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TRE SCHEDE BIOGRAFICHE IN ITALIANO
(ED UNA IN INGLESE)
SU CINO DA PISTOIA


Per chi vuole sapere qualcosa di più sulla vita del poeta e giurista pistoiese a cui è stato dedicato l'asteroide 2000 QV (36446)


Dante, Cino da Pistoia e Petrarca

Cino da Pistoia

Guittoncino dei Sigibuldi, detto Cino, poeta pistoiese tra i maggiori dello Stilnuovo (1270 ca. - 1336/37). Guelfo di parte nera, compì gli studi giuridici a Bologna e in Francia. Nel 1302 tornò a Pistoia, da cui fu esiliato all'indomani dell'avvento al potere dei Bianchi, nel 1303. Rientrato in patria nel 1306 con la vittoria dei Neri, dopo la delusione politica provocata dal fallimento della spedizione italiana di Arrigo VII (1313), si dedicò agli studi di diritto, conseguendo la laurea dottorale a Bologna nel 1314. Nello stesso anno portò a compimento l'importante Lectura in Codicem, monumentale commento ai primi nove libri del Codice giustinianeo. Successivamente ricoprì la cattedra di diritto civile negli Studi di Siena (1321-23 e 1324-26), di Perugia (1326-30 e 1332-33) e di Napoli (1330-31), dove quasi certamente conobbe Giovanni Boccaccio. Autore di uno dei più conspicui canzonieri stilnovisti, all'interno del quale molti testi sono dedicati alla donna amata, Selvaggia, Cino scambiò un fitto carteggio poetico con Dante, che gli indirizzò anche una delle sue epistole latine (Exulanti Pistoiensi, Epist. III) e che lo citò, sempre in termini elogiativi, in vari passi del suo De vulgari eloquentia (I X 2; XIII 4; XVII 3; II II 8). Petrarca, che non incontrò mai di persona il poeta pistoiese (di cui pianse la morte in RVF 92), conobbe molto bene la sua poesia, come mostrano le tracce da essa lasciate nei Rerum vulgarium fragmenta (e studiate, tra gli altri, da Zaccagnini 1936; Balduino 1976; Suitner 1977, pp. 99-156; Boggs 1979). Le presenze ciniane nella poesia petrarchesca si esplicano in vari modi: mentre da un lato, per esempio, il testo più rappresentativo della dulcedo ciniana, la canzone La dolce vista e 'l bel guardo soave, ha l'onore di una citazione in RVF 70, 40, dall'altro una celebre coppia di sonetti appartenenti alla corrispondenza poetica di Cino con Dante (Novellamente amor mi giura e dice del Pistoiese e I'ho veduto già senza radice dell'Alighieri) è presa a modello da Petrarca in uno scambio di testi con Antonio Beccari. Ritenuto da alcuni studiosi il destinatario di RVF 25, Cino è citato nel sonetto in morte di Sennuccio del Bene (RVF 287) insieme a Guittone, Dante e Franceschino degli Albrizzi. Lo stesso gruppo di poeti , con l'aggiunta però dei due Guidi (Guinizzelli e Cavalcanti), di Onesto da Bologna e dei Siciliani, ritorna in TC IV 31-37, passo nel quale Cino è citato insieme a Selvaggia.




Cino da Pistoia (Pistoia 1270 - 1236/37)

Nato a Pistoia intorno al 1270, Cino conseguì nel 1292 a Bologna la laurea in diritto ed esercitò a lungo l’attività professionale, divenendo uno dei più illustri giuristi del suo tempo. Fu legato, almeno fino ai primi anni del Trecento, da profonda amicizia a Dante che lo cita nel De vulgari eloquentia come il poeta della dolcezza. I due uniti dal comune destino dell’esilio, anche se quello di Cino fu assai più breve, tennero una fitta corrispondenza poetica, ma il silenzio di Dante nella Commedia fa supporre che il loro rapporto andò deteriorandosi, se non sul piano personale, almeno su quello poetico. Il suo canzoniere comprende venti canzoni, undici ballate e ben centotrentaquattro sonetti, più una serie di rime a lui attribuite, ma della cui paternità non si è ancora certi.

Epigono dello stilnovo, precursore del Petrarca, anello di congiunzione e mediatore fra l’esperienza ancora duecentesca dello stilnovo e la lirica d’amore del Trecento, così Cino è stato definito da coloro che hanno studiato la sua produzione poetica di gran lunga la più estesa fra gli stilnovisti, se si esclude l’amico Dante. Il contributo originale della sua poesia, segnata in larga misura dall’esperienza dantesca e cavalcantiana, risiede nello stile dolce e musicale e nel tono malinconico ed elegiaco con il quale il pistoiese canta la lontananza dall’amata e il ricordo dei tempi felici. La sua poesia, meno selezionata rispetto all’esperienza del Dante stilnovista e quindi più compromessa con la tradizione provenzale e siciliana, piacque particolarmente a Petrarca, che la utilizzò ampiamente come repertorio di materiali poetici e di motivi.


Tratto da L'invenzione letteraria
di S. Re, L. Simoni
Carlo Signorelli Editore Milano


Cino da Pistoia

Poeta tra i maggiori dello stilnuovo, è spesso considerato come figura di raccordo tra la lirica stilnovista e quella petrarchesca. Guittoncino di Francesco dei Sinibuldi (o Sigisbuldi), detto Cino, nacque a Pistoia verso 1270, da famiglia  guelfa di parte nera. Compiuti gli studi giuridici a Bologna e in Francia, nel 1302 tornò nella città natale, da cui fu esiliato all’indomani dell’avvento al potere dei Bianchi, nel 1303. Rientrato in patria nel 1306 con la vittoria dei neri, dopo la delusione politica legata al fallimento, nel 1313, della spedizione italiana di Arrigo VII (la cui morte pianse nella canzone Da poi che la natura ha fine posto), si dedicò agli studi di diritto, conseguendo la laurea dottorale a Bologna nel 1314 e portando a compimento, nel medesimo anno, l’importante Lectura in Codicem, monumentale commento ai primi nove libri del Codice giustinianeo. Successivamente ricoprì la cattedra di diritto civile negli Studi di Siena (1321-23 e 1324-26), di Perugia (1326-30 e 1332-33), e di Napoli (1330-31), dove quasi certamente conobbe Giovanni Boccaccio. Alla sua morte, avvenuta tra la fine del 1336 e l’inizio del 1337, Petrarca gli dedicò il sonetto Piangete, donne, et con voi pianga Amore (Rerum vulgarium fragmenta 91). Tra i testi del suo canzoniere, il più esteso tra quelli dei poeti del dolce stile, insieme alle canzoni in morte di Beatrice (Avegna ched el m’aggia più per tempo) e di Dante (Su per la costa, Amor, de l’alto monte), vanno ricordati almeno i sonetti appartenenti alla fitta corrispondenza scambiata con l’Alighieri in due tempi distinti, ossia allo scadere del secolo e nei primi anni dell’esilio. Questo carteggio, al quale vanno aggiunti almeno il ciniano Dante, i’ho preso l’abito di doglia e l’epistola dantesca Exulanti Pistoiensi >Epistola iii), comprende anche lo scambio di testi intercorso tra Cino (Cercando di trovar miniera in oro) e il marchese Moroello Malaspina, la cui risposta (Degno fa voi trovare ogni tesoro) fu scritta da Dante. Ricordato dall’Alighieri in vari luoghi del De vulgari eloquentia, dai passi nei quali lo colloca nel ristretto manipolo degli eccellenti poeti volgari (I xiii 3), consacrandolo massimo "cantor amoris" della tradizione lirica italiana (II ii 9), ai luoghi in cui lo cita per questioni di tecnica, di lingua e di stile poetico (I xvii 3; II v 4; vi 6), Cino è lodato da Dante soprattutto per le qualità musicali della sua poesia, la cui dulcedo è celebrata dall’amico in alcuni sonetti della loro corrispondenza e in De vulgari eloquentia I x 4.


il Monumento Funebre a Cino di Pistoia custodito nella Cattedrale

CINO DA PISTOIA (1270-1336), Italian poet and jurist, whose full name was GuITT0NcIN0 DE SINIBALDI, was born in Pistoia, of a noble family. He studied law at Bologna under Dinus Muggelanus (Dm0 de Rossonis: d. 1303) and Franciscus Accursius, and in 1307 is understood to have been assessor of civil causes in his native city. In that year, however, Pistoia was disturbed by the Guelph and Ghibelline feud. The Ghibellines, who had for some time been the stronger party, being worsted by the Guelphs, Cino, a prominent member of the former faction, had to quit his office and the city of his birth. Pitecchio, a stronghold on the frontiers of Lombardy, was yet hi the hands of Filippo \Tergiolesi, chief of the Pistoian Ghibellines; Selvaggia, his daughter, was beloved by Cino (who was probably already the husband of Margherita degli Unghi); and to Pitecchio did the lawyer-poet betake himself. It is uncertain how long he remained at the fortress; it is certain, however, that he was not with the Vergiolesi at the time of Selvaggias death, which happened three years afterwards (1310), at the Monte della Sambuca, in the Apennines, whither the Ghibellines had been compelled to shift their camp. He visited his mistresss grave on his way to Rome, after some time spent in travel in France and elsewhere, and to this visit is owing his finest sonnet. At Rome Cino held office under Louis of Savoy, sent thither by the Ghibelline leader Henry of Luxemburg, who was crowned emperor of the Romans in 1312. In 1313, however, the emperor died, and the Ghibellines lost their last hope. Cino appears to have thrown up his party, and to have returned to Pistoia. Thereafter he devoted himself to law and letters. After filling several high judicial offices, a doctor of civil law of Bologna in his forty-fourth year, he lectured and taught from the professors chair at the universities of Treviso, Siena, Florence ~nd Perugia in succession; his reputation and success were great, his judicial experience enabling him to travel out of the routine of the schools. In literature he continued in some sort the tradition of Dante during the interval dividing that great poet from his successor Petrarch. The latter, besides celebrating Cino in an obituary sonnet, has coupled him and his Selvaggia with Dante and Beatrice in the fourth capitolo of his Trionfi d A more.

Cino, the master of Bartolus, and of Joannes Andreae the celebrated canonist, was long famed as a jurist. His corn q~entary on the statutes of Pistoia, written within two years, is said to have great merit; while that on the code (Lectura Gino Pistoia super codice, Pavia, 1483; Lyons, 1526) is considered by Savigny to exhibit more practical intelligence and more originality of thought than are found in any commentary on Roman law since the time of Accursius. As a. poet he also distinguished himself greatly. He was the friend and correspondent of Dantes later years, and possibly of his earlier also, and was certainly, with Guido Cavalcanti and Durante da Maiano, one of those who replied to the famous sonnet A ciascun alma presa e gent-il core of the Vita Nuova. In the treatise De Vulgari Eloquio Dante refers to him as one of those who have most sweetly and suDtly written poems in modern Italian, but his works, printed at Rome in I 559, do not altogether justify the praise. Strained and rhetorical as many of his outcries are, however, Cino is .not without moments of true passion and fine natural eloquence. Of these qualities the sonnet in memory of Selvaggia, lo fui in suli alto e in sul beato monte, and the canzone to Dante, Avegnach di omaggio piIf per tempo, are interesting examples.

The text-book for English readers is D. G. Rossettis Early Italian Poets, wherein will be found not only a memoir of Cino da Pistoia, but also some admirably translated specimens of his versethe whole wrought into significant connection with that friendship o~ Cinos which is perhaps the most interesting fact about him. See also Ciampi, Vita e poesi.e di messer Gino da Pistoia (Pisa, 1813).