fatto isolato, non è sufficiente. Per mettere in parziale sicurezza il Bacino del Rio Maggiore (intervento che si concluse negli anni '70) ci vollero oltre 70 anni di investimenti per rimboschimenti, briglie e drenaggi. Ancora nel 1971 Piero Gatteschi ("La sistemazione del Rio Maggiore", Edagricole, Bologna 1971) poteva scrivere: "Il Rampaio non è più da tempo il 'cattivo torrente' del primo progetto ... mentre interventi più sostanziosi si richiedono per l'asta principale del Rio Maggiore e per il sottobacino del Rio Fonti".Dopo gli interventi degli anni '70 non si è visto nulla di rilevante sul Rio Maggiore fino ad anni recenti e gli effetti si sono fatti vedere.

A distanza di trent'anni oggi assistiamo dunque a interventi lodevoli, ma che temiamo limitati, forse inadeguati per il recupero del territorio.

Abbiamo altresì paura che i lavori che sono stati portati avanti sul Rio Maggiore siano invasivi per la fauna ittica locale, bisognerebbe dunque che gli stessi avvenissero in una forma più rispettosa dei pesci e della microfauna ittica dei corsi di acqua.


BUBBIANA

Un paese scomparso

Bubbiana è un paese morto, abbandonato da decenni. Bubbiana è un paese le cui case stanno crollando. Eppure Bubbiana è un paese antico (già ricordato in un documento del 1078) ed è, come scrive Bill Homes, l'insediamento più straordinario della Valle del Limentra Occidentale, il risultato di una impresa eroica che in pochi anni è andato perduto per sempre.

Bubbiana, Comune di Sambuca Pistoiese: un paese scomparso.


CASA DEL FASCIO

Non siamo certo fascisti, ma amiamo la nostra terra. Per questo denunciamo con paura e preoccupazione che le pitture esterne della casa del fascio a Porretta stanno lentamente sbiadendo e scomparendo, è un pezzo della storia di Porretta (e dell'Alto Reno) che se ne va senza più tornare


LA LEGGE REGIONALE SULLA CITTA’ METROPOLITANA DI BOLOGNA

Non se ne parla spesso, ma la Città Metropolitana di Bologna va avanti passo dopo passo (a breve ci sarà la AUSL metropolitana). Occorre dunque ritornare all’origine della stessa.

La Legge Regionale dell’Emilia – Romagna 12 aprile 1995, n. 33, sulla Città Metropolitana di Bologna, costituisce il risultato di un lungo percorso amministrativo e legislativo. Gli aspetti salienti di questa legge riguardano la delimitazione territoriale dell’area metropolitana di Bologna e le attribuzioni di funzioni.

Nel merito della delimitazione territoriale va ricordato che, con questa legge, so è fatto coincidere il territorio dell’area metropolitana con quello dell’intera provincia.

Relativamente alle funzioni che la legge attribuisce alla Città Metropolitana (art. 4), si può tranquillamente affermare che (nonostante la legge non sia immediatamente dispositiva) tutte le funzioni dei Comuni passano alla Città Metropolitana, tutte se non la competenza dello stato civile.

Cosa potranno fare i ns. Comuni, depauperati di ogni vero potere, di fronte a eventuali abusi della Città Metropolitana?

E che fine faranno le peculiarità dell’Alto Reno emiliano (e i suoi rapporti con l’Alto Reno toscano) se lo strumento Città Metropolitana è valido allo stesso modo per Bologna come per Crevalcore come per Granaglione?

A voi la risposta.


IL TESTO DEL PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA DEL CONSIGLIERE GARAGNANI PER LA ABORAGAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE 33/95 SULLA CITTA' METROPOLITANA

(Supplemento Speciale del Bollettino Ufficiale della Regione Emilia - Romagna - VI legislatura n. 167 - 30 gennaio 1997)

A distanza di quasi sette anni dall'entrata in viogre della Legge n. 142 ed in particolare del Capo VI della medesima, concernente l'istituzione delle cosiddette aree metropolitane, occorre una adeguata riflessione sull'utilità effettiva di una previsione di legge, che è rimasta priva di qualsiasi effetto pratico nei vari contesti regionali, in quanto, tranne che per l'Emilia - Romagna, nessun Consiglio direttamente interessato ha varato, con apposita legge, la delimitazione territoriale delle aree metropolitane come prevede il comma 2 dell'art. 17.

Non ritengo che l'atteggiamento delle Giunte Regionali debba essere imputato a disattenzione o peggio noncuranza, bensì alla constatazione dell'oggettiva difficoltà a far decollare realtà istituzionali complesse e sopratutto in presenza di un quadro istituzionale incerto e soprattutto profondamente diverso da quello del 1990.

Nonostante l'inserimento nell'apposita legge nazionale Bologna non ha i requisiti per rientrare nel novero delle grandi aree metropolitane. La provincia conta infatti poco più di 900.000 abitanti a fronte dei 3 milioni di Roma, di Napoli o di Milano; in secondo luogo il particolare sistema emiliano - romagnolo caratterizzato da realtà con un altissimo sviluppo industriale come Modena, Reggio e Parma non consente a Bologna un ruolo autonomo privo dell'apporto delle realtà summenzionate. A ciò occorre aggiungere che, l'inserimento dei comuni montani dell'Appennino bolognese, crea problemi evidenti: quando mai si è visto un'area metropolitana comprensiva di realtà lontane dal capoluogo non soltanto in termini geografici ma anche sociali ed economici?

Problemi quali il rapporto fra Bologna città metropolitana, la Regione ed il Governo nazionale, continuano a rimanere irrisolti; occorrerebbe rivedere profondamente la legge regionale in attesa di un chiarimento da parte del Governo, in quanto così come configurata la città metropolitana di Bologna non serve assolutamente a nulla. [n.b. nonostante la legge costituzionale 3/2001 la situazione è ancora come denunciato in questo testo].

Da quanto sopra scaturisce la presente proposta di leggecheprevede la abrogazione della legge regionale

progetto di legge

art. 1. La L.R. 12 aprile 1995, n. 33 "Deòlimitazione territoriale dell'area metropolitana di Bologna e attribuzioni di funzioni" è abrogata.

OVVIAMENTE (E SCIAGURATAMENTE) QUESTA PROPOSTA DI LEGGE FU RESPINTA DAL CONSIGLIO REGIONALE DELL'EMILIA - ROMAGNA


CITTA' METROPOLITANA E NOI

Come facciamo noi dell'Alto Reno (Alto Reno bolognese, s'intende) a far parte della Città Metropolitana?

Tutto (storia, cultura, tradizioni, geografia, politica) lo impedisce:

L'Alto Reno non è né città, né pianura. Ma è appennino, l'appennino Tosco - Emiliano!

Il crinale descritto è dunque quello che va dal Corno / Scaffaiolo fino a Camugnano, passando per il Monte gennaio, l'Orsigna, toccando le provincie di Modena, Pistoia e Prato.

Oltre a queste ragioni geografiche (l'Alto Reno è sito allo estremo confine sud - occidentale della Provincia di Bologna e posto a poche decine di chilometri di distanza da Pistoia) vi sono anche ragioni storiche e linguistiche che evidenziano ulteriormente le peculitarità del territorio. Dopo la conquista longobarda questi territori appartennero al territorio amministrativo di Pistoia.Attorno al XII - XIII secolo, per la sua particolare posizione geografica, questa zona divenne oggetto di contese e feroci lotte fra Bologna e Pistoia, con continui capovolgimenti di fronte. L'influenza del passato toscano dell'Alto Reno bolognese si avverte ancora, anche nelle peculiarità "toscane" dei nostri dialetti.

Si consideri inoltre le ragioni emotive e psicologiche che ci spingono a non considerarci "metropolitani". L'isolamento degli abitanti della montagna ha dato origine a comunità chiuse, collegate al fondovalle solo in occasioni speciali. Alla base di tutto c'era il gruppo famigliare e la borgata in cui il singolo viveva; quasi tutte le necessità venivano soddisfatte all'interno di questo ambito. Nell'attuale società la comunità rurale è ampiamente scomparsa: non accade più che uomini vivano, imparino, lavorino si divertino, si sposino e muoiano nella medesima comunità. Eppure, certamente, tutti noi desideriamo rimanere legati alle proprie radici culturali ed emotive.

Ma non è solo per ragioni sociali, culturali e geografiche che riteniamo fondamentale essere esclusi dalla Città Metropolitana. Vi sono anche ragioni "più concrete".

La Città Metropolitana, a prescindere da ogni pregiudizio, non è oggettivamente in grado di tutelare gli interessi della comunità montana. Come può infatti un organismo che deve occuparsi di realtà così eterogenee fra loro, come la pianura, la montagna, la collina pedemontana (troppo spesso si confonde con la Montagna realtà come Sasso Marconi, Marzabotto, Pianoro che montane non sono!), la città e il suo hinterland, garantire per ciascuna un uguale interesse e una uguale capacità di comprendere i problemi locali?

Consideriamo il problema della difesa del suolo. Il problema della difesa del suolo, infatti, interessa oggi realtà insediate nel territorio (i Comuni), mentre in futuro il problema del suolo sarà trattato come problema delle aree marginali della Città Metropolitana (l'insieme dei Comuni Montani non arriva al 10% della popolazione complessiva della provincia di Bologna!).

La Città Metropolitana, inoltre, non sarà in grado di potere svolgere quelle relazioni che legano le realtà decentrate della Provincia, come quella di Bologna, con le realtà extraprovinciali o extraregionali: una macchina lenta e burocratica come la Città Metropolitana (che occupa l'intero territorio provinciale!) come può intrattenere stretti e proficui rapporti con piccoli comuni montani come Montese (MO) o Cantagallo (PO)?

Peraltro la Città Metropolitana non pare avere alcun interesse per le realtà minori posti a grandi distanze da Bologna (nei piani programmatici delle Comunicazioni non si fa menzione della Ferrovia Porretta Pistoia, perché non interessa la Città Metropolitana [peccato per chi abita a Granaglione!]).

Come ultimo tassello della nostra riflessione vorremmo considerare la questione ambientale. La Città Metropolitana vuole fare dell'Alto Reno un giardino, ma uno strano giardino dove si prevedono grandi investimenti ad alto impatto negativo sull'ambiente: progetti come Castrola per dirne una.

Vale la pena ricordare che il "Piano Infraregionale dei rifiuti della Provincia di Bologna" del 1991 prevedeva, in località poste ai confini della Provincia di Bologna (!), discariche e inceneritori per smaltire i rifiuti prodotti a Bologna e nel suo hinterland.

E' per tutto questo e per altro ancora che noi non vogliamo un "Alto Reno Metropolitano".


NO AL COMUNE UNICO

Il Comune unico dell’Alto Reno emiliano è oggetto di discussione da anni lontani.
Gli aspetti pro e contro la fusione o meno dei Comuni dell’Alto Reno emiliano sono molti e, ovviamente, discordanti.
A nostro avviso tuttavia la soluzione del Comune unico è pericolosissima, in quanto:
1) il Comune unico non sarebbe in effetti il Comune di tutti gli abitanti dell’Alto Reno emiliano, ma semplicemente il Comune di Porretta Terme che fagocita gli altri (abbiamo sentito con le nostre orecchie il Sindaco di Porretta Terme Sabattini dire che "il Comune unico si chiamerà e sarà ‘Comune di Porretta Terme’";
2) il Comune unico significherà per le frazioni più lontane dal centro amministrativo una minore capacità di portare avanti i propri problemi e le proprie necessità;
3) il Comune unico significa, comunque, omogenizzare la storia e la prassi politico – amministrativa di un territorio e, pertanto, si perderanno così le peculiarità che caratterizzano i vari Comuni dell’Alto Reno emiliano;
4) con l’istituzione della Città Metropoliatana la realizzazione di un Comune Unico dell’Alto Reno significherà perdere anche quel minimo di potere contrattuale che cinque Comuni potrebbero ancora avere nei confronti della Città Metropolitana.

Infine avete mai pensato che in provincia di Cuneo, oppure in altre province alpine ricche e benestanti ci sono Comuni di 100 / 200 abitanti? Vorrà dire qualche cosa?

E se ancora non siete contenti, vi lasciamo con una curiosità del passato: nell'800 lo Stato Pontificio cercò di unificare Porretta, Granaglione e Castel di Casio, ma il tentativo naufragò a furor di popolo perché erano più i danni dei vantaggi (cfr. Nueter, XXVIII, 2002, pp. 269 ss.).


MICROFAUNA FALCIDIATA

Quanti di voi hanno avuto occasione di vedere recentemente una salamandra? Probabilmente pochissimi. In effetti la microfauna nelle zone della nostra montagna è in drammatico declino per il peggiorare della qualità nell'ambiente per inquinamento dell'acqua, dell'aria e del suolo.

Particolarmente a rischio risultano essere le specie anfibie, i broccioli e i gamberi di fiume (anche a causa di una caccia tanto indiscriminata quanto stupida e criminale), ma anche bisce, ricci passeracei, falchi, rondini e, perfino, lepidotteri, stanno diventando sempre più rari.

Anche la flora, specie quella protetta, non è esente da questa falcidia. E se perfino in montagna l'ambiente non è più in grado di garantire la sopravvivenza a ricci e pipestrelli, cosa si può pensare del resto del territorio nazionale?

Anche da noi dunque la piccola fauna rischia di diventare un ricordo; per alcune specie siamo orami giunti (e forse abbiamo già oltrepassato) al punto di non ritorno. Fra dieci anni i gamberi di fiume saranno probabilmente scomparsi, scomparsi come il granchio di fiume citato dal Lorenzini nella sua "Guida dei Bagni della Porretta" (1910)


LINEA FERROVIARIA PORRETTANAI SINDACI BERTI E VOGESI

SCRIVONO ALLE FERROVIE DELLO STATO

"Inaccettabili i tagli al servizio"

Il Sindaco di Pistoia, Renzo Berti, e il Sindaco di Sambuca Pistoiese, Francesca Vogesi, hanno scritto una lettera alle Ferrovie dello Stato (Direzione Centro Nord, Divisione di Bologna, Direzione Toscana, Divisione Cargo), all’Assessore ai Trasporti della Regione Toscana, Riccardo Conti, e all’assessore ai Trasporti della Regione Emilia Romagna, Alfredo Peri, per impedire i tagli al servizio ferroviario sulla linea Porrettana annunciati da indiscrezioni di mezzi di informazione. A tal fine i due Sindaci chiedono a tutti i soggetti istituzionali competenti e ai dirigenti toscani e emiliani delle Ferrovie dello Stato un incontro urgente per verificare la veridicità di queste notizie

Pistoia, 7 Novembre 2002. "Abbiamo appreso da notizie di stampa – scrivono i due Sindaci nella lettera alle Ferrovie dello Stato - della volontà da parte del Vostro Ente di assumere dei provvedimenti riguardo la linea ferroviaria "Porrettana". Per quanto riguarda gli effetti che si prevedono con l’attuazione del progetto nazionale "Rete snella" non condividiamo l’ipotesi di soppressione dei binari nelle stazioni di Corbezzi, Piteccio e Molino del Pallone che consentono attualmente l’effettuazione di manovre di incrocio dei treni sulla linea "Porrettana". La situazione attuale del servizio su questa linea e degli incroci previsti, in linea ordinaria può essere ritenuta "normale" considerando che si tratta di una linea di montagna a binario semplice. Con la soppressione dei suddetti incroci, in caso di ritardi e anormalità del servizio, si rischierebbe di determinare forti disagi e disservizi che potrebbero, in ultima analisi, disincentivare ulteriormente l’utilizzo del treno da parte dei cittadini. Con questa scelta, inoltre, si condizionerebbero in negativo i progetti di sviluppo del trasporto ferroviario che riguardano il sistema integrato della montagna pistoiese. Per quanto riguarda la soppressione delle fermate nelle stazioni di Biagioni-Lagacci, Sammommè e Castagno, vogliamo esprimervi la nostra netta contrarietà in considerazione sia della particolare rilevanza sociale della linea ferroviaria per questa parte del territorio montano, sia per il fatto che da parte Vostra erano già stati assunti impegni per l’effettuazione di fermate "a richiesta". Per quanto concerne infine le previsioni annunciate dalla stampa che riguardano la riduzione dei binari da otto a due per la stazione di Pracchia, ci preme farvi rilevare che questa decisione è in contraddizione con le intenzioni più volte assicurate dalla divisione Cargo delle Ferrovie dello Stato circa il potenziamento di questo scalo. La "Porrettana" non è semplicemente un tratto ferroviario, anche se tra i più interessanti d’Italia, per il paesaggio che attraversa e la storia che rappresenta. E’ un presidio sociale in quanto dà un sostegno insostituibile agli abitanti , in particolare gli studenti ed i lavoratori, che risiedono nella Valle del Reno e garantisce la tutela del territorio. Di questo avviso sembravano anche i massimi Dirigenti regionali di Trenitalia quando, a seguito della chiusura temporanea della linea dei mesi estivi dello scorso anno, rassicurarono sul fatto che si trattava solo di un evento straordinario e che era intenzione dell’Ente non solo mantenere, ma valorizzare e dare nuova vita alla linea. Riteniamo quindi, che tali informazioni siano in contrasto con le intenzioni più volte annunciate dai vari esponenti del gruppo delle Ferrovie dello Stato riguardo il potenziamento della linea "Porrettana" e con i protocolli sottoscritti insieme agli Enti Locali interessati. Se esse si rivelassero vere inoltre, si determinerebbero gravissime condizioni di disagio per gli abitanti della collina e montagna pistoiese servite dalla linea "Porrettana" e tale situazione non sarebbe accettabile da parte dei Comuni interessati. Per tutti questi motivi siamo a richiedervi un incontro urgente al fine di verificare i progetti che il Gruppo FF.SS., attraverso le sue divisioni R.F.I., Trenitalia, Cargo, ha intenzione di attuare sulla linea". (anno 2002)


CONSORZI DI BONIFICA

Dal libro di Giorgio Sirgi "La difesa del suolo (quando si faceva)" pubblicato dal Gruppo Nueter di Porretta nel 1998

"Una battuta d'arresto decisiva alla difesa del suolo in montagna, fu causata dalla L.R. 42/1984, che scioglieva i Consorzi di Bonifica Montana, trasferendo le funzioni fino ad allora svolte a nuovi Consorzi disegnati a livello di bacino idrografico, incorporando per tale attività la montagna alla pianura.

...

La legge in sé era concettualmente sbagliata, perché partendo dal presuppostodi unificare bonifica di montagna e di pianura, che nulla hanno a che fare fra loro, essendo troppo diverse, nemmeno riportava mai le frasi "difesa del suolo" ma solamente "bonifica".

Ebbene, bonifica in pianura significa miglioramenti agricoli mediante canali si scolo e irrigazione, pompaggio e vendita a pagamento dell'acqua. Bonifica in montagna, significa difesa del suolo a mezzo della costruzione di opere e forestazione a tale scopo. La legge era negativa, perché soprattutto orientata verso la realizzazione di opere esclusivamente idrauliche, e metteva un pesce piccolissimo dentro la vasca di un pesce grossissimo, cioè montagna entro pianura.

Infine questa legge in seguito non ha ricevuto finanziamenti per opere di riassetto del territorio montano. Le conseguenze sono state che il grosso nucleo di tecnici che il precedente Consorzio aveva costituito e specializzato per la difesa del suolo in montagna, si è via via disperso.

Il Consorizo in Montagna si è visto sempre più sporadicamente, ma la contribuenza, senza ritorni viibili a carico dei montanari, è rimasta.

Nemmeno le opere costruite in precedenza dal Consorzio hanno ricevuto l'ordinaria manutenzione.

E cioè ha contribuito fortemente al degrado ulteriore della montagna.

Nonostante, a tutt'oggi, la Regione non ha fatto l'unica cosa corretta e possibile trasformando i Consorzi di Bonifica nei territori montani in organi tecnici delle Comunità Montane" (p. 56).

Le frane nelle province emiliano-romagnole (fonte sito web della Regione Emilia - Romagna)

Provincia

Numero frane

Estensione

Piacenza

3.673

Kmq 474

Parma

6.789

Kmq 687

Reggio Emilia

4.082

Kmq 315

Modena

3.445

Kmq 356

Bologna

7.050

Kmq 407

Ravenna

693

Kmq 42

Forlì Cesena

5.925

Kmq 272

Rimini

850

Kmq 39


COSEA

Per noi il Co.Se.A. è in fondo una buona (anche se non nuova) notizia. Una realtà di Comuni Montani che si liberano (o meglio) non si legano al colosso privato - bolognese - metropolitano - romagnolo SEABO / HERA.

Auspichiamo che il Cosea rimanga ciò che è: il Consorzio fra Comuni TOSCANI e EMILIANI. Inoltre speriamo che possa espandersi ad altre realtà toscane quali Cantagallo o Vernio.


FORMA URBIS

La nostra montagna e la città "indifferente"

Partiamo da un presupposto: Attraverso il paesaggio possiamo riconoscere una cultura e una società non meno che attraverso altri modi come il vestire, il mangiare, etc.

Il passaggio è il frutto dunque dell'epoca in cui viviamo e l'epoca in cui viviamo è quella della globalizzazione e del fast food.

Il risultato di questo processo è così la moderna città metropolitana che, prima ancora di essere una mostruosità burocratica, è una mostruosità di paesaggio. La città metropolitana è infatti il risultato finale del disfacimento della "forma urbis", l'epigono movimento che partendo dal processo di espansione del centro storico alla prima periferia, è giunto alla città "indifferente" dei giorni nostri, una città dei "non luoghi" fatta di multisale, ipermercati, discoteche ...

E parliamo di una città "indifferente" perché questo modello, che rappresenta lo spaesamento fisico ed angoscioso dell'uomo e del paesaggio, non è più di Bologna e del suo hinterland, ma si è esteso a tutto il territorio provinciale: da Bazzano (dove si sta costruendo un centro commerciale) a Castel di Casio (si pensi alla Berzantina o all'orribile palazzone sede del CoSeA).

E così la città metropolitana si profila come il paradigma del paesaggio nuovo moderno, che è il risultato dell'urbanizzazione totale, con la perdita della leggibilità del paesaggio e la fine del rapporto uomo - storia - natura.

Che senso ha, infatti, costruire grattacieli sulle propaggini montane o collinari, se non quello speculativo?

Noi temiamo, abbiamo orrore, ancora prima degli effetti burocratici del modello Città Metropolitana, della città metropolitana di fatto: l'esito di quel processo di globalizzazione esasperato in cui città e campagna si assemblano in uno spazio misto, ibrido e senz'anima.

E' anche per questo che crediamo nella piccola patria e nell'Alto Reno Toscano ...

E' nella nostra identità ed alterità rispetto a Bologna che possiamo sperare in un futuro fatto di equilibrio fra "memoria" e "novità" senza alterare il senso del luogo.


RECUPERO DEI SOTTOTETTI?

La LR Emilia - Romagna n. 11/98

Anche in Alto Reno c'è chi propone di adottare Delibere Comunale per rendere operativa la LR 11/98 sul recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti. Ciò viene argomentato con l'idea del recupero di un patrimonio.

In realtà l'argomento è pittuosto complesso e dunque la sua trattazione sarà complessa (vedi sotto), la sintesi tuttavia è la seguente: il cosiddetto recupero dei sottotetti il più delle volte significa non qualificare il territorio, ma semplicemente realizzare delle strutture invivibili, bruttissime anche da un punto di vista estetico.

ARGOMENTAZIONE TECNICA

Si premette che l'applicazione della L.R. 11/98 deve avvenire mediante apposita disposizione regolamentare che recepisca il contenuto della legge stessa. In ogni caso la regolamentazione comunale della Legge non può essere pedissequa, ma tenere conto della realtà locale in quanto l'attuazione rigorosa di questa norma può rendere ammissibili alloggi che - in di norma - sono da considerarsi non abitabili, e per i quali può essere richiesta la "Dichiarazione di inabitabilità" ai sensi dell'art. 222 del R.D. 1265/1934 (T.U. LL.SS.).

Infatti:

Da un punto di vista strettamente igienico - sanitario la L.R. 11/98 introduce elementi peggiorativi rispetto alle disposizioni nazionali attualmente vigenti in materia di requisiti igienico - sanitari dei principali locali d’abitazione, ed in specifico il D.M. 05/07/1975. Si può anzi sostenere che le condizioni previste, per il recupero dei sottotetti esistenti a fini abitativi, dalla LR 11/98 possono configurare future condizioni di antigenicità con altezze inadeguate e rapporti illuminanti insufficienti.

Laddove dunque s’intenda adottare la presente norma regionale per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti, si dovrebbe comunque operare, in via preliminare, un’accurata valutazione del patrimonio esistente nel Comune anche al fini di prevedere un’esclusione di parte del territorio comunale (ai sensi dell’art. 4 della LR 11/98) che appaia sicuramente inidoneo all’applicazione della norma.

In sintonia con quanto espresso dalla L.R. 11/98 che, all’art. 2, comma 3, recita:

"Il Regolamento Edilizio può determinare tipologie edilizie per le quali è precluso il recupero a fini abitativi dei sottotetti".

Si ritiene inoltre che:

1) non pare possibile che un’intera unità abitativa sia composta da tutti i locali principali privi dei minimi requisiti igienico - edilizi (ad esempio altezze);

2) non sia accettabile che la superficie illuminante, garantita a questi locali, sia ottenuta esclusivamente con aperture a soffitto (per avere un accettabile benessere ottico - visivo si ritiene che almeno il 50% della superficie illuminante debba essere del tipo "a vista" e "a parete");

3) non può accettarsi una superficie ventilante esclusivamente a soffitto, la quale non permette di aerare gli ambienti in condizioni di intemperie. Si ritiene, inoltre, che questi locali dovrebbero essere provvisti di dispositivi ausiliari a garanzia delle migliori condizioni microclimatiche.

Circa il punto n. 2) delle osservazioni di cui sopra, si precisa quanto segue:

Come è noto la LR 11/98 stabilisce, nei casi in cui è prevista la sola illuminazione in falda, un rapporto illuminante pari ad 1/16 della superficie in pianta dei locali (art. 2, co. 1, lett. b)).

Ad una prima lettura, pertanto, i requisiti minimi di aeroilluminazione da garantire anche per i principali locali di abitazione sono quelli indicati esplicitamente dalla legge.

E' tuttavia da tenere presente che la norma nulla dice in merito ai rapporti ventilanti.

E' quindi presumibile supporre che la superficie ventilante rientra nelle prescrizioni igienico - sanitarie salvaguardate all'art. 1 della medesima legge regionale 11/98. E' infatti da tenere presente che la "ratio" della legge prevede tra i requisiti che debbano essere propri di un sottotetto quelli, anzitutto, igienico - sanitari, indispensabili per assicurare la salubrità dei locali adibiti ad abitazione (cucina, soggiorno, stanze da letto ai sensi dell'art. 2, co. 4 del D.M. 05/07/75), e le condizioni minime di benessere delle persone che vi risiedono.

Come è noto questi requisiti sono individuati nel D.M. 05/07/1975 che, all'art. 5, comma 2, stabilisce:

"Per ciascun locale d'abitazione, l'ampiezza delle finestre deve essere proporzionata in modo di assicurare un fattore medio di luce diurna non inferiore al 2%, e comunque la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore ad 1/8 della superficie del pavimento".

A ns. avviso, dunque, per conformarsi alla Legge Regionale 11/98 non è sufficiente garantire superfici illuminanti pari ad 1/16 anche se ottenute attraverso aperture in falda.

La norma di cui alla lett. b), del comma 1, dell'art. 2 della LR 11/98 appare, ad una lettura più attenta, infatti non di natura dispositiva, ma indicativa dato che, in ogni caso, è comunque necessario garantire superfici apribili non inferiori ad 1/8 della superficie in pianta allo scopo di assicurare la giusta ventilazione dei locali.

Sempre in relazione alla "ratio" della Legge Regionale si può altresì ritenere che non possa essere ammessa in nessun caso la presenza di sole aperture in falda per locali abitabili ai sensi del D.M. 05/07/75. Un eccessivo illuminamento zenitale, infatti, risulterebbe ultroneo e contrario alla salubrità dei locali medesimi (incidenza diretta dei raggi solari con problemi di abbagliamento ed altro, impossibilità di tenere aperta la finestra in caso di maltempo con conseguente impossibilità di un ricambio naturale dell'aria, etc.). E' quindi da ritenersi buona norma che almeno 1/16 della superficie apribile (pari ad almeno il 50% di 1/8 prescritto dal D.M. 05/07/1975) sia garantito con finestre a parete con veduta degli elementi del paesaggio, questo allo scopo di assicurare il benessere ottico - visivo che costituisce condizione imprescindibile per assicurare le condizioni di benessere degli occupanti. Principio quest'ultimo che viene sancito dal presente Regolamento Edilizio Tipo della Regione Emilia - Romagna nel Requisito Cogente 3.6.1.

Inoltre, al fine di evitare la realizzazione di locali per i quali, a causa del mancato rispetto dei parametri igienico - edilizi, possa avvenire la preclusione all'utilizzo; dovrà essere preventivamente dimostrato che il microclima dei locali risulta essere adeguato, con particolare riguardo all'isolamento termico del tetto e delle pareti.

Tali indicazioni sono in linea con le raccomandazioni regionali in materia di applicazione della L.R. 11/98 (vedi nota della Regione Emilia – Romanga prot. 22188/DPA del 01/10/01 inviata a tutti i Comuni della Regione).


ESESISTE UN RISCHIO TERREMOTO A PORRETTA?

Dopo la tragedia di San Giuliano in Molise, c'è da domandarsi se davvero i Comuni classificati come non sismici siano da considerarsi davvero tali.

Alla mente c'è venuto un articolo pubblicato alcuni anni orsono su "Il Brocciolo" (Anno I (1998), n. 4, p.3).

In questo articolo era scritto:

1) che il Comune di Porretta Terme è classificato come non a rischio sismico;

2) che tuttavia il vicino Comune di Sambuca Pistoiese è considerato a rischio sismico;

3) che gli studi del Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti hanno portato a risultati che fanno propendere per la sismicità del territorio porrettano;

4) che anche laddove Porretta venisse considerata da nuove disposizioni come zona a rischio sismico "in ogni caso le prescrizioni antisismiche sarebbero applicabili solo ad edifici di nuova costruzione".

Aggiornamento 4/11/2002


L'EMILIA E' MIGLIORE DELLA TOSCANA?

E' conveniente per Sambuca passare in Emilia?

A Pavana qualcuno pensa che sarebbe meglio per Sambuca passare in Emilia. Ma è poi vero?

Sicuramente il passaggio di Sambuca in Emilia è contrario alla storia e alla tradizione di questo Comune e, sicuramente, questa scelta risponde più agli interessi di Bologna che a quelli di Sambuca (vedi sopra Bologna e la nostra acqua).

Ma passando a piccole cose concrete si può osservare che:

il Comune di Granaglione (ma si potrebbe dire la stessa cosa di Camugnano) è un Comune dimenticato, dove le strade sono quelle che sono, dove le frazioni più piccole vivono nell'abbandono istituzionale regionale e provinciale, dove la ferrovia che l'attraversa non trova interesse nella Provincia di Bologna;

la Provincia di Bologna diventerà Città Metropolitana, assorbendo i poteri oggi in mano ai Comuni;

le norme regionali sull'uso delle risorse montane sono in Emilia più ostili ai montanari che in Toscana. Le "Prescrizioni di massima e Polizia Forestale" (approvate dal Consiglio Regionale del 01/03/1995) vietano, ad esempio, la coltivazione in buona parte della montagna delle patate e degli orti (art. 74), molte persone in Emilia - Romagna rischiano multe salatissime.

La Provincia di Bologna propone per Granaglione l'istituzione di un Parco di Monte Cavallo e, dunque, non è diversa dalla Provincia di Pistoia che propone il Parco delle Limentre, con una differenza: Il Parco delle Limentre potrebbe contare sulle risorse del Comune di Pistoia (che ha parte del suo territorio comunale interessata dal Parco), mentre il Parco di Monte Cavallo può contare sulle risorse di ... Granaglione e /o Porretta


IL NOSTRO NO ALL'INCENERITORE DI CA' DEI LADRI

Questo sito dichiara il proprio no all'inceneritore di Cà dei Ladri posto a pochi chilometri da centri abitati e all'interno di una zona di alto pregio naturale. Questo progetto non è stato infatti discusso preliminarmente con la popolazione e peraltro non pare affatto efficace. In un comunicato stampa del Gruppo Consigliare in Emilia Romagna dei Verdi leggiamo:

"La consigliera Guerra rileva che il Consorzio servizi ambientali 'Cosea', che riunisce i Comuni dell'Alta Valle del Reno e alcuni del pistoiese, nelle proprie linee strategiche 2004-09 avrebbe previsto ''lo sviluppo del polo impiantistico di Ca' de Ladri anche mediante sistemi di termovalorizzazione'', ma quella località - sottolinea - é in una zona di grande pregio ambientale e naturalistico, senza contare che il Piano provinciale dei rifiuti 2005-15 é in corso di elaborazione preliminare e che quello vigente ''non prevede alcun nuovo impianto di incenerimento'', mentre é già stato ''realizzato il potenziamento dell'impianto del Frullo a Granarolo Emilia'', alle porte di Bologna."

Perché allora si vuole realizzare un impianto di termovalorizzazione che, per le sue caratteristiche , riteniamo potrà servire un bacino di utenza ben più ampio di quello dei 22 Comuni aderenti al Cosea?

Chi conosce la realtà del Cosea ha presente che al suo interno sono rappresentate realtà che nulla hanno a che fare con la nostra montagna come Savigno, Castello di Serravalle, Monzuno che appartengono ad altri bacini (Valle del Samoggia, Valle del Setta e Savena, etc.), la nostra precisa sensazione è che questo progetto sia inteso a portare in Alto Reno nuovi rifiuti provenienti dall'area collinare e 'padana' della provincia di Bologna (Crespellano, Bazzano (che già usufruisce dei servizi di Cosea), Sasso Marconi, etc.) da distruggere secondo modalità  che riteniamo pericolose per la salute e per l'ambiente.

La nostra impressione, in altre parole, ci induce a ritenere che anziché riciclare si preferisca spostare i rifiuti (per poi bruciarli) dalle località dove davvero vengono prodotti alle località montane dove c'è più verde e valore ambientale!

Purtroppo i Comuni dell'Alto Reno Emiliano possiedono solo il 19,08% delle quote del Consorzio e sono, quindi, una ristrettissima minoranza, una minoranza che rimarrebbe tale  anche aggiungendo i Comuni Montani Toscani (che possiedono appena il 17,81% delle quote del Consorzio)

Immaginando  Pescia neutrale nella nostra battaglia (col suo 15% di quote societarie) i nostri avversari  possono contare su ben  il 48,11% di tutte le quote societarie (*).

Con questi  numeri è facile immaginare come i Comuni emiliani spingeranno per avere l'impianto in una zona che non li disturbi e l'Alto Reno (con Cà dei Ladri) sembra una realtà magnifica. Anzi potrebbe anche essere possibile che un Comune come Pescia o qualcuno dei Comuni della montagna toscana (Marliana, Abetone e Cutigliano) possano passare al "partito dell'inceneritore".

In altre parole le prospettive sono nere!

Tuttavia ci rimane almeno la forza di dire no!

ALTO RENO TOSCANO
http://groups.msn.com/ALTORENOTOSCANO

XII 2005
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(*) Le quote societarie del Cosea sono riportate alla pagina web: www.cosea.bo.it/pdf/Statuto.pdf

AGGIORNAMENTO GENNAIO 2006 Stando alla pagina web della Provincia di Bologna: http://www.provincia.bologna.it/pls/provbo/provbologna_021.magazine?id_news=3300&tipologia_news=4
il Cosea ha abbandonato il progetto dell'inceneritore a Cà dei Ladri. La notizia appare ottima, ma segnaliamo un particolare di non poco conto: la società bolognese HERA porterà nella Discarica di Cà dei Ladri i "rifiuti assimilati agli urbani". A buon intenditore poche parole... come dire... Bologna ha trovato un'altro modo per sfruttarci!


Acqua: guerre false e guerre vere

CARI AMICI, QUALCOSA NON TORNA....

Nel numero di febbraio marzo 2007 della Gazzetta dell'Appennino è uscito un articolo dal titolo "La guerra dell'acqua", questo articolo discorre dell'ultima polemica degli amministratori BOLOGNESI dell'Alto Reno contro la Toscana

Quest'ultima polemica degli amministratori dell'Alto Reno emiliano contro la Toscana riguarda i prelievi (eseguiti da Publiacqua per rifornire gli acquedotti toscani di competenza) di 3 litri / secondo sul Limentra Occidentale, all'altezza di Spedaletto, e di 15 litri / secondo sul Reno a Pracchia. Nell'ambio di questa polemica, dai toni apocalittici si sostiene, in pratica, che i prelievi toscani mettono a rischio il deflusso minimo vitale del Reno e del Limentra, ma qualcosa non torna...

Guardiamo insieme i dati

Complessivamente vengono captati da Publiacqua 18 litri al secondo pari a 0,018 mc (di questi 0,003 metri cubi dal Limentra Occidentale)

Un prelievo complessivo di 0,018 mc al secondo corrisponde così a 567.648 metri cubi d'acqua all'anno. Il fabbisogno idrico annuo di un Comune come quello di Porretta Terme è pari a 550.000 metri cubi d'acqua (dato ufficiale risalente al 1997).

Si può quindi incominciare a dire che il prelievo di 567.000 metri cubi d'acqua l'anno non è qualcosa di particolarmente apocalittico, ma corrisponde ai fabbisogni di un medio piccolo comune montano.

Si tenga ancora presente che una parte del territorio del Comune di Pistoia, una parte del territorio del Comune di San Marcello Pistoiese, una parte del territorio del Comune di Piteglio e l'intero Comune di Sambuca Pistoiese sono all'interno del bacino del fiume idrico del Reno. I prelievi quindi non vengono fatti da "stranieri" in terra "non loro" come pensano gli "emiliani".

Fatto salvo questo aspetto vediamo di andare avanti:

Abbiamo visto che i prelievi sul Limentra Occidentale sono pari a 3 litri al secondo mentre quelli sul Reno sono pari a 15 litri al secondo. Questi numeri sono davvero, come dicono gli amministratori emiliani, una enormità?

Con tutta franchezza le asserzioni degli amministratori dell'Alto Reno emiliano ci paiono esagerate (in particolare quella di Nanni merita un approfondimento)...

Diamo anche noi i numeri ed usiamo, al proposito, un documento redatto dall'Ufficio Tecnico Comunale di Porretta Terme nel lontano 1989 ma tutt'oggi valido ("Piano di riassetto degli acquedotti comunali" (fonte UTC di Porretta 31/03/1989)); dalla sua lettura emerge che esistono due captazioni dell'acquedotto comunale previste una sul Rio Maggiore e, l'altra, sul Rio Baricello capaci rispettivamente di captare (in regime, si badi bene, di MINIMA) ben 13 litri al secondo (sul Rio Maggiore) e 6 littri al secondo (sul Rio Baricello). Considerate le portate del Rio Maggiore e del Rio baricello stupisce che le captazioni di 19 litri al secondo non preoccupino, allo stesso modo, gli amministratori emiliani. Una captazione di ben 13 litri al secondo sul Rio Maggiore (in regime di minima) è sicuramente più pericolosa per il deflusso delle acque di questo torrente di quanto lo sia una captazione di 15 litri al secondo sul Reno a Pracchia e, analogamente, è più pericolosa - per il deflusso delle acque - una captazione di 6 litri al secondo sul Rio Baricello rispetto ad una captazione di 3 litri al secondo sul Limentra Occidentale.

Se la preoccupazione degli amministratori emiliani, inoltre, fosse così disinteressata dovrebbero essere preoccupati anche dei 7 litri al secondo che vengono distolti dalle sorgenti Podirolo di Lagacci (Comune di Sambuca Pistoiese) e portate a Porretta per alimentare l'acquedotto di un territorio che con Lagacci non ha nulla a che fare.... e ciò tralasciando le acque che dal Reno vengono prelevate e portate (attraverso gli invasi di Molino del Pallone, Pavana e Suviana) in maniera innaturale al Limentra di Treppio.

Quanto all'affermazione del vicesindaco di Granaglione (Nanni) che sostiene (per perorare la battaglia contro la "ingiusta" e "criminosa" politica toscana di captazione delle acque) che a Casalecchio il Reno ha una portata di appena 23 litri al secondo essa è, in tutta franchezza, non solo falsa ma... PATETICAMENTE FALSA.... La portata del Reno a Casalecchio non è di 23 litri al secondo ma di 600 litri al secondo (0,6 metri cubi al secondo) in REGIME DI MINIMA ASSOLUTA!! Questi dati sono noti a tutti al punto tale che sono pubblicati anche nell'enciclopedia web Wikipedia (vedi alla voce "Reno").

In compenso i nostri amministratori stanno in silenzio rispetto al ritrovato interesse dell'ATO 5 (dove Hera conta qualcosa) per l'ipotesi tubone asciugafiumi associato alla Diga di Castrola (http://www.ato-bo.it/atoStore/File/approvig_idrico/app_sintesi_non_tecnica.pdf)...

Come dire.... cari amministratori qualcosa non torna nei vostri discorsi... Siete amici del Reno o siete amici di Bologna?

Francamente di polemiche sterili contro la Toscana non se ne può più!


UN DOCUMENTO INEDITO SUL BACINO DI TREPPIO. Trovata la prova che Prato e Bologna stavano consumando un progetto contro gli interessi dell'Alto Reno (per gli ingenui ricordiamo che l'invaso di 110 milioni di metri cubi d'acqua sul bacino del Limentra non è altro che il famigerato progetto bolognese per sommergere Lentula e zone limitrofe a spese degli abitanti di questa porzione della provincia di Pistoia)

 

INTEROGAZIONE DEL 17 APRILE 1990

CAMERA DEI DEPUTATI

RUSSO SPENA e ARNABOLDI. — Ai

Ministri dei lavori pubblici e dell'ambiente.

— Per sapere – premesso che :

l 'azienda Consorziale Acqua e Gas d i

Prato, si è da tempo mossa presso il Mi-

nistero dei lavori pubblici per ottenere la

concessione di sbarramento del Bisenzio

in località Praticello a monte dell'abitato

di Vernio, allo scopo di alimentare l'ac-

quedotto civico di Prato ;

l'opera, una diga di dimensioni note-

voli, prevede un ammasso di 20 milioni

di metri cubi di acqua . In subordine il

Consiag pensa a un sistema di più digh e

di 7-8 milioni di metri cubi collegabili

con altro invaso in val di Limentra di

circa 110 milioni di metri cubi