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ALTO RENO TOSCANO (http://groups.msn.com/ALTORENOTOSCANO)

ALTO RENO TOSCANO - PRO LOCO DI SAN MOMME'

PICCOLA GRAMMATICA DEL DIALETTO* DI SAN MOMME'

*Attenzione: il termine dialetto e il termine vernacolo sono sinonimi. L'uso di vernacolo in luogo di dialetto è convenzionalmente attribuito ai dialetti toscani, ma da un punto di vista linguistico è privo di significato.

PREMESSA

Il dialetto di San Mommè, piccola frazione del Comune di Pistoia, sorge a poca distanza dal crinale appenninico (Valli dell'Ombrone Pistoiese, delle Limentre e del Reno) e dalla cosiddetta frontiera linguistica La Spezia - Rimini. La conoscenza di questo dialetto è quindi essenziale per chiunque sia interessato alla conoscenza dei dialetti marginali della Toscana.

Il dialetto sammomeano merita di essere conosciuto anche perché rappresenta un caso assai interessante di vernacolo rustico pistoiese.

GORGIA TOSCANA

Innanzitutto chiariamo cosa s'intende per "gorgia toscana":

"Per 'gorgia toscana' s'intende quel singolare fenomeno di aspirazione che in Toscana ha colpito le consonanti sorde "k" [e cioè la "c" di casa], "p", "t" in posizione intervocalica ... per esempio: "amiha", "andatho". La stessa mutazione consonantica si verifica all'inizio di parola, quando per lo stretto rapporto sintattico la consonante viene a trovarsi fra le due vocali: "la hasa", "la therra". Non avviene aspirazione in posizione iniziale assoluta ("Carlo", "partiamo", "taci")" (G. ROHLFS, Studi e ricerche su lingua e dialetti d'Italia, Sansoni, Firenze, 1997, p. 161).

Nella quasi totalità della provincia di Pistoia il fenomeno dell'aspirazione consonantica è limitato alla sola "k", mentre risulta sconoscita l'aspirazione di "p" e "t" (cfr. G. ROHLFS, Op. cit., p. 162).

Pertanto l'aspirazione consonantica pistoiese riguarda solamente la C dura, a condizione però, "che essa si trovi tra due vocali, di cui l'anteriore non sia accentata, perché preceduta da consonante o da vocale accentata la C dura ha il suono duro del K" (G. NERUCCI, Cincelle da bambini nella stietta parlatura rustica di Montale Pistoiese, Tipografia Rossetti, Pistoia 1880, p. 6).

Il dialetto di San Mommè, probabilmente per la sua vicinanza con le contigue valli del Reno e del Limentra Occidentale, si presenta (come a Pracchia) in una forma particolare: "focho" anziché "foho" (italiano "fuoco"), "ficho" per "fiho", "amicho" per "amiho", dove il gruppo "ch" va pronunciato come nelle parole tedesche J.S. Bach, machen, nicht (cfr. G. ROHLFS, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti - Fonetica,Torino, Einaudi, 1999, p. 266).

Tuttavia, come in altre località del pistoiese, anche a San Mommè non è difficile assistere al dileguo della aspirazione in K con il risultato di ottenere non "bria(c)ho", ma "briao".

FRICATIVA PREPALATALE SORDA

La fricativa prepalatale sorda è quel particolare suono "sc" che colpisce ce e ci purché non iniziali. Quando questi suoni si presentano ad inizio parola, infatti, rimangono come in italiano (es: cinema), ma all'interno della parola invece mutano e diventano sibilanti (bascio, cascio, pasce, fascioli). Affine a questo suono appare la particolare "g" di parole come frugiata e stagione che vengono lette quasi "frusgiata" e "stasgione". L'evoluzione in chiave settentrionale dei suoni "sc" e "g" di queste parole ha portato, nelle vicine valli del Reno e delle Limentra, alla fricativa prepalatale sonora "sg" (pasge, casgio).

AFFRICAZIONE PISTOIESE

La pronuncia pistoiese, diversamente da fiorentino, presenta il fenomeno dell'affricazione della s che, dopo n, r, l, viene pronunciata z (es: il zole, il zale e l'inzalata). Tale pronuncia è presente anche nel dialetto di San Mommè, mentre risulta quasi assente nel vicino comune di Sambuca Pistoiese (uno dei rari esempi di affricazione pistoiese in territorio sambucano è offerto dal toponimo Pian degli Orzi tra la Sambuca e Treppio.

SCEMPIAMENTO CONSONANTICO DI RR INTERVOCALICO

Come la maggior parte dei dialetti pistoiesi anche il sammomeano presenta la degeminazione consonantica di -rr- di possibile influsso settentrionale (es: tera anziché terra).

Eccezionalmente la geminata -rr- invece si mantiene trasformandosi, per lambdacizzazione, in -ll- (es: ramallo). I due fenomeni sono presenti anche nei territori emiliani della vicina valle del Reno (es: Stagno, Badi).

RIDUZIONE DEL DITTONGO "UO" IN "O"

Come il dialetto fiorentino e il pistoiese, anche il dialetto di San Mommè presenta la riduzione del dittongo "uo" ad "o" (es: fo(c)ho anziché fuoco). Diversamente dai dialetti dell'Alto Appennino Pistoiese (lagaccese, antico pracchiese, sambucano, pavanese), invece, la e breve del latino non si trasforma in e chiusa (es: lagaccese méle), ma passa, come in toscano e in italiano, al dittongo "ie" (miele)

INVERSIONE DELLE LIQUIDE

Diversamente dal pistoiese il sammomeano non presenta l'inversione delle liquide (l > r, r >l). Quindi avremo arido e non alido, volpe e non vorpe, etc.

SVILUPPO DEL NESSO LATINO "GL" INIZIALE

E' noto che in Toscana lo sviluppo del nesso latino "gl" ha dato luogo alle forme "gh" ("ghiro", "ghianda", etc.). Tuttavia nelle province di Lucca, Pistoia, Pisa l'occlusione palatale del suono "ghi" si è andata talvolta avvicinando ad una occlusione dentale con il risultato di risultare simile a "d". Anche il dialetto sammommeano non fa eccezione come dimostra il caso di "diaccio" per ghiaccio.

PROSTESI VOCALICA

I dialetti pistoiesi, per influsso dei vicini dialetti settentrionali, presentano un fenomeno di recupero vocalico (la prostesi vocalica) per parole come arricordare, arcipresso, etc. Tale fenomeno risulta invece sconosciuto al dialetto sammomeano, con la sola eccezione di arfasatto (> uno che fa le cose senza pensare). La voce tuttavia è importata: "portata su da' pistoiesi quando princiaparono a venir d'estate" secondo la testimonianza della persona più anziana del paese.

DISSIMILAZIONE DI MM

Nel dialetto sammomeano, come nei dialetti pistoiesi o influenzati dal pistoiese (es: il dialetto di Badi nel bolognese) risultano presenti parole come cambera che testimoniano influssi di tipo settentrionale.

"A questo si aggiunge l’altro fenomeno (anche questo ora scomparso nelle nuove generazioni) che colpisce le parole proparossitone come "càmera" detta "càmbera" , "sémola" detta "sembola", "prezzémolo" detto "prezzembolo", "Làmole" pronunziato "Lambore", " Gombito" per "gomito", "Cendere" per "cenere" "Rombice e Rombiciaio" per "romice e romiciaio" tutt'ora riscontrato nell'area più marginale della Garfagnana. È un fenomeno di dissimilazione della geminata MM in MB attraverso il passaggio CAMERA < CAMMERA > CAMBERA, ecc. e rappresenta la fase iniziale dell’eliminazione dei proparossitoni ereditati dal Latino in area soggetta ad influssi gallici; in effetti è uno di quegli strumenti di cui si sono serviti il Provenzale ed il Francese, ed i dialetti da loro influenzati, per l'eliminazione del ritmo proparossitono (CAMERA > chambre in Francia; LAMULA > Lambro attraverso la fase Làmboro nell’ Italia settentrionale ecc.)"

(G. JORI, "IL LINGUAGGIO DELLA MONTAGNA ALTA DI PISTOIA", in

http://groups.msn.com/ALTORENOTOSCANO/dialettipistoiesi.msnw)

Da notare che la forma bolognese e "nb" e non "mb" (bolognese "cuconbra" e pistoiese "cocombero") . I vicini dialetti altorenani seguono, dunque, l'esempio toscano e non felsineo (es: pavanese "cocombara").

Il caso "dondola" per "donnola", invece, può essere spiegato nel modo che segue:

"Nel caso che m, n, l, o s si uniscano con una l o una r seguente, di regola fra i due suoni se ne inserisce uno di transizione (d oppure b) Il suono di transizione può conservarsi anche se fra le consonanti è rimasta conservata una vocale" (G. ROHLFS, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti - Fonetica", Einaudi, Torino, 1999, p. 382).

"E" PARAGOGICA IN POSIZIONE FINALE

I dialetti toscani antichi tendevono ad evitare le forme ossitone (portò, uscì, etc.) attraverso l'epitesi di -e (portòe, uscìe). Questo fenomeno è dovuto alla necessità di rendere omogenea la struttura delle parole. Nella lingua toscana (come, peraltro, in italiano) le forme parossitone (e cioè piane) sono prevalenti, mentre quelle ossitone nettamente minoritarie: l'uso della e paragocica permette così di riportare le parole ossitone alla struttura accentuale più diffusa, cioè quella parossitona (portòe, etc.). Attualmente solo le parlate popolari mantengono questa sorta di "vocale di ripercussione", ma quasi sempre soltanto quando la parola compare isolata o alla fine della frase (es: pistoiese "parto mercoledìe"). Il dialetto sammomeano non pare fare eccezione, come risulta dall'uso di "sìe" e "nòe" rispettivamente per si e no.

SUFFISSAZIONE

Diversamente dal pistoiese e dal lucchese il dialetto sammomeano presenta raramente i suffissi e desinenze del tipo -onno (alle forme lavoronno, andonno, pur presenti nel dialetto locale, si preferiscono andiedero e lavoriedero ), -otto (es: maialotto e "ciliegiotto" (> ciliegio piccolo che non rende) sono parole ricordate solamente dai molto anziani). Molto rappresentata è invece la suffisazione in -olo (conigliolo, formicola, ragnolo, vispolo etc.), quest'ultima suffissazione risulta ampiamente presente in tutti i dialetti di tipo pistoiese, compresi buona parte dei dialetti "emiliani" della vicina Valle del Reno.

LA NEGAZIONE

Il dialetto sammomeano, come la maggior parte dei dialetti della regione, è un dialetto italo - romanzo, ma non immune da alcuni imprestiti galloromanzi provenienti dal Nord Italia. La negazione, così, può presentarsi in forma semplice o ridondante.

La negazione semplice riserva alla negazione il posto precedente al verbo (italiano: non lo so).

La negazione ridondante prevede, invece, la presenza una seconda parte di negazione (francese: je ne sais pas, bolognese: an al so briisa).

Il sammomeano, come il fiorentino e il pistoiese, al contrario prevede sia la forma semplice (non lo so) che ridondante (non lo so mica).

PRONOMINALIZZAZIONE OBBLIGATORIA DEL SOGGETTO

Tra i prestiti galloromanzi presenti nei vari dialetti toscani, compreso il sammomeano, è presente la pronominalizzazione obbligatoria del soggetto (la pronominalizzazione obbligatoria del soggetto non è prevista, invece, nell'italiano). Come è noto la maggior parte delle lingue neolatine (dette anche romanze) non prevedono che il soggetto sia sempre espresso. In italiano si può, infatti, dire: "E' venuto Pietro. Sta bene"; in Spagnolo "Ha venido Pedro. Està Bien". Ma questo non vale per le lingue galloromanze (francese, francoprovenzale, occitano, dialetti settentrionali) che prevedono la prenominalizzazione obbligatoria. In francese, ad esempio, si deve dire: "Pierre est venu. Il se porte bien". Sia in francese che nei dialetti settentrionali (compreso il toscano) il pronome personale è del tipo detto clitico e può essere semplice (francese "quand tu dis") o reduplicato (francese "tois tu dis"). Nel caso del sammomenao la forma semplice è svolta da "tu" ("quando tu dici"), mentre la forma reduplicata è del tipo "te tu" ("te tu dici"). Le forme italiane, ovviamente, sono "quando dici" e "tu dici".

NUMERALI

Come in italiano a parte alcune differenze nella pronuncia (es: tredisci e non tredici).

INFINITO

Diversamente dal dialetto pistoiese il dialetto sammomeano non prevede l'apocope dell'infinito (quindi mangiare e non mangià, dormire e non dormì). Così le persone che vengono dalla valle della Fievole vengono canzonate con il proverbiale "il re non esiste", appunto perché in quella valle, a differenza di San Mommè, ogni verbo all'infinito viene detto senza il -re finale.

INDICATIVO PRESENTE

Al fine di valutare il grado di toscanità del dialetto sammomeano proponiamo un confronto col dialetto di Montale Pistoiese e col dialetto bolognese.

SAMMOMEANO

io vado: io vo

tu vai: te vai

egli va: lui va

noi andiamo: noi si va, noi andiamo (raramente usato)

voi andate: voi andate, voi ite

essi vanno: loro vanno

MONTALESE

i' vòe, vò

tene vai

e' vae

no' si vae

vo' ite

e' vanno

BOLOGNESE

a vaag

t vè

al và

anden

andè

i van

RADDOPPIO SINTATTICO

Il dialetto sammomeano, come gran parte dei dialetti toscani, prevede il raddoppio sintattico (es: "un z'é ddeciso nulla"). Il raddoppio sintattico, invece, risulta ridotto a pochissimi casi nei dialetti norditaliani.E' interessante osservare che il raddoppio sintattico (detto anche "raddoppio fonosintattico") viene provocato quando la parola che precede il raddoppio è un monosillabo forte (es: a, da, fra, su, qui, qua, lì, là, giù, più, me te, tu, sé, chi, che, ciò, e, o, che, se, ma, né, è, ho, ha, do, dà, fa, fu, tè, re, gru, si, no), oppure una parola ossitona (verrò, dirà, caffè, etc.), o, infine, uno dei seguenti bisillabi: qualche, come, dove, sopra. Gli articoli e i pronomi atoni non comportano il raddoppiamento (cfr. P. d'Achille, "Breve grammatica storica dell'italiano", Carocci, Roma, 2003, p. 73).

USO DEL PRONOME PROCLITICO "IO"

A differenza dei dialetti delle vicine Valli delle Limentre e del Reno, e diversamente anche da altri dialetti pistoiesi (ad esempio il dialetto di Montale). Non risulta presente, come forma proclitica della prima persona singolare, l'antico toscano "i" (cfr. G. ROHLFS, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti - Morfologia", Einaudi, Torino, 1998, p. 140), sostituito dall'italiano "io".

DISTINZIONE DEL GENERE

Come la gran parte dei dialetti rustici anche il dialetto sammomeano presenta la differenziazione del genere maschile / femminile per gli animali domestici (es: becco (maschio) / capra (femmina)).

CARATTERISTICHE NEGATIVE DEL SAMMOMEANO

Prima di passare al lessico riassumiamo alcune caratteristiche negative (ovviamente non in senso dispregiativo) del sammomeano comuni con il pistoiese:

1) il sammomeano non presenta i suoni cacuminali (L > D, -ll- > d). I suoni cacuminali (del tipo "gado" per gallo, "datte" per latte) sono presenti solo in poche aree della Toscana marginale a contatto con il Settentrione (il comprensorio apuano - garfagnino e, in provincia di Pistoia, l'antico treppiese);

2) il sammomeano non presenta il possessivo enclitico (mammeta, babbeta, zieta). Il possessivo enclitico era una caratteristica dell'antica lingua toscana, ma oggi sopravvive solo in poche aree marginali (isola d'Elba, antico treppiese e comprensorio apuano - garfagnino);

3) il sammomeano, infine, non presenta il passaggio dei nessi -gl a -ggh (paglia > pagghia, moglie > mogghie, etc.). Il fenomeno dell'affricazione mediopalatale, al contrario, è molto diffuso nelle parlate rustiche toscane risultando presente non solo nel comprensorio apuano - garfagnino, ma in una area compatta grosso modo corrispondente al territorio storicamente fiorentino (fin quasi all'ansa dell'Arno, in tutto il Chianti, la bassa Valdelsa ecc., l'area pratese cui Montale Pistoiese di fatto si aggrega) e Treppio. Lo sviluppo garfagnino dovrebbe, tuttavia, essere indipendente (non c'è motivo di credere che Lucca e la zona di San Marcello, la media valle del Serchio/val di Lima abbiano mai avuto il fenomeno, non abbiamo evidenze è - a quanto ci risulti - indizi).

LESSICO

Il lessico sammomeano, a differenza, dei dialetti delle vicine località toscane della Valle del Reno e del Limentra non pare presentare prestiti galloromanzi (es: il pracchiese, sambucano, pavanese "raggia" per rovo (bolognese raaza) è sostituito da pruno). Nel vocabolario che segue sotto sono riportati alcuni termini del dialetto sammomeano, alcuni di questi termini (pur essendo in uso anche in italiano) sono stati ricompresi perché significativi per la comprensione del dialetto oppure perché rappresentativi della vita della comunità fino ad anni recenti.

SOSTRATO E SUPERSTRATO

Anche il sammomeano, come tutte (o quasi tutte) le lingue e i dialetti della penisola italiana, è una continuazione originale e peculiare della lingua latina. Le sue differenze rispetto ad una diversa varietà linguistica (ad esempio il bolognese o il napoletano) sono da ricercarsi nei differenti sostrati, adstrati e superstrati.

Per "sostrato" intendiamo i relitti linguistici delle lingue "alle quali il Latino si venne sovrapponendo nella sua espansione storica, con 'adstrato' intendiamo le lingue vicine territorialmente, alle quali il Latino non si sovrappose, e con 'soprastrato' o meglio 'superstrato' le lingue dei popoli che vennero ad abitare, spesso come dominatori e padroni, nei territori linguisticamente romanizzati" (C. TAGLIAVINI, "Le origini delle Lingue Neolatine"; Patron Editore, Bologna, 1999, p. 268).

Nel caso del dialetto sammomeano l'ambito della nostra ricerca si può limitare ai soli sostrato e superstrato. Il sostrato del sammomeano, data la storia dell'appennino pistoiese, dovrebbe ragionevolmente essere ricercato nell'antica lingua Ligure (un antico idioma mediterraneo anario) piuttosto che nel celtico o nell'etrusco, mentre il superstrato deve sicuramente essere ricercato nella lingua longobarda (una popolazione germanica forse originaria della Scandinavia).

Poiché sappiamo che il sostrato può manifestarsi, oltre che con relitti lessicali, anche per mezzo di tendenze fonetiche e morfologiche non dovremo stupirci di trovare tra i vari esiti linguistici del sammomeano qualche traccia "ligure".

Viceversa, poiché l'influsso delle lingue che formano gli adstrati e i superstrati si limita, per lo più, al lessico e molto raramente intacca la fonetica e la morfologia, è nel campo lessicale e toponomastico che dobbiamo trovare le tracce della lingua longobarda.

Nella nostra pur sommaria ricognizione del dialetto di San Mommè ci pare di riscontrare nell'uso frequente del suffisso -olo / -ola un esempio di sostrato ligure (cfr. N. RAUTY, "Storia di Pistoia", Le Monnier, Firenze, 1988, p. 12 secondo il quale questa suffissazione è di origine anaria ligure).

Quanto al superstrato longobardo è ben attestato in numerosi prestiti lessicali (vedi sotto) e toponomastici (ad esempio Valdi è continuazione del longobardo "wald" col significato di bosco, selva).

Non sfugga al lettore che il sostrato e il superstrato del sommomeano sono gli stessi che possiamo rintracciare anche nel vernacolo cittadino pistoiese.

DIALETTO CONSERVATIVO OPPURE DIALETTO PONTE CON IL NORD ITALIA?

Abbiamo visto che il Sammomeano presenta chiari elementi di origine settentrionale (pronominalizzazione obbligatoria del soggetto, negazione ridondante, dissimilazione di mm) e presenta altri due elementi di possibile origine settentrionale:

1) il sammomeano presenta la conservazione della desinenza dell'infinito. Questo è un carattere distintivo dei dialetti Nord Italiani rispetto al Toscano;

2) il sammomeano presenta una forma di gorgia toscana molto attenuata come in altre aree della Toscana settentrionale (ad esempio Pracchia) influenzate dalle parlate galloromanze.

Tuttavia il sammomeano non presenta il tipico, settentrionale, fenomeno della prostesi vocalica (pur ampiamente presente a Pistoia).

Quest'ultimo dato appare sicuramente in contraddizione con i precedenti. E' da domandarsi, a questo punto, se il sammomeano non sia in effetti un dialetto di conservativo. Una più attenta analisi del dialetto locale ci porta a queste tre conclusioni:

In primo luogo è possibile che il mantenimento degli infiniti in -re sia conservazione, dal momento che anche il latino li aveva. È il toscano che li ha eliminati. Il che significa che il mantenimento degli infiniti potrebbe essere non influenzato dal Nord Italia ma trattarsi semplicemente di un fenomeno di conservazione;

In secondo luogo l'assenza di prostesi vocalica nel sammomeano è chiaramente un fenomeno di conservazione (il Pistoiese ha la prostesi vocalica (arricordare,arcipresso, etc.) proprio per influsso dei dialetti settentrionali);

In terzo luogo la gorgia toscana potrebbe essere meno accentuata a San Mommè sempre per un fenomeno di conservazione e non di influenza settentrionale (anzi la gorgia toscana in quanto tale è un fenomeno di reazione nato in ambiente fiorentino alla sonorizzazione Nord Italiana. Il fiorentino più rustico infatti spirantizza non solo K (la hasa), ma anche T (la therra) e perfino la p (il saphone) guardacaso il Nord italiano sonorizza K (già un badese dice ca(s)gio per ca(s)cio), T (bolognese sdaac anziché staac

>(staccio)), P (già un treppiese dice "ava" e non "apa" (ape)).

Lasciamo a chi legge la conclusione che ritiene più valida, ma da parte nostra preferiamo sposare una tesi banale: il sammomeano è un dialetto in parte influenzato dai dialetti settentrionali (ma non più di altri dialetti toscani) e dall'altro un dialetto con forti caratteri conservativi.

Usando le parole del celebre Prof. Luciano Giannelli (Università di Siena) "San Mommè, per certe cose, è una sacca di conservazione" (e - mail ricevuta il 12.11.03).

PICCOLO VOCABOLARIO SAMMOMEANO

a bacio > bene "m'è venuto a bacio" > "m'è venuto bene".

abbriccic(h)o > cosa strana che non si sa come fa a stare in piedi. A Pistoia vale per cosa di poco valore.

aggeggio > cosa strana. Come per abbriccico, a Pistoia vale per cosa di poco valore.

anda > usato in frasi tipo: "dagli l'anda" > "fallo partire". Come in pistoiese.

apisse > lapis. Da non dimenticare che il toscano non sopporta l'uscita consonantica

arfasatto > uno che fa le cose senza pensare. La parola è stata presa dal pistoiese. Il dialetto sammomeano non conosce la prostesi vocalica.

arulegio > alloro (da lauro regio (latino "laurus" > alloro))

aschero > sentimento di rabbia, nostalgia, rimpianto, desiderio o voglia. Secondo il cantautore Francesco Guccini potrebbe derivare dal greco "eschara" (bruciatura, fuoco, ferita purulenta) o dal longobardo "eiskon" (domandare).

bac(h)o > baco bacherozzolo > baco

ballotto > castagna lessata. Usato anche nell'Alto Reno emiliano in luogo del bolognese "baluus".

balugano > persona strana. Come a Pistoia e nei dialetti altorenani

barba > radice. Voce pantoscana presente anche nell'Alto Reno emiliano.

bazza > mento

becco > maschio della capra. Voce longobarda

belluria > bello (poco usato)

bietta > piede, in frasi tipo "tu ha' una bella bietta" > "hai un piede grande"

birignoccolo > grumo, brufolo, bernoccolo

biro > grumo "nella polenta mi c'è venuto tutti i biri" > "nella polenta ci sono molti grumi". A Treppio, Pistoia, Spedaletto, Sambuca, Pavana i grumi nella polenta sono chiamati "frati"

bischero > come ovunque in Toscana, ovvero stupido (da bischero > pene)

bombo > il bere dei bambini

bono > buono

bordata > colpo

botta > rospo. Voce pantoscana, ma usata di rado a San Mommè

bove > bue. Voce pantoscana presente anche in alcune località dell'Alto Reno Emiliano (Biagioni)

brevido > parola di difficile interpretazione: una cosa è brevida quando fa venire i brividi, non di freddo... una cosa può essere brevida perché dolce, perché unta…

briao > ubriaco.

briscola > gioco di carte, colpo

brocciolare > parlare in modo che gli altri non capiscano. La voce deriva dalla credenza che il ghiozzo di fiume (una specie affine al brocciolo) possa in certe occasioni "mugolare", emettendo sordi borbottii. La credenza ha recentemente trovato una conferma scientifica

brocciolo > propriamente è lo scazzone (cottus gobius), ma indica genericamente i pesci di fiumi piccoli e dalla testa grossa. A Pavana i broccioli di dimensioni più grandi erano chiamati "tanacca".

broda > il cibo del maiale. Voce longobarda

bru(s)cello > acqua che ghiaccia sugli alberi

bubbola > mazza di tamburo

bussolo > bosso, con suffisso "-olo".

buttata > il germogliare delle piante.
caldano > braciere di rame, nel quale veniva accesa la brace, usato per scaldarsi. nella zone dell'alto Reno è detto "caldan".

ca(s)cio > formaggio. La forma cacio è pantoscana e giunge fino alle propaggini emiliane dell'Alto Reno

cam(b)era > camera

caniccio > propriamente sarebbe il piano di assi di legno su cui vengono messe le castagne a seccare nei metati, a volte indica l'intera costruzione

cantero > vaso da notte

capra > capra

cardo > riccio della castagna.

casa > casa, "vaiaccasa">"vai a casa", "la c(h)asa">"la casa"

cascia > acacia

castagnaccio > dolce con farina di castagne, pinoli, uva sultanina, noci

ce(s)ci > ceci

ce(s)cio > cece

ceccofuria > persona che fa le cose di fretta

cencio > tipico dolce di carnevale (chiacchiere), straccio

cighìo > cigolio. A Pistoia e in Alto Reno indica il lamento acuto degli animali feriti, ovvero il pianto dei bambini. Il bolognese ha ziigh

ciliegiotto > ciliegio piccolo che non rende

conchino > vaso di terracotta per piante.

ciuc(h)o > asino. La forma ciuco è pantoscana. Nella vicina valle del Reno (es: Lagacci e nel Bolognese Stagno) viene sonorizzata la seconda g e si ha ciugo.

ciuffone > persona con i capelli lunghi. Dal longobardo zopf > capelli

concio > letame

corbello > cesto fatto con strisce di legno fra loro intrecciate.

covo > luogo dove nascono molti funghi. Ogni fungaiolo lo tiene segreto. A Pistoia viene detto "ceppa" (in pistoiese il porcino è detto ceppatello e in Alto Reno si usa cioppadello assai simile anche al termine felsineo), in Alto Reno (bolognese e pistoiese) si usa "bolada" (che deriva dal latino boletus (il porcino è "boletus edulis")). Un gruppo di funghi attaccati viene definito "covata di funghi".
cria > l'ultimogenito di una famiglia di uccelli (specialmente galline), o anche col senso di "il più piccolo". A Badi, Stagno e Bargi (Valle del Limentra Orientale) indica i germogli, i funghi che cominciano a spuntare e i pesciolini appena nati.

crocchia > testa (poco usato). La voce è nota anche nelle vicine valli del Reno e delle Limentra. Per i pavanesi i sambucani sono "crochioni" (con una c sola secondo l'uso settentrionale) e i sambucani contraccambiano con la stessa moneta dando dei "crocchioni" (con due c) ai pavanesi.

cro(s)ce > croce. Nei dialetti altorenani (da Lagacci a Sambuca, da Pavana a Campeda, da Lizzano a Stagno) è crosge.

desinare > pranzo

diaccio > ghiaccio, freddo

dito > dito

dolco > molto morbido

dondola > donnola

dreto (variante drieto) > dietro. Presenta metatesi di r come nel pistoiese.

fame > fame

farfalla > farfalla

fettunta > si tratta della tradizionale bruschetta. I pistoiesi di una volta erano soliti chiamarla anche "zampanella". Il termine zampanella è sopravissuto in Alto Reno e nell'alta montagna modenese, ma indica oggi un prodotto tipico della cucina montanara modenese (i borlenghi)

fiume > fiume

fo(s)ce > vallata esposta (o che porta) al vento: "la foce della Collina". In pistoiese il termine indica anche qualsiasi luogo particolarmente umido e freddo

foc(h)o > fuoco

fogno > inteso come derivato del verbo fognare. Fogna quando nevica poco oppure quando piove o nevica insieme.

fognare > nevischiare

forcato > forcone

fosso > fiume

freddo > freddo

fru(s)giata > caldarrosta. In uso anche nell'Alta Val del Reno emiliana (porrettano frusà) al posto del felsineo "aròsti"

frustone > un particolare tipo di serpe che, stando alle voci popolari, usa per difendersi dai nemici il proprio corpo come una frusta

fungaiolo > cercatore di funghi.
gioc(h)o > gioco

grotto > ciglio. Voce longobarda

guscione > castagna senza polpa, viene anche detta "buccione".

inzalata > insalata

ire > andare

lamo > amo. Con concrezione dell'articolo (l'amo > lamo)

latte > latte

lempitella > nepitella, pianta aromatica. A Pistoia è anche chiamata "nempitella" o anche "empitella"

leppa > freddo. Probabilmente è voce germanica

licit > gabinetto (poco usato). Come a Pistoia; a Campeda, Pavana, Sambuca usa "liscite"

lievito > lievito. Presenta il dittongo -ie- eliminato nei dialetti pistoiesi più settentrionali

logo commodo > gabinetto (poco usato). Presenta, caso raro nel dialetto sammomeano, il raddoppio di m intervocalica. Come a Pistoia e nell'Alto Reno Pistoiese.

loto > cachi

lu(s)ce > luce

lu(s)certola > lucertola

maialini > vomito. Come a Pistoia

malva > mallo, gheriglio della noce. A Pavana viene indicato dalla parola "marla".

marescano > straccio

matricine > piante di alto fusto che non vengono abbattute perché destinate al rimboschimento.

metato > seccatoio per castagne. É formato da due piani divisi dal caniccio: in quello inferiore viene tenuto acceso un fuoco, in quello superiore sono stese le castagne. Nella zone ne sono ancora attivi due.

meo > era il bambino che andava a fare il carbone in Maremma. Come nell'Alto Reno emiliano e pistoiese. A Pistoia la parola meo indica, invece, il garzone e, più in generale, il ragazzo

miccio > montone. A Pistoia è sinonimo, al contrario, di asino.

miele > miele. Vedi lievito

mirtilli > mirtilli

mondolone > castagna sgusciata bollita.
nazzicare > raspare, lavorare intorno a qualcosa

neccio > dolce di farina di castagne. Presente anche nei dialetti emiliani dell'Alto Reno. Il neccio ciec(h)o è il neccio con con la salsiccia in Alto Reno è detto "neccio guercio"

nepote > nipote (poco usato).

nessuno > nessuno

nevic(h)a > nevica

nimo > nessuno

nini > persona bassa. A Pistoia è usato come appellativo scherzoso rivolo soprattutto ai bambini

nino > maiale. Come in pistoiese e in bolognese (ninén)

nipote > nipote

nòe > no. Con -e paragogica

occhi > occhi

ombrico > lombrico. Con discrezione dell'articolo (lombrico > l'ombrico)

ovo > uovo

pa(s)ce > pace

pane > pane

pattona > polenta di farina di castagne. A Pavana "patona" indica il neccio di spessore più grosso. Viene dal latino "pactus" col significato di "compatto"

pennato > utensile usato per tagliare rami, ripulire alberi...

paura > paura

pentolini > mirtilli. La voce è presente nei dialetti rustici pistoiesi e giunge in alcune località del vicino comune di Sambuca Pistoiese (la variante altorenana più diffusa è tuttavia il derivato "pignattini"). Nella montagna pistoiese sono in uso anche le forme baggioli, piuli, lampoline e dampoline (quest'ultima, con l > d cacuminale, nell'antico treppiese).

penzieri > pensieri

peo > fumata

piaggia > ripida discesa.

piazza > spiazzo dove preparare carbonare.

pilla > vasca di pietra. A Pavana è il recipiente di pietra scavata usata come abbeveratorio del pollame. Si noti che il latino ha "pila" col significato di colonna e che la "pila" è la vaschetta di pietra o marmo delle chiese in cui è contenuta l'acqua santa.

pirino > bischerino. Come a Pistoia, ma diversamente dai dialetti altorenani che usano pirino come sinonimo di pulcino (dall'onomatopeico piri piri) La forma Pirino per pulcino è attestata anche a Montale Pistoiese

poero > povero (in senso dispregiativo). Con dileguo di v intervocalico come nel pistoiese e nel montalese

pollone > ramo giovane.
pomo > cachi

popone > melone. Forma pantoscana, l'italiano melone è imprestito settentrionale (bolognese mlòn)

pruno > rovo

pu(s)cino > pulcino. La forma pucino è presente anche nel pistoiese e in alcuni dialetti altorenani (es: lagaccese pucine e frassignonese pucino)

ramallo > ramarro (poco usato). Forma panpistoiese, con lambdacizzazione della geminata -rr-, presente anche nei dialetti emiliani dell'Alto Reno. Lo studioso tedesco Gerhard Rohlfs riteneva la parola ramarro un relitto dell'antica lingua etrusca

ramarro > ramarro. La geminata "rr" viene fatta sentire con forza.

ramerino > rosmarino. La forma ramerino si riscontra in alcuni dialetti emiliani dell'Alta Val del Reno

rocciolo > grumo

rosa > prurito. Termine pantoscano presente anche nei dialetti emiliani d'Alto Reno

rubizzo > pianta dalla pelle dura, persona robusta

ruggiola > fiore selvatico simile alla ginestra

rumicciare > raspare, lavorare intorno a qualcosa

saltabecca, saltabecco > cavalletta. Vocabolo dei dialetti pistoiesi presente anche nei dialetti emiliani d'Alto Reno

sbroscia > neve sciolta pestata, o qualunque cosa a essa simile. A Pistoia indica una minestra insipida e sgradevole, come appunto può sembrare la neve sciolta

scazzabubbola > persona che vale poco

sciamannare > fare confusione

scimmia > in frasi tipo "prendere una scimmia" > "ubriacarsi"

sciocco > persona stupida, pietanza non salata

scoccolo > semplice, veloce da farsi, in frasi tipo "Che credi che sia tutto scoccolo?" > "Che credi di trovare tutto pronto, semplice". Probabilmente il termine "scoccolo" viene da scoccare (con suffisso "-olo" del tipo conigliolo)

scoiattolo > scoiattolo. A Rivoreta, Sambuca, Lagacci, Brandeglio, Pavana, Badi, Stagno, etc. lo scoiattolo è indicato con un antico relitto ligure: goge (per l'origine anaria di "goge" si rimanda a G. BERTONI, "Italia dialettale", Cisalpino Goliardica, Milano, 1986, p. 6).

scranna > sedia alta. Voce longobarda normalmente attribuita ai soli dialetti emiliani, ma presente in alcune aree rurali della Provincia di Pistoia come Montale Pistoiese

seggiola > sedia. E' forma pantoscana presente anche in aree marginali dell'Emilia

sinibbio > vento gelido, freddo intenso. In pistoiese vale anche per percossa

sito > puzzo

sole > sole, ma "il zole" > "il sole"

staccio > setaccio

stollo > palo nel mezzo al pagliaio. Voce longobarda

testi > pietre su cui vengono cotti i necci

togo > persona furba. Presente in molti dialetti italiani la parola togo viene dall'ebraico tov > buono

tra il lusco e il brusco > tra il giorno e la notte. Si tratta di una espressione dei dialetti pistoiesi presente anche in alcuni dialetti emiliani dell'Alta Valle del Reno

troppolo > pezzetto di legno

uggia > ombra

uvetta > uva sultanina

vassoia > largo piatto, usato per la "vassoiatura" delle castagne.A Pavana si dice "vasora", con esito settentrionale "aro" contrapposto al toscano "aio" e la degeminazione consonantica di "ss".
vassoiatura > fase di ripulitura e divisione delle castagne secche dalle bucce, avviene dopo la "bigonciatura"

vieto > che sta per andare a male, "questo prosciutto è vieto" > quando il grasso comincia a diventare un po' giallognolo

vino > vino. I paesi toscani delle vicine valli del Reno e delle Limentra presentano la caduta della -o finale (es: vin a Pavana) ovvero la sua sostituzione con -e (es: vine a Lagacci)

vizzato (vizzatolo) > vitalba. I germogli della vitalba vengono raccolti, bolliti e poi usati per le frittate. In altre zone del pistoiese, del pratese e del fiorentino si preferisce chiamarla "vizzadro".

vo via > vado via. A San Mommè si usa "io vo via", ma in alcune zone della provincia di Pistoia sopravvive l'antico "i' vo via"

vo(s)ce > voce

volpe > volpe. A Pistoia e nel pistoiese sono presenti le forme gorpe e golpe

zizzola > freddo. La voce è conosciuta anche nei dialetti emiliani dell'Alto Reno